Firdaus è un libro scritto da una donna egiziana, che se pur nata in un villaggio lungo le rive del Nilo, si è laureata in medicina e psichiatria negli anni cinquanta, spinta dal padre. E’ sposata con un uomo che la sostiene e la incoraggia nella sua attività di scrittrice, impegnata nel sociale e nella difesa dei diritti della donna.
L’Egitto è un paese dalle enormi contraddizioni, dove naturalmente diversa è la condizione della donna dei villaggi, rispetto a quella della grande metropoli ,il Cairo, come pure dell’alta borghesia rispetto ai ceti meno abbienti.
Lo sfruttamento della donna e la sopraffazione dell’uomo sulla donna è maggiore negli ambienti poveri e degradati, dove l’ignoranza e il fanatismo religioso, nel senso deteriore del termine, fanno da padroni.
Purtroppo è impressionante la miseria e il degrado di gran parte della popolazione che vive anche in grosse città , come Luxor, che nulla ha degli antichi fasti.
Non mi sarei mai aspettato di vedere animali attaccati alle carrozze dei turisti, denutriti e scheletrici, strade del centro non asfaltate, mercati dove si vende droga insieme ad altra mercanzia , nonostante le pene severe, poliziotti corrotti, case mal messe, fogne a cielo aperto.
Le leggi sulla carta esistono, ma restano lettera morta e così anche quelle sulla parità dei sessi, sancita nella costituzione egiziana ,ma non applicata nel diritto di famiglia, non è concesso alla moglie il divorzio, è ammessa la poligamia. Ma in Egitto esiste dal 1928 il diritto dell’ istruzione fino all’università anche per la donna, grazie ad un movimento femminista esistente già in quell’epoca e dal 1958 il diritto di voto, ma gran parte delle donne egiziane sono analfabete e buona parte non votano, non esiste tutela per le donne lavoratrici ed è ancora praticata l’infibulazione .La nostra scrittrice per aver parlato di tale pratica nel libro “La donna ed il sesso” è stata licenziata dal Ministero della Sanità.
L’autrice, per avere denunziato il reale stato della donna egiziana, è stata perseguitata dalle autorità, addirittura è finita in carcere e costretta un periodo all’esilio.
Le sue opere sono state censurate, ha rischiato di vedersi imposto il divorzio dal proprio marito.
Ma proprio quando era in carcere ha conosciuto Firdaus, prima dell’esecuzione capitale per aver levato il coltello al suo magnaccio, che la voleva uccidere, e ferito mortalmente, colpendolo sul collo ed in altre parti del corpo, quindi per legittima difesa, ma evidentemente la legge non è uguale per tutti.
Ella raccoglie la sua testimonianza sui soprusi subiti per mano degli uomini con cui ella è venuta in contatto: il padre riserva a lei, alla madre e ai suoi figli solo gli avanzi di cibo;
lo zio, approfitta sessualmente della nipote pur permettendole di studiare al Cairo e vorrebbe darla in sposa ad un vecchio in cambio di un lauto compenso;
un giovane cameriere diviene suo sposo, ma la maltratta e la rinchiude per evitare che ella possa andare a lavorare;
il giovane collega di cui si innamora l’inganna sposandosi con un’altra donna più ricca;
gli uomini, con cui si prostituisce non la considerano degna di rispetto perché prostituta e la considerano tanto più preziosa quanto più caro è il prezzo che devono pagare per averla fisicamente;
Ma Fridaus considera che è migliore la condizione di una prostituta di alto bordo, quale essa è stata che quelle di una donna sfruttata nella famiglia o di una donna lavoratrice sottopagata e perciò non considerata, ma tutto ciò fino a quando un protettore non prende tutti i suoi guadagni e non la schiavizza.
Ella ha ucciso per legittima difesa e perché preferisce essere giustiziata per affermare la sua dignità di donna che, come tale, non può e non deve accettare soprusi da parte degli altri uomini coalizzati fra di loro.
Ed è con estrema dignità che l’Associazione delle Madri Egiziane nel giugno del 2005 proclamano una giornata di lutto nazionale ed invitano le altre donne a vestirsi di nero per protestare e chiedere le dimissioni del Ministro dell’Interno per i maltrattamenti e gli abusi sessuali
Questo è il blog di Virginia Giuliano dove si pubblicheranno argomenti di pace, di viaggi, sociali,di cultura, di arte.
Sunday, May 13, 2007
Di Fatema Mernissi L’harem e l’occidente
L’autrice di questo libro è nata in Marocco, a Fez, nel 1940, docente di sociologia presso l’Università di Rabat., nipote di una donna, a suo dire, illetterata, ma intelligente ed autodeterminata, che viveva in un harem.
Con questo libro la scrittrice fa un’ analisi del modo di vedere l’harem da parte degli uomini occidentali e una descrizione di come esso effettivamente è.
Gli occidentali hanno un’idea del tutto erronea, lo immaginano diverso da come è: un luogo di piacere dove le donne sono dedite al sesso e a disposizione dell’uomo detentore.
L’harem è, in realtà,una tradizionale abitazione familiare dalle porte sbarrate,che le donne non sono autorizzate ad aprire.
Rappresenta un luogo di costrizione, abitato da donne intelligenti, apprezzate dall’uomo musulmano per le doti intellettuali, più che per quelle fisiche, determinate a far valere la propria personalità. Esse, talvolta, lottano fra di loro e talaltra si coalizzano, sono delle vere sovversive, che talora non esitano ad uccidere il proprio uomo, quando perdono il potere (molti sultani sono morti per mano di una donna).
Sono curiose, colte e raffinate, attente, desiderano focalizzarsi sugli stranieri che incontrano per comprenderli ,poiché la loro comprensione accresce quella di sè stesse e la loro forza.
L’opportunità di viaggiare, dice Jasmina, la nonna dell’autrice, è un sacro privilegio: la maggiore occasione per lasciarsi dietro la propria debolezza.
La scrittrice ha avuto l’opportunità di farlo.
E’ normale ,dice la nonna, provare panico al momento di attraversare oceani e fiumi.
Quando una donna si decide ad usare le ali, si assume grandi rischi, ella dovrebbe vivere come una nomade, sempre all’erta e pronta a migrare quando è amata, perché l’amore può fagocitarla e divenire la sua prigione.
Le donne dell’harem amano il loro uomo ,ma nutrono rancore verso di lui, perché li rinchiude.
Il tradimento è visto come un atto di sfida e come un superamento del limite della prigione.
La donna è un universo disconosciuto da parte dell’uomo nella sua profondità ed essa ne è fiera e consapevole,a volte è la padrone del gioco, confonde califfi ed imperatori
L’uomo, nel momento stesso che la rinchiude, ne riconosce il suo valore, ha paura di perdere la sua supremazia.
Gli harem sono luoghi densamente popolati ,dove non esiste privacy e tutti controllano tutti, per le donne non vi è gratificazione sessuale, neanche per le sposate, costrette a dividere l’uomo con le altre
Per gli uomini occidentali, Kant, dice l’autrice, il cervello di una donna normale è programmato per un sentire delicato, non deve, perciò, speculare. Il femminile è il bello, il maschile è il sublime, inteso come capacità di elevarsi sopra gli animali.
Diversa è la concezione degli uomini arabi che amano nell’intimità instaurare un dialogo,confrontarsi con le loro donne.
Nell’epoca moderna le donne musulmane hanno guadagnato l’accesso al mare,hanno polverizzato le frontiere dell’harem e hanno ottenuto il diritto allo spazio pubblico.
Velate o no, dice Fatema, siamo per le strade a milioni.
Con l’istruzione pubblica le musulmane hanno riacquistato le ali, gli uomini hanno perso la loro battaglia e gli estremi casi di violenza nelle strade algerine o afgane, contro le donne non velate sono il segno della fine del dispotismo maschile.
Sono una forza imponente civile che lotta per la democrazia e per la parità.
Fatema riscatta la donna musulmana, ma a scapito di quella occidentale che considera, ancora schiava dell’uomo, dimenticando le mille battaglie e le mille conquiste ottenute anche nell’ambito del diritto di famiglia, ancora , per la verità, poco paritario nel mondo musulmano.
Certo le donne sia occidentali, che orientali devono conquistarsi ancora molti spazi soprattutto nella politica, ma è con l’unione, con la cooperazione, con la saggezza e con l’amore che si devono vincere le battaglie per il bene comune dell’umanità tutta.
La donna occidentale , a differenza di quella musulmana, conclude Fatema Mernissi, è schiava dei canoni di bellezza stabiliti dagli uomini, dalla industria della moda,che è in mano maschile, e, se esce fuori da tali canoni,diventa invisibile. Una donna matura e brutta non conta nella società,deve essere bella e giovane, anche se senza cervello non importa.
L’arma dell’uomo contro le donne è il tempo, l’uomo occidentale vela le donne mature,avvolgendole nel chador della bruttezza.
La scrittrice conclude ringraziando Allah per averle risparmiato la tirannia dell’harem dell’attuale taglia 42.
Con questo libro la scrittrice fa un’ analisi del modo di vedere l’harem da parte degli uomini occidentali e una descrizione di come esso effettivamente è.
Gli occidentali hanno un’idea del tutto erronea, lo immaginano diverso da come è: un luogo di piacere dove le donne sono dedite al sesso e a disposizione dell’uomo detentore.
L’harem è, in realtà,una tradizionale abitazione familiare dalle porte sbarrate,che le donne non sono autorizzate ad aprire.
Rappresenta un luogo di costrizione, abitato da donne intelligenti, apprezzate dall’uomo musulmano per le doti intellettuali, più che per quelle fisiche, determinate a far valere la propria personalità. Esse, talvolta, lottano fra di loro e talaltra si coalizzano, sono delle vere sovversive, che talora non esitano ad uccidere il proprio uomo, quando perdono il potere (molti sultani sono morti per mano di una donna).
Sono curiose, colte e raffinate, attente, desiderano focalizzarsi sugli stranieri che incontrano per comprenderli ,poiché la loro comprensione accresce quella di sè stesse e la loro forza.
L’opportunità di viaggiare, dice Jasmina, la nonna dell’autrice, è un sacro privilegio: la maggiore occasione per lasciarsi dietro la propria debolezza.
La scrittrice ha avuto l’opportunità di farlo.
E’ normale ,dice la nonna, provare panico al momento di attraversare oceani e fiumi.
Quando una donna si decide ad usare le ali, si assume grandi rischi, ella dovrebbe vivere come una nomade, sempre all’erta e pronta a migrare quando è amata, perché l’amore può fagocitarla e divenire la sua prigione.
Le donne dell’harem amano il loro uomo ,ma nutrono rancore verso di lui, perché li rinchiude.
Il tradimento è visto come un atto di sfida e come un superamento del limite della prigione.
La donna è un universo disconosciuto da parte dell’uomo nella sua profondità ed essa ne è fiera e consapevole,a volte è la padrone del gioco, confonde califfi ed imperatori
L’uomo, nel momento stesso che la rinchiude, ne riconosce il suo valore, ha paura di perdere la sua supremazia.
Gli harem sono luoghi densamente popolati ,dove non esiste privacy e tutti controllano tutti, per le donne non vi è gratificazione sessuale, neanche per le sposate, costrette a dividere l’uomo con le altre
Per gli uomini occidentali, Kant, dice l’autrice, il cervello di una donna normale è programmato per un sentire delicato, non deve, perciò, speculare. Il femminile è il bello, il maschile è il sublime, inteso come capacità di elevarsi sopra gli animali.
Diversa è la concezione degli uomini arabi che amano nell’intimità instaurare un dialogo,confrontarsi con le loro donne.
Nell’epoca moderna le donne musulmane hanno guadagnato l’accesso al mare,hanno polverizzato le frontiere dell’harem e hanno ottenuto il diritto allo spazio pubblico.
Velate o no, dice Fatema, siamo per le strade a milioni.
Con l’istruzione pubblica le musulmane hanno riacquistato le ali, gli uomini hanno perso la loro battaglia e gli estremi casi di violenza nelle strade algerine o afgane, contro le donne non velate sono il segno della fine del dispotismo maschile.
Sono una forza imponente civile che lotta per la democrazia e per la parità.
Fatema riscatta la donna musulmana, ma a scapito di quella occidentale che considera, ancora schiava dell’uomo, dimenticando le mille battaglie e le mille conquiste ottenute anche nell’ambito del diritto di famiglia, ancora , per la verità, poco paritario nel mondo musulmano.
Certo le donne sia occidentali, che orientali devono conquistarsi ancora molti spazi soprattutto nella politica, ma è con l’unione, con la cooperazione, con la saggezza e con l’amore che si devono vincere le battaglie per il bene comune dell’umanità tutta.
La donna occidentale , a differenza di quella musulmana, conclude Fatema Mernissi, è schiava dei canoni di bellezza stabiliti dagli uomini, dalla industria della moda,che è in mano maschile, e, se esce fuori da tali canoni,diventa invisibile. Una donna matura e brutta non conta nella società,deve essere bella e giovane, anche se senza cervello non importa.
L’arma dell’uomo contro le donne è il tempo, l’uomo occidentale vela le donne mature,avvolgendole nel chador della bruttezza.
La scrittrice conclude ringraziando Allah per averle risparmiato la tirannia dell’harem dell’attuale taglia 42.
Sunday, May 06, 2007
All’On. Sindaco di Catania Prof.re Umberto Scapagnini Proposta di gemellaggio Catania Lisbona.
Onorevole Sindaco
sono una catanese.
Le scrivo per proporle un gemellaggio fra queste due città d’Europa, Catania e Lisbona, al fine di favorire gli scambi culturali fra di loro.
L’idea mi è sorta dopo che ho effettuato una breve visita a Lisbona nel mese di marzo.
Vi ho trovato un caldo estivo ed il sole quasi abbagliante, proprio come a Catania.
Strade larghe, alberate, a diverse corsie mi portano dall’aeroporto al mio hotel nella parte moderna della città, zona Pombal, piena di negozi, alberghi e parchi.
Il tempo di una rinfrescatina e via a piedi verso il centro storico.
Pensavo di avere qualche difficoltà con la lingua portoghese ed invece le insegne dei negozi , le scritte dei cartelloni e persino i giornali sono per me comprensibilissimi: mi aiuta il mio dialetto, il siciliano.
Lisbona non è una città antica , pochi sono i resti medievali, un grande terremoto l’ ha distrutto nel 1755 ed è stata ricostruita da un marchese illuminato Pombal.
Egli ha curato il piano regolatore con grandi strade parallele fra di loro, quelle laterali dell’oro, dell’argento e dei tessuti, e una centrale che porta alla Piazza del Commercio, dove un tempo sorgeva il Palazzo Reale, che si affacciava lungo la foce del fiume Tago, tanto larga da sembrare mare.
Ha quindi delle analogie con Catania che è stata distrutta da un grande terremoto e dalla lava nel 1693 e ricostruita da un duca illuminato, il Duca di Camastra, che ha ridisegnato la città .
Anche in essa una grande via centrale, via Etnea, che dalla montagna per eccellenza, l’Etna, porta al cuore della città, piazza Duomo, che è anche piazza del Municipio.
I due edifici si affacciavano un tempo sul mare, ma ora ne sono separati mediante i cosiddetti Archi della Marina.
A Lisbona l’antico Duomo si trova nei pressi della Piazza del Commercio, ove era posto un tempo il Palazzo Reale, nella Baixia.
Esse sono due città forti, che, distrutte dalle forze prorompenti della natura, hanno avuto la forza di rinascere, pur essendovi sempre il pericolo imminente di una loro distruzione.
In ambedue la Chiesa cattolica con l’imponenza delle sue costruzioni mostra il suo potere, monasteri e chiese fortificate, che hanno del sacro e del profano.
A Lisbona :
da un lato vi è misticità e pace nei chiostri e nelle belle chiese gotiche, con le loro volte che si slanciano verso il cielo e illuminate dai raggi di sole, filtranti dall’alto;
l’eleganza, la leggerezza e la raffinatezza delle colonne merlettate “stile manuelito” sono testimoni di bellezza e armonia;
dall’altro i racconti della fastosa vita delle colonie, narrati nelle ceramiche ,”azuleios” ,che ornano i muri degli scaloni o dei cortili, testimoniano il lusso, le ricchezze e l’attaccamento alle cose terrene dei membri della chiesa cattolica, pronti a difendere il loro stato con le armi.
Pure a Catania il Duomo è fortificato, come anchel’antico Monastero dei Benedettini, ora sede dell’Università e della Biblioteca Ursino Recupero, dove si conservano preziosi manoscritti.
Quest’è uno dei più grandi di Europa con la sua enorme chiesa, dove l’immenso organo,da poco restaurato ,opera di Del Piano, riempiva di note divine il suo interno.
I colti ed eleganti monaci si portavano dalle loro residenze i cuochi e la loro cucina era ricca, raffinata ed elaborata, essi, poveretti, morivano di gotta per l’eccessivo consumo di carne; le clarisse nelle loro splendide dorate chiese barocche, dietro le grate,intonavano e intonano, ancora oggi canti celestiali.
Infine ambedue le città risentono della cultura araba poiché entrambe sono state anche sotto il dominio arabo, di cui in Lisbona vi è traccia nello stile architettonico portoghese ,“il manuelito”
( che fonde elementi gotici, barocchi ed arabi).
Catania ,all’epoca degli arabi “Qataniah”, anche chiamata “Balad al fil”, cioè città dell’elefante, purtroppo conserva poco dello stile architettonico arabo; un tempo, inoltre, era piena di mulini ad acqua , cosiddette norie, come Lisbona, essendo ambedue ricche di corsi d’acqua, da noi divenuti sotterranei essendo stati sepolti dalla lava.
Il termine noria deriva dall’arabo na-ara.
Tanti altri potrebbero essere i motivi di un gemellaggio culturale ,ma non voglio dilungarmi e vi ringrazio fin d’ora , poiché sono sicura che accoglierete questa mia richiesta che sicuramente sarà condivisa da molti cittadini di entrambe le città
sono una catanese.
Le scrivo per proporle un gemellaggio fra queste due città d’Europa, Catania e Lisbona, al fine di favorire gli scambi culturali fra di loro.
L’idea mi è sorta dopo che ho effettuato una breve visita a Lisbona nel mese di marzo.
Vi ho trovato un caldo estivo ed il sole quasi abbagliante, proprio come a Catania.
Strade larghe, alberate, a diverse corsie mi portano dall’aeroporto al mio hotel nella parte moderna della città, zona Pombal, piena di negozi, alberghi e parchi.
Il tempo di una rinfrescatina e via a piedi verso il centro storico.
Pensavo di avere qualche difficoltà con la lingua portoghese ed invece le insegne dei negozi , le scritte dei cartelloni e persino i giornali sono per me comprensibilissimi: mi aiuta il mio dialetto, il siciliano.
Lisbona non è una città antica , pochi sono i resti medievali, un grande terremoto l’ ha distrutto nel 1755 ed è stata ricostruita da un marchese illuminato Pombal.
Egli ha curato il piano regolatore con grandi strade parallele fra di loro, quelle laterali dell’oro, dell’argento e dei tessuti, e una centrale che porta alla Piazza del Commercio, dove un tempo sorgeva il Palazzo Reale, che si affacciava lungo la foce del fiume Tago, tanto larga da sembrare mare.
Ha quindi delle analogie con Catania che è stata distrutta da un grande terremoto e dalla lava nel 1693 e ricostruita da un duca illuminato, il Duca di Camastra, che ha ridisegnato la città .
Anche in essa una grande via centrale, via Etnea, che dalla montagna per eccellenza, l’Etna, porta al cuore della città, piazza Duomo, che è anche piazza del Municipio.
I due edifici si affacciavano un tempo sul mare, ma ora ne sono separati mediante i cosiddetti Archi della Marina.
A Lisbona l’antico Duomo si trova nei pressi della Piazza del Commercio, ove era posto un tempo il Palazzo Reale, nella Baixia.
Esse sono due città forti, che, distrutte dalle forze prorompenti della natura, hanno avuto la forza di rinascere, pur essendovi sempre il pericolo imminente di una loro distruzione.
In ambedue la Chiesa cattolica con l’imponenza delle sue costruzioni mostra il suo potere, monasteri e chiese fortificate, che hanno del sacro e del profano.
A Lisbona :
da un lato vi è misticità e pace nei chiostri e nelle belle chiese gotiche, con le loro volte che si slanciano verso il cielo e illuminate dai raggi di sole, filtranti dall’alto;
l’eleganza, la leggerezza e la raffinatezza delle colonne merlettate “stile manuelito” sono testimoni di bellezza e armonia;
dall’altro i racconti della fastosa vita delle colonie, narrati nelle ceramiche ,”azuleios” ,che ornano i muri degli scaloni o dei cortili, testimoniano il lusso, le ricchezze e l’attaccamento alle cose terrene dei membri della chiesa cattolica, pronti a difendere il loro stato con le armi.
Pure a Catania il Duomo è fortificato, come anchel’antico Monastero dei Benedettini, ora sede dell’Università e della Biblioteca Ursino Recupero, dove si conservano preziosi manoscritti.
Quest’è uno dei più grandi di Europa con la sua enorme chiesa, dove l’immenso organo,da poco restaurato ,opera di Del Piano, riempiva di note divine il suo interno.
I colti ed eleganti monaci si portavano dalle loro residenze i cuochi e la loro cucina era ricca, raffinata ed elaborata, essi, poveretti, morivano di gotta per l’eccessivo consumo di carne; le clarisse nelle loro splendide dorate chiese barocche, dietro le grate,intonavano e intonano, ancora oggi canti celestiali.
Infine ambedue le città risentono della cultura araba poiché entrambe sono state anche sotto il dominio arabo, di cui in Lisbona vi è traccia nello stile architettonico portoghese ,“il manuelito”
( che fonde elementi gotici, barocchi ed arabi).
Catania ,all’epoca degli arabi “Qataniah”, anche chiamata “Balad al fil”, cioè città dell’elefante, purtroppo conserva poco dello stile architettonico arabo; un tempo, inoltre, era piena di mulini ad acqua , cosiddette norie, come Lisbona, essendo ambedue ricche di corsi d’acqua, da noi divenuti sotterranei essendo stati sepolti dalla lava.
Il termine noria deriva dall’arabo na-ara.
Tanti altri potrebbero essere i motivi di un gemellaggio culturale ,ma non voglio dilungarmi e vi ringrazio fin d’ora , poiché sono sicura che accoglierete questa mia richiesta che sicuramente sarà condivisa da molti cittadini di entrambe le città
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