Monday, November 20, 2006

Friday, November 17, 2006

A proposito di Comunità di Zingari

Ogni mattina verso le 8.00 un gruppo di Zingari formato da donne , pochi uomini in verità , e bambine attraversano di tutta fretta piazza Università per recarsi alle loro postazioni di lavoro lungo le strade o davanti i supermercati o le chiese.Si, per queste comunità chiedere l’elemosina è un lavoro che svolgono con puntualità, con orari ben precisi e qualunque siano le condizioni atmosferiche. Le donne, alcune sono ben paffute e con denti d’oro, altre, invece mingherline e con segni di bruciature o di altre cicatrici sulle braccia,alcune sembrano incinte, altre recano dei bambini piccoli, tutti rossi e ben paffuti.Ai semafori delle vie di maggior traffico intere famiglie, uomini, donne, bambini chiedono l’elemosina o lavano i vetri. Si sono spartiti il territorio con gli altri immigrati. Ogni tanto si incontrano degli uomini o dei ragazzi che suonano la fisarmonica.A volte, invece dei bambini soli, che sembrano senza famiglie, stanno ai semafori o per le strade, ma da lontano una persona adulta li sorveglia.Questo è il loro modo di vivere, sono analfabeti, i bambini non vanno a scuola. Vivono in condizioni precarie nelle periferie della città o de paesi limitrofi. Ho incontrato un solo ragazzo che tutto orgoglioso mi ha riferito di studiare, è un ragazzino particolarmente sveglio.Un ragazza, con la sorella più grande, ormai da anni, chiede qualche soldo o che le venga comprata la spesa per sé e per i suoi familiari davanti un supermercato del centro. Il quartiere le ha adottate, da quando un giorno, senza neanche un cappotto, con vestiti estivi, tutte intirizzite per il gran freddo, abbracciate per riscaldarsi, chiedevano l’elemosina.La ragazza era, allora, una bambina, non ha studiato, come dice vergognandosi, ed ora che è cresciuta, vedo, qualche volta, che la avvicinano uomini avanzati nell’età.Anni fa mi è capitato una cosa incresciosa. Una zingara, ogni mattina chiedeva l’elemosina assieme ad un bambino, di quattro anni circa, seduta davanti un palazzo del centro ed io avevo preso l’abitudine di comprare un dolcetto o un arancino al bambino, un giorno, però, la donna è venuta da sola e da allora il bambino non si è più visto.Ho chiesto notizie alla donna , ma ella dapprima mi ha detto di non comprendere l’italiano e poi che il bambino stava male, molto male.Tempo dopo ho parlato con un mio amico dirigente la sezione immigrati, il quale mi ha consigliato di non fare l’elemosina ai bambini per non contribuire ad incrementarne lo sfruttamento, se non addirittura, in alcuni casi, il traffico.In questi giorni si discute del provvedimento della questura di Cosenza che ha sottratto alle famiglie Rom i bambini per affidarli alle case famiglie ed ha arrestato i genitori per sfruttamento. Non penso che provvedimenti di questa portata possano essere presi a cuor leggero, si parla di separazione di bambini dai loro legittimi genitori e di sfruttamento di minori.E’ chiaro che tra la popolazione di zingari esistono delle buone famiglie e che non si può parlare sempre di sfruttamento, ma se le abitudini di vita della comunità restano queste, quale futuro hanno i giovani di queste comunità in questa società dove devono vivere?Se lo Stato non interviene saranno sempre degli emarginati o degli schiavi o ancora divenuti adulti schiavizzeranno a loro volta. L’intervento dello Stato naturalmente può essere diverso a secondo dei casi, ma è necessario al fine di creare le condizioni migliori per un inserimento nella società , pur rispettando, ove possibile,le loro tradizioni.
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Monday, November 13, 2006

Un film denuncia: La sconosciuta

La sconosciuta

Narra la vicenda di una giovane ucraina immigrata in Italia che diviene vittima del racket della prostituzione e del traffico dei bambini appena nati, subendo incredibili violenze che la segnano per tutta la vita e che le si presentano continuamente davanti agli occhi con dei flashback terribili da rivivere.La donna, fra l’altro, è costretta ad accoppiarsi con degli sconosciuti e a partorire ben dodici figli che le verranno sottratti appena nati, per essere venduti dal racket al padre del bambino.Ella non è presa in considerazione come persona, ma solo come oggetto capace di soddisfare l’avidità di guadagno dell’ animalesco sfruttatore e i desideri più svariati sessuali dello stesso leonino e dei clienti. Solo un giovane si accorge di lei come persona ed i due si innamorano, ma viene ucciso e fatto scomparire. Ella riesce a fuggire e va a lavorare al nord con un fine ben preciso, non rivelato se non quasi alla fine del film, cercare la sua ultima figlia di cui credeva di aver saputo il cognome. Ma il racket non perdona , lo sfruttatore la trova, la massacra e si vendica facendola finire in galera accusata della morte della madre adottiva della bambina, uccisa dallo sfruttatore che ne aveva manomesso l’auto. La donna riesce a dimostrare la sua innocenza, raccontando le sue vicende alla polizia,ma rimane in galera per avere ucciso la tata della bambina per prendere il suo posto e stare accanto alla sua presunta figlia. Dopo molti anni ,uscita dal carcere si siede scoraggiata, ma ecco presentarsi la presunta figlia ormai divenuta grande.
Il film, per rendere la cruda realtà, ha dei flashbacks di una violenza inaudita che turbano lo spettatore, ma la figura femminile e materna di lei è di una grande umanità .
E’ un coraggioso film denuncia di un fenomeno ricorrente lo sfruttamento delle giovani immigrate, sole, smarrite e bisognose di tutto da parte dei furbi e dei delinquenti organizzati in veri propri racket. Purtroppo le città ne sono piene ed anche le strade di campagne, ne sono vittime ragazze provenienti, dall’est europeo, dall’africa, dall’america del sud. Fatte venire in Italia al fine di trovare lavoro si trovano,invece, con il viaggio da pagare, un affitto ed interessi esosi e l’unico lavoro che si propone è la prostituzione. Ed il debito non finisce mai . Nei confronti delle africane e delle brasiliane vi sono anche le minacce di riti voodoo che portano alla morte o delle stesse o dei loro familiari. Le poverette rimangono terrorizzate. Delle organizzazioni riescono a salvare soltanto alcune di loro, facendole scomparire e trovandole un lavoro. Sì perché il problema è anche quello di inserirle nel mondo del lavoro con il loro passato. I membri di queste organizzazioni rischiano la vita. Il problema è risolvibile solo con provvedimenti statali, e non con l’indifferenza.

Wednesday, November 08, 2006

Viaggio in Sardegna- II Parte

Visita di Barumini e dintorni

Il nostro viaggio continua, andiamo nell’interno a Barumini, dove si trova il più importante sito nuragico della Sardegna.
Esso è costituito:
· da un grosso nuraghe con cinque torri a diversi piani, di cui una centrale e quattro esterne unite da mura a secco, costruite con pietre portate della giara di Gesturi;
· vicino ad esso i resti del villaggio più recente costruito utilizzando le pietre di quello più antico e di cui rimane ben poco.
Ci spostiamo alla giara dei Gesturi, altopiano basaltico di origine vulcanico, ricoperto da un basso bosco di querce da sughero, abitato da cavalli di piccola taglia, tipici di questa zona, e da pecore.
Camminando arriviamo in una vasta depressione che le piogge riempiono di acqua, formando un laghetto. Nelle pendici della giara si trovano le domus de Jana.
Ritornando a Barumini visitiamo:
· il palazzo Zappatas , al cui interno si trovano i resti di un piccolo nuraghe ed un museo dei cimeli e dei documenti della nobile famiglia di origine spagnola, non molto amata dagli abitanti;
· il convento dei cappuccini, che ospita un museo di strumenti musicali tipici sardi, tamburi con pelle di capra, strumenti fatti con vesciche gonfiate (di maiali o di pecore) e di corde,flauti di canne a diverse note, che suonano mediante una difficilissima tecnica respiratoria, campanacci dei mammuttones, fisarmoniche ed organi a mantice.
Lasciamo Barumini e ci dirigiamo verso Oristano, passando per paesi interni,in diversi di essi le facciate delle case sono affrescate con murales raffiguranti scene di vita di pastori o di contadini o processioni religiose.
In questi luoghi si percepisce la fierezza dell’antico popolo, che non vuole rinunciare alla propria identità.
La Sardegna , a differenza della Sicilia ,è poco popolosa, si cammina in questa parte dell’isola per le strade senza incontrare anima viva, nonostante l’afflusso turistico, molte spiagge come pure lunghi tratti di costa sono spopolati.

Alghero

Passando per Oristano ci dirigiamo verso la bella Alghero, ridente cittadina sul mare , i cui abitanti parlano un catalano arcaico.
Le strade del centro storico hanno ancora toponomi nell'antica lingua.
Decidiamo di recarci per mare alla grotta carsica di Nettuno, le cui concrezioni sono simili a quelle viste in precedenza nella Is Zuddas.
Ad essa si può accedere anche per via terra scendendo per una scala di 700 gradini, intagliata su un costone roccioso a picco sul mare da poveri carcerati sicuramente col sacrificio di molte vite.
Il centro storico di Alghero, con le chiese, coacervo di stili diversi,i negozi ed i locali caratteristici, e la passeggiata lungo la fortezza a mare, piena di bar e ristoranti, pullulano di vita.
Il tramonto ha colori indimenticabili.
La sera si va a cenare in un elegante e raffinato locale gestito da un giovane e da suoi amici.
Vengono proposti piatti tipici sardi, tra i quali il porchetto
Esso è un maialetto di circa 10 Kg cucinato intero al forno a 300 gradi e servito con verdure e patate arrosto.
Ma anche in Sicilia, nei boschi dei Nebrodi, nelle trattorie all’aperto, è possibile gustare il maialetto, ma cucinato alla griglia sulla brace. .
L’indomani, dopo un tuffo in una tranquilla baia, partiamo per il nord costeggiando il mare.


Stintino e dintorni

Arriviamo così a Stintino.
Il paesaggio è mozzafiato, dall’alto possiamo ammirare un mare cristallino dai colori cangianti, blu, azzurro, verde, rosa ed una spiaggia bianca, di fronte l’Asinara, chiamata così per i suoi asini albini, l’isola Piana ed in fondo si intravede la Corsica.
A Stintino vi è il museo della tonnara, ma non possiamo visitarlo .
Proseguiamo per Castel Sardo, un paese arroccato su un promontorio. All’interno del castello si trova il museo etnografico,con arnesi di vita quotidiana dei contadini e dei pescatori.
Vi sono ceste di vaie forme, misure e materiali (giunco, finocchietto, foglie di palma nana, canne) dai disegni colorati geometrici o raffiguranti animali.
Esse venivano usate per la biancheria, per la ricotta, per la frutta e così via. Le nasse esposte sono diverse per grandezza, per resistenza dei materiali, molto robuste quelle per la pesca delle aragoste.
E’ esposta una imbarcazione di canne intrecciate ricurva solo da un lato, usata in provincia di Oristano.
Usciti dal castello giriamo per le viuzze strette, incontriamo una vecchietta che, seduta davanti la porta di casa, lavora ad un cestino e ci dice che la vita è dura, che con la sua arte si guadagna poco ed i giovani fuggono in cerca di altro lavoro.
In una piazzetta, con una bellissima veduta sul mare, vi è una chiesa di impianto trecentesco, con elementi gotici e barocchi.
Dopo, entrati in un bazar, compriamo il mirtillo, il vino del luogo e delle bamboline di porcellana con costumi sardi.
Proseguiamo per Santa Teresa di Gallura, vi è un forte vento , facciamo uno spuntino veloce in un locale.

Palau e l’Arcipelago della Maddalena

Ci dirigiamo a Palau, dove ci fermiamo in un campeggio in una pineta in riva al mare, accanto al faro.
Vi sono delle bellissime rocce granitiche.
La sera ceniamo al ristorante del campeggio, gestito da un cultore della cucina sarda, che ha curato la fotografia dei piatti tipici per una pubblicazione del corriere della sera.
Ci fa gustare:
· il polipo cucinato alla vecchia maniera dalle mogli per i marinai che si assentavano per parecchi giorni,in modo da potersi conservare, e cioè sbollentato e saltato in padella con una salsa di olio, aglio,peperoncino,prezzemolo, pomodori secchi, salati e lavati, ed aceto;
· la pasta con salsa piccante, finocchietto selvatico, mandorle e frutti di mare; una grigliata di pesce appena pescato;
· dolci tipici con noci, pistacchi e mandorle e vino cotto.
In Sardegna vi sono agrumeti,solo nel sud-est dell’isola,oliveti,mandorleti, castagneti,vigneti
L’indomani, alzati di buon mattino, ci imbarchiamo per effettuare un giro per le isole dell’Arcipelago della Maddalena.
Esse sono disabitate, tranne la Maddalena ed una in cui vi è una base Nato.
La Maddalena, unita a Caprera da un ponte, è la più grande, è dotata di porto ed ha una bella passeggiata a mare.
L’isola con la base Nato ,dicono, è tutta scavata al suo interno, ma da qui a poco la base sarà smantellata.
Andiamo nelle isole di Spargi e di Budelli,dove le acque di alcune baie, per i particolari fondali e a secondo dell’inclinazione dei raggi solari, assumono colorazioni che vanno dal rosa al verde smeraldo, all’ azzurro.
Ritornati a riva partiamo per la Costa Smeralda, ma intanto il tempo è diventato nuvoloso e decidiamo di proseguire fino a Porto Corallo dove pernottiamo.
Viste le cattive condizioni metereologiche, che non permettono di apprezzare le bellezze della costa, imbocchiamo la strada di montagna che va verso Cagliari.
Le rocce si stagliano taglienti.
Si gode un paesaggio vario e selvaggio: gole, torrenti, alberi di corbezzoli di colore rosso (chiamati in siciliano imbriacule in quanto ingerite in grande quantità fanno ubriacare),querce da sughero.
Siamo in Barbagia, attraversiamo Utsei con i suoi murales in bianco e nero, ci rechiamo ai Monti Sette fratelli, chiamati così per il numero delle punte, quindi, andiamo a Cagliari ,dove verso sera ci imbarchiamo per Palermo. Il nostro giro è finito.