Thursday, October 22, 2009

Il suono di mille silenzi di Emma La Spina Edizioni Piemme

I
E’ un libro autobiografico scritto col cuore da una donna che nella sua infanzia non ha avuto amore, pur sempre cercandolo e desiderandolo. Emma l’ha scritto perché vuol che il mondo , la società che vive indifferente, si fermi a d ascoltare, a riflettere e nella speranza che qualcosa domani possa cambiare. Ella è ormai quarantenne e finalmente trova il coraggio di raccontare la sua storia , che è stata comune a tante bimbe abbandonate in Istituto dalle madri o orfane (circa mille nel solo suo istituto).
Racconta della fame, della sete, del freddo, dei maltrattamenti subiti, delle punizioni corporali e psichiche, della costrizione al silenzio, ma soprattutto della sofferenza causata dal mondo circostante con la sua completa indifferenza, con la sua crudeltà; tutti tendono ad approfittare da questa situazione.
Non è un’orfanella, ma figlia di una signora benestante che , non si sa per quale ragione, ha messo al mondo diversi figli ed abbandonati in Istituti. Verrà a trovarla , ma non per darle amore, Emma la chiamerà la signora. Ella scopre di avere una sorella che vive nello stesso collegio, ed, invano, da lei chiederà amore, la sorella, chiamata nel libro Clotilde, la rifiuta, perché somiglia alla madre e, soprattutto, perchè è difficile per una bimba che non ha ricevuto amore, dare amore. Emma si strugge ed un giorno, per protesta, decide di non parlare, col risultato di essere sottoposta a tre sedute di elettrochoc; è spaventata , non sa se preferire la cosiddetta cura per la finta malattia o la punizione delle suore, alla fine farà finta di guarire. E’ una bimba che fino a grandicella,nei momenti di paura o di difficoltà,si fa la pipì addosso e che per questo verrà punita ed umiliata, nessuno si domanda perché e si preoccupa di lei, mai una carezza, una parola di conforto.
E’ un libro interessante, narrato con dovizie di particolari, e,sopratutto, è una testimonianza scritta di ciò che succedeva in parecchi collegi per ragazze abbandonate, e pare che, purtroppo, nelle comunità la situazione non sia cambiata, nella completa indifferenza della istituzioni religiose e statali.
Le bambine sono un peso, ma da cui si può trarre lucro.
Alla fine a diciotto anni vengono buttate fuori senza preavviso, dopo averle fatte vivere pressocchè isolate.
Prima di allora sono uscite solo poche volte: per andare a scuola, ma senza libri, carte e penne,o quando la madre o altro parente, le ha portate fuori (nel caso di Emma poche volte in tutto e mai l’uscita è stata piacevole, ma solo fonte di ulteriore dispiacere) e verso i quattordici anni ,nei mesi estivi per prestare servizio come domestiche 24 ore su 24 presso famiglie benestanti con paga misera, invisibili per tutti, tranne per i mariti o figli famelici, che, appena possono,non visti, cercano di possederle. A diciotto anni, dicevamo, vengono buttate fuori senza preavviso, senza neanche poter salutare le compagne, che non devono sapere, la retta è finita per le suore o oggi per la comunità. E’ un dramma, non sanno come affrontare il mondo. E’ un dramma che si consuma in silenzio , nessuno ne parla, la società tutta, le istituzioni sanno e tacciono, impossibile non sapere,ma a nessuno importa ed invece devono interessarsi, fanno parte della società.In verità qualcosa si è fatto, hanno chiuso gli orfanotrofi, non ne esistono più le ruote, dove i bimbi grandicelli subivano dei danni permanenti, perché troppo strette. Ma dicono che, chiusi gli orfanotrofi , la situazione è poco cambiata, non fosse solo perché non vi è alcuna aiuto raggiunta la maggiore età, ed in molte comunità i ragazzi non sempre sono trattati come dovrebbero, visto che lo stato per ogni ragazzo paga la retta mensile. Amici politici di qualsiasi partito voi siate, interessatevi del problema .Questo libro l’ho letto con molta attenzione, perchè mi è rimasta sempre in mente in maniera indelebile quanto ho visto in un collegio di Troina ,dove io andavo da piccolina a studiare il piano. Vi erano le orfanelle, solo una riceveva affetto ed era in disparte rispetto alle altre, la madre a cui era stata affidata la teneva sempre vicina, le altre dovevano scopare e lavare le enormi scale e i corridoi , con dei secchi pesanti più grandi di loro, erano trattate come serve, il pomeriggio ricamavano e cucivano, non giocavano mai, uscivano solo per andare ai funerali,poichè le suore erano pagate, e per qualche processione santa. Un giorno ho assistito ad una scena di sgomento da parte di alcune che , divenute diciottenni, dovevano lasciare l’istituto senza sapere dove andare. Brava Emma forse qualcosa si smuoverà, c’è l’hai fatta , hai avuto tanta forza e coraggio.

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