Sunday, May 13, 2007

Firdaus storia di una donna egiziana di Nawal al Sa’dawi

Firdaus è un libro scritto da una donna egiziana, che se pur nata in un villaggio lungo le rive del Nilo, si è laureata in medicina e psichiatria negli anni cinquanta, spinta dal padre. E’ sposata con un uomo che la sostiene e la incoraggia nella sua attività di scrittrice, impegnata nel sociale e nella difesa dei diritti della donna.
L’Egitto è un paese dalle enormi contraddizioni, dove naturalmente diversa è la condizione della donna dei villaggi, rispetto a quella della grande metropoli ,il Cairo, come pure dell’alta borghesia rispetto ai ceti meno abbienti.
Lo sfruttamento della donna e la sopraffazione dell’uomo sulla donna è maggiore negli ambienti poveri e degradati, dove l’ignoranza e il fanatismo religioso, nel senso deteriore del termine, fanno da padroni.
Purtroppo è impressionante la miseria e il degrado di gran parte della popolazione che vive anche in grosse città , come Luxor, che nulla ha degli antichi fasti.
Non mi sarei mai aspettato di vedere animali attaccati alle carrozze dei turisti, denutriti e scheletrici, strade del centro non asfaltate, mercati dove si vende droga insieme ad altra mercanzia , nonostante le pene severe, poliziotti corrotti, case mal messe, fogne a cielo aperto.
Le leggi sulla carta esistono, ma restano lettera morta e così anche quelle sulla parità dei sessi, sancita nella costituzione egiziana ,ma non applicata nel diritto di famiglia, non è concesso alla moglie il divorzio, è ammessa la poligamia. Ma in Egitto esiste dal 1928 il diritto dell’ istruzione fino all’università anche per la donna, grazie ad un movimento femminista esistente già in quell’epoca e dal 1958 il diritto di voto, ma gran parte delle donne egiziane sono analfabete e buona parte non votano, non esiste tutela per le donne lavoratrici ed è ancora praticata l’infibulazione .La nostra scrittrice per aver parlato di tale pratica nel libro “La donna ed il sesso” è stata licenziata dal Ministero della Sanità.
L’autrice, per avere denunziato il reale stato della donna egiziana, è stata perseguitata dalle autorità, addirittura è finita in carcere e costretta un periodo all’esilio.
Le sue opere sono state censurate, ha rischiato di vedersi imposto il divorzio dal proprio marito.
Ma proprio quando era in carcere ha conosciuto Firdaus, prima dell’esecuzione capitale per aver levato il coltello al suo magnaccio, che la voleva uccidere, e ferito mortalmente, colpendolo sul collo ed in altre parti del corpo, quindi per legittima difesa, ma evidentemente la legge non è uguale per tutti.
Ella raccoglie la sua testimonianza sui soprusi subiti per mano degli uomini con cui ella è venuta in contatto: il padre riserva a lei, alla madre e ai suoi figli solo gli avanzi di cibo;
lo zio, approfitta sessualmente della nipote pur permettendole di studiare al Cairo e vorrebbe darla in sposa ad un vecchio in cambio di un lauto compenso;
un giovane cameriere diviene suo sposo, ma la maltratta e la rinchiude per evitare che ella possa andare a lavorare;
il giovane collega di cui si innamora l’inganna sposandosi con un’altra donna più ricca;
gli uomini, con cui si prostituisce non la considerano degna di rispetto perché prostituta e la considerano tanto più preziosa quanto più caro è il prezzo che devono pagare per averla fisicamente;
Ma Fridaus considera che è migliore la condizione di una prostituta di alto bordo, quale essa è stata che quelle di una donna sfruttata nella famiglia o di una donna lavoratrice sottopagata e perciò non considerata, ma tutto ciò fino a quando un protettore non prende tutti i suoi guadagni e non la schiavizza.
Ella ha ucciso per legittima difesa e perché preferisce essere giustiziata per affermare la sua dignità di donna che, come tale, non può e non deve accettare soprusi da parte degli altri uomini coalizzati fra di loro.
Ed è con estrema dignità che l’Associazione delle Madri Egiziane nel giugno del 2005 proclamano una giornata di lutto nazionale ed invitano le altre donne a vestirsi di nero per protestare e chiedere le dimissioni del Ministro dell’Interno per i maltrattamenti e gli abusi sessuali

Di Fatema Mernissi L’harem e l’occidente

L’autrice di questo libro è nata in Marocco, a Fez, nel 1940, docente di sociologia presso l’Università di Rabat., nipote di una donna, a suo dire, illetterata, ma intelligente ed autodeterminata, che viveva in un harem.
Con questo libro la scrittrice fa un’ analisi del modo di vedere l’harem da parte degli uomini occidentali e una descrizione di come esso effettivamente è.
Gli occidentali hanno un’idea del tutto erronea, lo immaginano diverso da come è: un luogo di piacere dove le donne sono dedite al sesso e a disposizione dell’uomo detentore.
L’harem è, in realtà,una tradizionale abitazione familiare dalle porte sbarrate,che le donne non sono autorizzate ad aprire.
Rappresenta un luogo di costrizione, abitato da donne intelligenti, apprezzate dall’uomo musulmano per le doti intellettuali, più che per quelle fisiche, determinate a far valere la propria personalità. Esse, talvolta, lottano fra di loro e talaltra si coalizzano, sono delle vere sovversive, che talora non esitano ad uccidere il proprio uomo, quando perdono il potere (molti sultani sono morti per mano di una donna).
Sono curiose, colte e raffinate, attente, desiderano focalizzarsi sugli stranieri che incontrano per comprenderli ,poiché la loro comprensione accresce quella di sè stesse e la loro forza.
L’opportunità di viaggiare, dice Jasmina, la nonna dell’autrice, è un sacro privilegio: la maggiore occasione per lasciarsi dietro la propria debolezza.
La scrittrice ha avuto l’opportunità di farlo.
E’ normale ,dice la nonna, provare panico al momento di attraversare oceani e fiumi.
Quando una donna si decide ad usare le ali, si assume grandi rischi, ella dovrebbe vivere come una nomade, sempre all’erta e pronta a migrare quando è amata, perché l’amore può fagocitarla e divenire la sua prigione.
Le donne dell’harem amano il loro uomo ,ma nutrono rancore verso di lui, perché li rinchiude.
Il tradimento è visto come un atto di sfida e come un superamento del limite della prigione.
La donna è un universo disconosciuto da parte dell’uomo nella sua profondità ed essa ne è fiera e consapevole,a volte è la padrone del gioco, confonde califfi ed imperatori
L’uomo, nel momento stesso che la rinchiude, ne riconosce il suo valore, ha paura di perdere la sua supremazia.
Gli harem sono luoghi densamente popolati ,dove non esiste privacy e tutti controllano tutti, per le donne non vi è gratificazione sessuale, neanche per le sposate, costrette a dividere l’uomo con le altre
Per gli uomini occidentali, Kant, dice l’autrice, il cervello di una donna normale è programmato per un sentire delicato, non deve, perciò, speculare. Il femminile è il bello, il maschile è il sublime, inteso come capacità di elevarsi sopra gli animali.
Diversa è la concezione degli uomini arabi che amano nell’intimità instaurare un dialogo,confrontarsi con le loro donne.
Nell’epoca moderna le donne musulmane hanno guadagnato l’accesso al mare,hanno polverizzato le frontiere dell’harem e hanno ottenuto il diritto allo spazio pubblico.
Velate o no, dice Fatema, siamo per le strade a milioni.
Con l’istruzione pubblica le musulmane hanno riacquistato le ali, gli uomini hanno perso la loro battaglia e gli estremi casi di violenza nelle strade algerine o afgane, contro le donne non velate sono il segno della fine del dispotismo maschile.
Sono una forza imponente civile che lotta per la democrazia e per la parità.
Fatema riscatta la donna musulmana, ma a scapito di quella occidentale che considera, ancora schiava dell’uomo, dimenticando le mille battaglie e le mille conquiste ottenute anche nell’ambito del diritto di famiglia, ancora , per la verità, poco paritario nel mondo musulmano.
Certo le donne sia occidentali, che orientali devono conquistarsi ancora molti spazi soprattutto nella politica, ma è con l’unione, con la cooperazione, con la saggezza e con l’amore che si devono vincere le battaglie per il bene comune dell’umanità tutta.
La donna occidentale , a differenza di quella musulmana, conclude Fatema Mernissi, è schiava dei canoni di bellezza stabiliti dagli uomini, dalla industria della moda,che è in mano maschile, e, se esce fuori da tali canoni,diventa invisibile. Una donna matura e brutta non conta nella società,deve essere bella e giovane, anche se senza cervello non importa.
L’arma dell’uomo contro le donne è il tempo, l’uomo occidentale vela le donne mature,avvolgendole nel chador della bruttezza.
La scrittrice conclude ringraziando Allah per averle risparmiato la tirannia dell’harem dell’attuale taglia 42.

Sunday, May 06, 2007

All’On. Sindaco di Catania Prof.re Umberto Scapagnini Proposta di gemellaggio Catania Lisbona.

Onorevole Sindaco
sono una catanese.
Le scrivo per proporle un gemellaggio fra queste due città d’Europa, Catania e Lisbona, al fine di favorire gli scambi culturali fra di loro.
L’idea mi è sorta dopo che ho effettuato una breve visita a Lisbona nel mese di marzo.
Vi ho trovato un caldo estivo ed il sole quasi abbagliante, proprio come a Catania.
Strade larghe, alberate, a diverse corsie mi portano dall’aeroporto al mio hotel nella parte moderna della città, zona Pombal, piena di negozi, alberghi e parchi.
Il tempo di una rinfrescatina e via a piedi verso il centro storico.
Pensavo di avere qualche difficoltà con la lingua portoghese ed invece le insegne dei negozi , le scritte dei cartelloni e persino i giornali sono per me comprensibilissimi: mi aiuta il mio dialetto, il siciliano.
Lisbona non è una città antica , pochi sono i resti medievali, un grande terremoto l’ ha distrutto nel 1755 ed è stata ricostruita da un marchese illuminato Pombal.
Egli ha curato il piano regolatore con grandi strade parallele fra di loro, quelle laterali dell’oro, dell’argento e dei tessuti, e una centrale che porta alla Piazza del Commercio, dove un tempo sorgeva il Palazzo Reale, che si affacciava lungo la foce del fiume Tago, tanto larga da sembrare mare.
Ha quindi delle analogie con Catania che è stata distrutta da un grande terremoto e dalla lava nel 1693 e ricostruita da un duca illuminato, il Duca di Camastra, che ha ridisegnato la città .
Anche in essa una grande via centrale, via Etnea, che dalla montagna per eccellenza, l’Etna, porta al cuore della città, piazza Duomo, che è anche piazza del Municipio.
I due edifici si affacciavano un tempo sul mare, ma ora ne sono separati mediante i cosiddetti Archi della Marina.
A Lisbona l’antico Duomo si trova nei pressi della Piazza del Commercio, ove era posto un tempo il Palazzo Reale, nella Baixia.
Esse sono due città forti, che, distrutte dalle forze prorompenti della natura, hanno avuto la forza di rinascere, pur essendovi sempre il pericolo imminente di una loro distruzione.
In ambedue la Chiesa cattolica con l’imponenza delle sue costruzioni mostra il suo potere, monasteri e chiese fortificate, che hanno del sacro e del profano.
A Lisbona :
da un lato vi è misticità e pace nei chiostri e nelle belle chiese gotiche, con le loro volte che si slanciano verso il cielo e illuminate dai raggi di sole, filtranti dall’alto;
l’eleganza, la leggerezza e la raffinatezza delle colonne merlettate “stile manuelito” sono testimoni di bellezza e armonia;
dall’altro i racconti della fastosa vita delle colonie, narrati nelle ceramiche ,”azuleios” ,che ornano i muri degli scaloni o dei cortili, testimoniano il lusso, le ricchezze e l’attaccamento alle cose terrene dei membri della chiesa cattolica, pronti a difendere il loro stato con le armi.
Pure a Catania il Duomo è fortificato, come anchel’antico Monastero dei Benedettini, ora sede dell’Università e della Biblioteca Ursino Recupero, dove si conservano preziosi manoscritti.
Quest’è uno dei più grandi di Europa con la sua enorme chiesa, dove l’immenso organo,da poco restaurato ,opera di Del Piano, riempiva di note divine il suo interno.
I colti ed eleganti monaci si portavano dalle loro residenze i cuochi e la loro cucina era ricca, raffinata ed elaborata, essi, poveretti, morivano di gotta per l’eccessivo consumo di carne; le clarisse nelle loro splendide dorate chiese barocche, dietro le grate,intonavano e intonano, ancora oggi canti celestiali.
Infine ambedue le città risentono della cultura araba poiché entrambe sono state anche sotto il dominio arabo, di cui in Lisbona vi è traccia nello stile architettonico portoghese ,“il manuelito”
( che fonde elementi gotici, barocchi ed arabi).
Catania ,all’epoca degli arabi “Qataniah”, anche chiamata “Balad al fil”, cioè città dell’elefante, purtroppo conserva poco dello stile architettonico arabo; un tempo, inoltre, era piena di mulini ad acqua , cosiddette norie, come Lisbona, essendo ambedue ricche di corsi d’acqua, da noi divenuti sotterranei essendo stati sepolti dalla lava.
Il termine noria deriva dall’arabo na-ara.
Tanti altri potrebbero essere i motivi di un gemellaggio culturale ,ma non voglio dilungarmi e vi ringrazio fin d’ora , poiché sono sicura che accoglierete questa mia richiesta che sicuramente sarà condivisa da molti cittadini di entrambe le città

Thursday, April 12, 2007

Turchia II Parte

Viaggio in Turchia II Parte


Lasciata la bella Cappadocia ci rechiamo a Smirne, sull’Egeo una ridente cittadina,il cui nome greco antico era Izmir, in italiano Mirra, pare che nella zona fosse presente l’albero di Mirra. Nelle campagne di questa grande nazione si incontrano grandi campi di fiori spontanei, i papaveri viola, più grandi dei nostri e meno belli: sono quelli da cui si estrae l’ oppio, il cui uso in Turchia è stato vietato negli anni 70.
Quel che ricordo di Smirne sono gli anziani con la barba, che fumano il narghilè, da soli o in gruppo attorno ad un tavolo, seduti nei bar lungo i marciapiedi delle strade del porto, ed uno strombettare improvviso e il vocio festante, provenienti da una fila di macchine scoperte che marciano l’una dietro l’altra con in testa un’auto dove sta in piedi un bambino, vestito di bianco, dall’apparente età di dieci anni, che saluta felice i passanti.
Seguiamo il corteo che si ferma al parcheggio di un ristorante, dove le persone,vestite a festa, entrano, li seguiamo. Il bambino viene portato in una stanza dove vi è un letto grande, viene fatto coricare, gli invitati gli porgono dei doni, egli li riceve felice, poi giunge un medico che lo anestetizza per procedere alla circoncisione e gli astanti vanno a festeggiare al ristorante.
A pochi chilometri da Smirne vi è Efeso,la cui antica città era prima sul mare, visitiamo i resti e camminando per le strade, visitando,l’antico teatro , vedendo la facciata della biblioteca e dell’archivio,il ginnasio, le due porte della città mi sembra di vivere in quel tempo e di sentire le voci degli antichi abitanti . Efeso fu in origine greca, ma la maggior parte dei resti esistenti risalgono all’epoca romana, fu la città di San Paolo e di San Giovanni, che ebbe affidata la Madonna, che sembra essere morta nelle vicinanze dell’antico sito, il luogo è custodito da un monaco al tempo milanese, un uomo alto con una bella barba.Il mio scetticismo mi porta a non credere, ma un senso di pace e di benessere mi pervade, mai ero stata così bene, ma tutto ciò è indescrivibile.

Tuesday, March 06, 2007

Turchia I Parte

Ricordi
Nel secolo scorso, negli anni novanta, mi sono recata in Turchia, proprio quando il governo italiano sconsigliava tale viaggio, per via di un attentato terroristico.
Con me vi erano altri 12 viaggiatori per niente intimoriti e decisi, invece, a visitare questo affascinante paese. Per quanto mi riguarda devo dire che ero felice di fare quel viaggio, curiosa come sono, e sicura che nulla di spiacevole sarebbe accaduto.
Atterrati ad Istanbul siamo stati accolti da due sorridenti uomini, uno più anziano ,l’altro più giovane, che non corrispondevano per niente con la mia idea degli uomini turchi, infatti avevano la carnagione e i capelli chiari.
Erano due ex capitani mercenari, che, fra l’altro, avevano partecipato alla guerra del Vietnam, amici per la pelle, visto che in diverse occasioni l’uno aveva salvato l’altro. Il più giovane, ora insegnante di storia dell’arte, d’improvviso sembrava assentarsi del tutto, erano le conseguenze dello shock subito in Vietnam. Quello più anziano, circa sessant’anni, parlava ben 15 lingue.
Essi ci hanno accompagnato nell’elegante albergo a noi destinato, con vasche d’acqua immerse nel verde dei giardini tipici del medio oriente e con eleganti negozi. Qui mi sentivo al sicuro ed avevo l’idea di poter girare tranquillamente, ma il capitano anziano mi ha richiamato, dicendomi di non allontanarmi dal gruppo.
Istanbul era ed è una grande metropoli in parte antica, in parte moderna, con quartieri ricchi ed evoluti e con altri poveri, con monumenti da mille e una notte che portano a sognare ed immaginare il suo ricco passato.
Lungo le rive del Bosforo vi sono le più fastose ville, che all’esterno non sono così appariscenti.
Il Bosforo divide l’occidente dall’oriente, la faglia, che separa i due continenti, attraversa la città. Instabul è detentrice di una grande cultura, derivante dall’incontro di popoli diversi, che in passato ed anche nel presente la hanno arricchito e continuano a farlo con le loro conoscenze.
A volte si sente parlare della Turchia e dei turchi , come di una nazione e di un popolo che, ancora, fa paura ( mamma li turchi!!). Si dimentica che in essa vi è stata l’antica Troia, la civiltà greca, il grande impero di Bisanzio, poi quello romano di oriente ed in seguito quello ottomano.
Essa è, quindi, una culla della civiltà.
Quanto sfarzo vi è soprattutto nei monumenti antichi, ( un soffitto pieno di diamanti, moschee gigantesche con i marmi più preziosi, cucine immense, smeraldi, rubini, diamanti nel palazzo del sultano). Tutto ciò suscita in me il pensiero della vanità umana, quante bocche si potrebbero sfamare con i diamanti incastonati nel soffitto!
Una città vivace, le donne erano sorridenti ed anche se portavano il fazzoletto in testa, non mi sembravano tanto sottomesse, ho visto una donna dare un ceffone al marito che si è voltato a guardare una delle due insegnanti del gruppo.Esse hanno avuto il diritto di voto negli anni 30 del secolo scorso, prima di quelle italiane,ma il delitto d’onore, è punito sempre con le attenuanti , come quello sulla violenza alle donne. Inoltre il posto in macchina, quello accanto al guidatore era sacro e non poteva essere contaminato da una donna italiana vestita scollata, perciò, considerata di facili costumi.
Una ragazza del gruppo, scherzando col giovane capitano, per ripararsi da un gettito d’acqua, ha pensato di entrare nella macchina di uno sconosciuto e di sedersi nel sedile davanti, il capitano si è messo le mani ai capelli e le ha intimato di uscire immediatamente, perché, se fosse sopravvenuto il proprietario, avrebbe preteso il pagamento del sedile nuovo in quanto la moglie non poteva più sedersi nel sedile così contaminato. Comunque grande differenza vi era tra la condizione delle cittadine e quella delle campagnole. Comunque lasciata l’affascinante Costantinopoli abbiamo visitato un antico caravanserraglio, ed immagino gli antichi viaggiatori con i loro bei cavali dal pelo lucente e le carovane che vi trovavano riparo. Quindi siamo andati verso la nuova capitale, Ankara ,la città della lana d’angora nell’Anatolia, che abbiamo attraversato velocemente. Da uno sguardo così veloce non mi ha particolarmente colpita, sicuramente non ha il fascino di Costantinopoli. Ci dirigiamo verso la Cappadocia, una regione montagnosa unica al mondo, adesso essa è molto più piccola di quella del periodo greco. Qui il paesaggio è di una bellezza incomparabile , l’aria è fresca per l’altitudine. Vi sono antichi villaggi sotterranei a diversi piani, dove gli abitanti piccoli di statura, si rifugiavano in caso di incursioni nemiche, le volte degli ambienti sono basse e la aerazione è simile a quella dei formicai. Lungo le strade vi erano mercati di prodotti locali, tappeti, stuoie, tessuti a mano. Ho comprato un bel tappeto di lana dai bei colori vivaci con predominanza di tonalità rosse , con cui ho ricoperto una cassapanca. Si incontravano anche cammelli e bambini dagli occhi scuri e furbi che chiedevano monete o caramelle, a quell’epoca sicuramente vi era in questa parte della Turchia molto analfabetismo e povertà. Giungiamo nella vasta area archeologica di Pummacale piena di antiche rovine, quindi alle cascate con le sue bianche vasche e poi nella valle dei camini delle fate ,un luogo unico al mondo, sul terreno tante rocce tufacee scavate ed abitati da anacoreti e da indigeni ora datesi al commercio turistico. Le rocce tufacee sono per lo più a forma di cono e sono facilmente scavabili, ai piani superiori si accedeva con scale di legno esterne, l’interno è molto confortevole. Queste formazioni sono l’effetto dell’eruzione di materiale tufaceo di un antico vulcano. Mai visto nulla di simile.

Tuesday, January 16, 2007

Viaggio a Koalalumpu e a Bali dopo l’undici settembre

Subito dopo l’undici settembre mi sono recata a Kuala Lumpu e a Bali.
La prima è la capitale della Malesia, una città metropolitana ultramoderna con grattacieli, piena di centri commerciali e due torri, ora le più alte del mondo.
Il suo aeroporto è stupendo, mai visto in Europa uno così, con eleganti negozi ed affollatissimo di uomini di affari in transito.
La gente ,per le strade, corre sempre indaffarata, non vi è nessuna differenza con la vita delle nostre grandi città.
Le donne studiano, lavorano, occupano anche posti di responsabilità, vestono all’europea, alcune portano in testa eleganti foulars di seta.
Ma le bambine vanno a scuola con una divisa simile a quella delle monache, retaggio della cultura islamica.
In Malesia, infatti, la maggioranza della popolazione è musulmana.
Nei confronti di noi europei sembrano nutrire dell’astio, ci considerano dei prepotenti, anche se trattati con educazione, ci sentiamo mal tollerati.
Ma che ne è della terra di Sandokan?
Sembra che nulla sia rimasto.
Al posto delle belle foreste tropicali con i suoi rumori e con i canti degli uccelli, vi sono tanto cemento e tane industrie soprattutto di stagno.
Nelle immediate vicinanza della capitale vi è una rara piantagione di caucciù ormai soppiantato dalla gomma.
Un amico mi dice che la foresta è ormai solo nelle isole del Borneo, dove egli si reca più volte l’anno per diversi mesi al fine di studiarne la flora e la fauna, ma io non ho la possibilità di recarmi in questi luoghi.
Il cielo è bigio a causa dei fumi delle industrie.
Ci dirigiamo verso il fantastico Stretto di Malacca descritto in tanti romanzi e che tanto mi ha fatto sognare. Che delusione !
Il suo mare è quasi marrone, a causa degli scarichi. La città ha, però, un fascino particolare con i suoi edifici coloniali portoghesi, olandesi, il rosso quartiere cinese brulicante di negozi e templi buddisti, ed i tanti risciò che girano per le vie.
Si respira un’aria particolare, quella di un’antica città con un grande porto commerciale dove sono approdati tanti popoli che hanno lasciato l’impronta della propria cultura.
I suoi abitanti hanno una inusuale larghezza di veduta data dalla convivenza di tante etnie e grande tolleranza nei confronti degli stranieri, che non considerano tali ,perché essi stessi si sentono cittadini del mondo.
Mi ricordo di una figura particolare,un cinese alto e slanciato, vestito con gli abiti suoi tradizionali e con un ombrellino colorato, che camminava con disinvoltura per le strade del centro..
Lasciata la Malesia, volo verso Bali, piccola isola vulcanica dell’arcipelago di Sonda in Indonesia, separata dall’isola di Giava da uno stretto.
E’ verdeggiante, terrazzata, in parte pianeggiante, in parte collinare e montuosa, numerose le risaie
Il suo clima è monsonico, caldo, umido.
Vive soprattutto di agricoltura e turismo.
Appena atterrata ho l’impressione di essere ben accolta da questa terra ridente.
Sono arrivata in un’altra realtà .
Non più persone indifferenti, presi dal loro affannoso correre della vita quotidiana o gente piena di astio.
La civiltà industriale è ben lontana.
I volti sono tranquilli,non è raro vedere lungo le strade uomini appollaiati come gli uccelli che si godono la natura. Non più vestiti firmati, ma persone umili ed anche poco istruiti, siamo in una isola i cui abitanti, nonostante il business del turismo, vivono come un tempo e conservano gli antichi valori, le tradizioni e la cultura loro propria; non sono stati ancora, si fa per dire, civilizzati. .
Grossi ed eleganti complessi alberghieri sono sparsi nelle adiacenze delle bellissime spiagge.
Centinaia di candele nei ristoranti illuminano la sera chilometri di spiaggia
L’albergo, dove ho alloggiato, un 5 stelle, è posto sulla spiaggia, è dotato di una bella piscina, circondata da un giardino fiorito con alberi secolari , su cui saltellano donnole incuranti della presenza degli uomini.
I topi circolano indisturbati nei corridoi, nei cornicioni delle sale di aspetto del centro benessere, ma non nelle sale da pranzo e nelle camere: sono ben educati.
I Balinesi sono per lo più induisti e rispettano la natura e gli animali.
Sono piccoli di statura e dotati di un innato senso artistico.
Nell’isola è possibile assistere a spettacoli teatrali con attori in maschera, che rappresentano l’eterna lotta del bene e del male, come pure a danze di donne con costumi tradizionali.
Camminando vedi centinaia di sculture in legno, opera di artisti locali.
Ma il batik, venduto in tante botteghe, non è per lo più opera degli artigiani del luogo, ma importato dall’isola di Giava.
Se in una bancarella chiedi il prezzo della merce esposta e lo contratti, devi comprarla se non vuoi offendere il venditore.
Le donne sono esperte nella composizione di cesti di fiori e frutta, che, in occasione delle feste sacre, offrono nel tempio alle divinità .
I balinesi sono superstiziosi, fanno offerte per ingraziarsi le divinità del bene e del male, le prime,credono, dimoranti in montagna, le seconde in fondo al mare.
Le offerte migliori sono riservate a quelle del bene, ma quelle del male non vanno dimenticate per non attirarne le ire.
Almeno una volta nella loro vita si recano in pellegrinaggio alla montagna, come pure portano le offerte al mare con il sacerdote officiante agli dei degli inferi.
Vi sono centinaia di templi sull’isola, costruiti con pietra vulcanica.
Ve ne è uno circondato dalle acque del mare: in questo luogo i tramonti sono indimenticabili.
Venerano anche gli antenati.
In ogni casa vi è un altare ed un cortile centrale, su cui danno tutte le camere.
In quest’ultimo si svolge la maggior parte della vita domestica.
Peter, la guida, riferisce che sua moglie, per pigrizia, non sempre fà le dovute offerte , attirando sulla famiglia innumerevoli guai, ma egli pensa di riparare a ciò costruendo nella loro casa un altare più bello.
Le abitazioni sono molto modeste anche quelle dei notabili.
E’ gente pacifica che abiura la guerra e la violenza in genere. E’ ospitale e pronta sempre ad aiutare il prossimo con generosità
E’ una società ancora patriarcale.
Le donne, come gli uomini, possono tenere scoperto il busto, ma devono aver ben coperto la metà inferiore del corpo in quanto ritenuta impura.
Prima di entrare in un tempio devono purificarsi facendo le abluzioni nelle apposite vasche.
La nostra guida parla delle scimmie come se fossero delle persone e dice che il benessere, e il guadagno facile portano sia gli uomini che le scimmie alla disonestà.
Le scimmie, che abitano nei pressi del tempio,si sono abituate a chiedere il cibo ai turisti, hanno perso l’abitudine di procacciarlo nella foresta.
In caso di diniego lo rubano o, per dispetto, sottraggono ai malcapitati borse o macchine fotografiche.
Lasciata l’isola per far rientro a casa ,conservo nel mio cuore il ricordo della semplicità, della bontà, gentilezza, saggezza e generosità di questo popolo per tanti versi più civile del nostro, il cui cuore, talvolta, sembra essere diventato di pietra.

Monday, November 20, 2006

Friday, November 17, 2006

A proposito di Comunità di Zingari

Ogni mattina verso le 8.00 un gruppo di Zingari formato da donne , pochi uomini in verità , e bambine attraversano di tutta fretta piazza Università per recarsi alle loro postazioni di lavoro lungo le strade o davanti i supermercati o le chiese.Si, per queste comunità chiedere l’elemosina è un lavoro che svolgono con puntualità, con orari ben precisi e qualunque siano le condizioni atmosferiche. Le donne, alcune sono ben paffute e con denti d’oro, altre, invece mingherline e con segni di bruciature o di altre cicatrici sulle braccia,alcune sembrano incinte, altre recano dei bambini piccoli, tutti rossi e ben paffuti.Ai semafori delle vie di maggior traffico intere famiglie, uomini, donne, bambini chiedono l’elemosina o lavano i vetri. Si sono spartiti il territorio con gli altri immigrati. Ogni tanto si incontrano degli uomini o dei ragazzi che suonano la fisarmonica.A volte, invece dei bambini soli, che sembrano senza famiglie, stanno ai semafori o per le strade, ma da lontano una persona adulta li sorveglia.Questo è il loro modo di vivere, sono analfabeti, i bambini non vanno a scuola. Vivono in condizioni precarie nelle periferie della città o de paesi limitrofi. Ho incontrato un solo ragazzo che tutto orgoglioso mi ha riferito di studiare, è un ragazzino particolarmente sveglio.Un ragazza, con la sorella più grande, ormai da anni, chiede qualche soldo o che le venga comprata la spesa per sé e per i suoi familiari davanti un supermercato del centro. Il quartiere le ha adottate, da quando un giorno, senza neanche un cappotto, con vestiti estivi, tutte intirizzite per il gran freddo, abbracciate per riscaldarsi, chiedevano l’elemosina.La ragazza era, allora, una bambina, non ha studiato, come dice vergognandosi, ed ora che è cresciuta, vedo, qualche volta, che la avvicinano uomini avanzati nell’età.Anni fa mi è capitato una cosa incresciosa. Una zingara, ogni mattina chiedeva l’elemosina assieme ad un bambino, di quattro anni circa, seduta davanti un palazzo del centro ed io avevo preso l’abitudine di comprare un dolcetto o un arancino al bambino, un giorno, però, la donna è venuta da sola e da allora il bambino non si è più visto.Ho chiesto notizie alla donna , ma ella dapprima mi ha detto di non comprendere l’italiano e poi che il bambino stava male, molto male.Tempo dopo ho parlato con un mio amico dirigente la sezione immigrati, il quale mi ha consigliato di non fare l’elemosina ai bambini per non contribuire ad incrementarne lo sfruttamento, se non addirittura, in alcuni casi, il traffico.In questi giorni si discute del provvedimento della questura di Cosenza che ha sottratto alle famiglie Rom i bambini per affidarli alle case famiglie ed ha arrestato i genitori per sfruttamento. Non penso che provvedimenti di questa portata possano essere presi a cuor leggero, si parla di separazione di bambini dai loro legittimi genitori e di sfruttamento di minori.E’ chiaro che tra la popolazione di zingari esistono delle buone famiglie e che non si può parlare sempre di sfruttamento, ma se le abitudini di vita della comunità restano queste, quale futuro hanno i giovani di queste comunità in questa società dove devono vivere?Se lo Stato non interviene saranno sempre degli emarginati o degli schiavi o ancora divenuti adulti schiavizzeranno a loro volta. L’intervento dello Stato naturalmente può essere diverso a secondo dei casi, ma è necessario al fine di creare le condizioni migliori per un inserimento nella società , pur rispettando, ove possibile,le loro tradizioni.
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Monday, November 13, 2006

Un film denuncia: La sconosciuta

La sconosciuta

Narra la vicenda di una giovane ucraina immigrata in Italia che diviene vittima del racket della prostituzione e del traffico dei bambini appena nati, subendo incredibili violenze che la segnano per tutta la vita e che le si presentano continuamente davanti agli occhi con dei flashback terribili da rivivere.La donna, fra l’altro, è costretta ad accoppiarsi con degli sconosciuti e a partorire ben dodici figli che le verranno sottratti appena nati, per essere venduti dal racket al padre del bambino.Ella non è presa in considerazione come persona, ma solo come oggetto capace di soddisfare l’avidità di guadagno dell’ animalesco sfruttatore e i desideri più svariati sessuali dello stesso leonino e dei clienti. Solo un giovane si accorge di lei come persona ed i due si innamorano, ma viene ucciso e fatto scomparire. Ella riesce a fuggire e va a lavorare al nord con un fine ben preciso, non rivelato se non quasi alla fine del film, cercare la sua ultima figlia di cui credeva di aver saputo il cognome. Ma il racket non perdona , lo sfruttatore la trova, la massacra e si vendica facendola finire in galera accusata della morte della madre adottiva della bambina, uccisa dallo sfruttatore che ne aveva manomesso l’auto. La donna riesce a dimostrare la sua innocenza, raccontando le sue vicende alla polizia,ma rimane in galera per avere ucciso la tata della bambina per prendere il suo posto e stare accanto alla sua presunta figlia. Dopo molti anni ,uscita dal carcere si siede scoraggiata, ma ecco presentarsi la presunta figlia ormai divenuta grande.
Il film, per rendere la cruda realtà, ha dei flashbacks di una violenza inaudita che turbano lo spettatore, ma la figura femminile e materna di lei è di una grande umanità .
E’ un coraggioso film denuncia di un fenomeno ricorrente lo sfruttamento delle giovani immigrate, sole, smarrite e bisognose di tutto da parte dei furbi e dei delinquenti organizzati in veri propri racket. Purtroppo le città ne sono piene ed anche le strade di campagne, ne sono vittime ragazze provenienti, dall’est europeo, dall’africa, dall’america del sud. Fatte venire in Italia al fine di trovare lavoro si trovano,invece, con il viaggio da pagare, un affitto ed interessi esosi e l’unico lavoro che si propone è la prostituzione. Ed il debito non finisce mai . Nei confronti delle africane e delle brasiliane vi sono anche le minacce di riti voodoo che portano alla morte o delle stesse o dei loro familiari. Le poverette rimangono terrorizzate. Delle organizzazioni riescono a salvare soltanto alcune di loro, facendole scomparire e trovandole un lavoro. Sì perché il problema è anche quello di inserirle nel mondo del lavoro con il loro passato. I membri di queste organizzazioni rischiano la vita. Il problema è risolvibile solo con provvedimenti statali, e non con l’indifferenza.

Wednesday, November 08, 2006

Viaggio in Sardegna- II Parte

Visita di Barumini e dintorni

Il nostro viaggio continua, andiamo nell’interno a Barumini, dove si trova il più importante sito nuragico della Sardegna.
Esso è costituito:
· da un grosso nuraghe con cinque torri a diversi piani, di cui una centrale e quattro esterne unite da mura a secco, costruite con pietre portate della giara di Gesturi;
· vicino ad esso i resti del villaggio più recente costruito utilizzando le pietre di quello più antico e di cui rimane ben poco.
Ci spostiamo alla giara dei Gesturi, altopiano basaltico di origine vulcanico, ricoperto da un basso bosco di querce da sughero, abitato da cavalli di piccola taglia, tipici di questa zona, e da pecore.
Camminando arriviamo in una vasta depressione che le piogge riempiono di acqua, formando un laghetto. Nelle pendici della giara si trovano le domus de Jana.
Ritornando a Barumini visitiamo:
· il palazzo Zappatas , al cui interno si trovano i resti di un piccolo nuraghe ed un museo dei cimeli e dei documenti della nobile famiglia di origine spagnola, non molto amata dagli abitanti;
· il convento dei cappuccini, che ospita un museo di strumenti musicali tipici sardi, tamburi con pelle di capra, strumenti fatti con vesciche gonfiate (di maiali o di pecore) e di corde,flauti di canne a diverse note, che suonano mediante una difficilissima tecnica respiratoria, campanacci dei mammuttones, fisarmoniche ed organi a mantice.
Lasciamo Barumini e ci dirigiamo verso Oristano, passando per paesi interni,in diversi di essi le facciate delle case sono affrescate con murales raffiguranti scene di vita di pastori o di contadini o processioni religiose.
In questi luoghi si percepisce la fierezza dell’antico popolo, che non vuole rinunciare alla propria identità.
La Sardegna , a differenza della Sicilia ,è poco popolosa, si cammina in questa parte dell’isola per le strade senza incontrare anima viva, nonostante l’afflusso turistico, molte spiagge come pure lunghi tratti di costa sono spopolati.

Alghero

Passando per Oristano ci dirigiamo verso la bella Alghero, ridente cittadina sul mare , i cui abitanti parlano un catalano arcaico.
Le strade del centro storico hanno ancora toponomi nell'antica lingua.
Decidiamo di recarci per mare alla grotta carsica di Nettuno, le cui concrezioni sono simili a quelle viste in precedenza nella Is Zuddas.
Ad essa si può accedere anche per via terra scendendo per una scala di 700 gradini, intagliata su un costone roccioso a picco sul mare da poveri carcerati sicuramente col sacrificio di molte vite.
Il centro storico di Alghero, con le chiese, coacervo di stili diversi,i negozi ed i locali caratteristici, e la passeggiata lungo la fortezza a mare, piena di bar e ristoranti, pullulano di vita.
Il tramonto ha colori indimenticabili.
La sera si va a cenare in un elegante e raffinato locale gestito da un giovane e da suoi amici.
Vengono proposti piatti tipici sardi, tra i quali il porchetto
Esso è un maialetto di circa 10 Kg cucinato intero al forno a 300 gradi e servito con verdure e patate arrosto.
Ma anche in Sicilia, nei boschi dei Nebrodi, nelle trattorie all’aperto, è possibile gustare il maialetto, ma cucinato alla griglia sulla brace. .
L’indomani, dopo un tuffo in una tranquilla baia, partiamo per il nord costeggiando il mare.


Stintino e dintorni

Arriviamo così a Stintino.
Il paesaggio è mozzafiato, dall’alto possiamo ammirare un mare cristallino dai colori cangianti, blu, azzurro, verde, rosa ed una spiaggia bianca, di fronte l’Asinara, chiamata così per i suoi asini albini, l’isola Piana ed in fondo si intravede la Corsica.
A Stintino vi è il museo della tonnara, ma non possiamo visitarlo .
Proseguiamo per Castel Sardo, un paese arroccato su un promontorio. All’interno del castello si trova il museo etnografico,con arnesi di vita quotidiana dei contadini e dei pescatori.
Vi sono ceste di vaie forme, misure e materiali (giunco, finocchietto, foglie di palma nana, canne) dai disegni colorati geometrici o raffiguranti animali.
Esse venivano usate per la biancheria, per la ricotta, per la frutta e così via. Le nasse esposte sono diverse per grandezza, per resistenza dei materiali, molto robuste quelle per la pesca delle aragoste.
E’ esposta una imbarcazione di canne intrecciate ricurva solo da un lato, usata in provincia di Oristano.
Usciti dal castello giriamo per le viuzze strette, incontriamo una vecchietta che, seduta davanti la porta di casa, lavora ad un cestino e ci dice che la vita è dura, che con la sua arte si guadagna poco ed i giovani fuggono in cerca di altro lavoro.
In una piazzetta, con una bellissima veduta sul mare, vi è una chiesa di impianto trecentesco, con elementi gotici e barocchi.
Dopo, entrati in un bazar, compriamo il mirtillo, il vino del luogo e delle bamboline di porcellana con costumi sardi.
Proseguiamo per Santa Teresa di Gallura, vi è un forte vento , facciamo uno spuntino veloce in un locale.

Palau e l’Arcipelago della Maddalena

Ci dirigiamo a Palau, dove ci fermiamo in un campeggio in una pineta in riva al mare, accanto al faro.
Vi sono delle bellissime rocce granitiche.
La sera ceniamo al ristorante del campeggio, gestito da un cultore della cucina sarda, che ha curato la fotografia dei piatti tipici per una pubblicazione del corriere della sera.
Ci fa gustare:
· il polipo cucinato alla vecchia maniera dalle mogli per i marinai che si assentavano per parecchi giorni,in modo da potersi conservare, e cioè sbollentato e saltato in padella con una salsa di olio, aglio,peperoncino,prezzemolo, pomodori secchi, salati e lavati, ed aceto;
· la pasta con salsa piccante, finocchietto selvatico, mandorle e frutti di mare; una grigliata di pesce appena pescato;
· dolci tipici con noci, pistacchi e mandorle e vino cotto.
In Sardegna vi sono agrumeti,solo nel sud-est dell’isola,oliveti,mandorleti, castagneti,vigneti
L’indomani, alzati di buon mattino, ci imbarchiamo per effettuare un giro per le isole dell’Arcipelago della Maddalena.
Esse sono disabitate, tranne la Maddalena ed una in cui vi è una base Nato.
La Maddalena, unita a Caprera da un ponte, è la più grande, è dotata di porto ed ha una bella passeggiata a mare.
L’isola con la base Nato ,dicono, è tutta scavata al suo interno, ma da qui a poco la base sarà smantellata.
Andiamo nelle isole di Spargi e di Budelli,dove le acque di alcune baie, per i particolari fondali e a secondo dell’inclinazione dei raggi solari, assumono colorazioni che vanno dal rosa al verde smeraldo, all’ azzurro.
Ritornati a riva partiamo per la Costa Smeralda, ma intanto il tempo è diventato nuvoloso e decidiamo di proseguire fino a Porto Corallo dove pernottiamo.
Viste le cattive condizioni metereologiche, che non permettono di apprezzare le bellezze della costa, imbocchiamo la strada di montagna che va verso Cagliari.
Le rocce si stagliano taglienti.
Si gode un paesaggio vario e selvaggio: gole, torrenti, alberi di corbezzoli di colore rosso (chiamati in siciliano imbriacule in quanto ingerite in grande quantità fanno ubriacare),querce da sughero.
Siamo in Barbagia, attraversiamo Utsei con i suoi murales in bianco e nero, ci rechiamo ai Monti Sette fratelli, chiamati così per il numero delle punte, quindi, andiamo a Cagliari ,dove verso sera ci imbarchiamo per Palermo. Il nostro giro è finito.

Friday, October 27, 2006

Viaggio in Sardegna 2006 - Prima parte

Viaggio in nave

Per mia abitudine non parto in estate per le vacanze abitando in un’isola meravigliosa, la Sicilia, piena di spiagge rocciose e sabbiose con un’ acqua in alcuni punti inquinata ,in altri,o per la corrispondenza con sorgenti di acque dolci o per la distanza da centri abitati, pulitissima e con colori che variano dal blu intenso all’azzurro, al turchese e al verde smeraldo.
Così soltanto ai primi del mese di settembre incomincio a pensare alle mie vacanze.
Per la verità sono un po’ indecisa sulla destinazione,di solito la mia scelta va su posti che mi permettano uno stacco totale rispetto alla mia vita ordinaria.
Ma questa volta , allettata anche dal ribasso dei prezzi, visti gli attuali stipendi dei funzionari statali, che permettono a malapena di campare, decido di recarmi in Sardegna insieme ad un amico.
Indi , nonostante il mare agitato, ci imbarchiamo per Cagliari da Palermo insieme con sportivi, camionisti ed una coppia di sposi, lui con abito scuro, cravatta fucsia, contegno serio, dignitoso, lei, con l’occhio col difetto di venere. abito nero, elegante, lungo, degli strass luccicanti sul sedere,che formano un triangolo. Prima della partenza questi ultimi dal ponte al terzo piano lanciano dei fiori sul pontile ai parenti . Il lancio del mazzo è un’antica usanza caduta in disuso a causa dei feriti agli occhi per l’arrivo di steli dall’alto.

Cagliari, Nora e dintorni

L’indomani, giunti a Cagliari con notevole ritardo,ci rechiamo al museo archeologico e alla pinacoteca.
Quest'ultima contiene poche opere, ma di notevole pregio, per lo più retables di pittori catalani o sardi .
Il museo ,invece, il più importante della Sardegna, racchiude reperti, provenienti dai vari scavi archeologici e ricostruisce l’antica storia dell’isola.
Le origini del popolo sardo sono sconosciute.
Comunque pare che l'antico popolo dei sardhana abbia origine dalla mescolanza di navigatori provenienti dall'oriente con indigeni
Esso si è stanziato per lo più nell’ entroterra per motivi di difesa ( per la maggior parte pastori, agricoltori e non pescatori,cultori della dea madre e dell'acqua). Questa civiltà è tribale.
Si sono trovati dei villaggi in prossimità di costruzioni particolari,detti nuraghi,di cui vi sono i resti ( circa 8000 in tutta l'isola ed i più antichi risalgono anche al XVII sec . A. C.).
Questi ultimi avevano dapprima una funzione solamente dimostrativa della potenza della famiglia dominante e successivamente quella di fortezza difensiva.
La civiltà nuragica ,soprattutto nella parte interna dell'isola, è sopravvissuta sia alla colonizzazione fenicia,che a quelle punica e romana.
Alcuni vedono nel nuraghe una somiglianza col palazzo del periodo miceneo.
Ma in realtà con la Sardegna i greci hanno avuto solo scambi commerciali, importavano i minerali di cui è ricca l’isola: ferro,piombo, argento.
Sono stati trovati lingotti di piombo.
L'’isola è steta colonizzata,invece, dai fenici ,dai cartaginesi e dai romani.
Nel museo si conservano reperti fenici, punici e romani.
Dell’età del bronzo di notevole pregio sono i bronzetti, statuine trovate nelle tombe ,come pure i monili di corallo, di argento.
Si sono rinvenuti nelle tombe dei vasi usati sia per conservare i morti, che le derrate alimentari.
Nell’isola sono presenti:
le domus de jana, pare dell’epoca punica, tombe a pozzo quasi inaccessibili;
le tombe dei giganti , tombe collettive del periodo nuragico; megalitiche, a forma incrociata, le cui braccia inferiori erano curvate;
i menhir, lastre di pietra conficcate nel terreno.
I corpi venivano inumati.
Finita la visita al museo, facciamo un breve giro per il centro storico:
· il duomo, costruito nel XII sec. e successivamente rimaneggiato ,presenta elementi del periodo romanico e, nella parte interna, di quello barocco;
· i resti dell’anfiteatro romano, del quartiere della giudecca e del Bastione di Remì, da dove si gode un vasto panorama.
Purtroppo la giornata nuvolosa non permette di apprezzare a pieno le bellezze delle antiche saline, oggi dismesse, ma in esse si scorgono centinaia di eleganti fenicotteri rosa.
Verso sera giungiamo a Pula, dopo aver seguito inutilmente le indicazioni delle tombe dei giganti ed esserci per questo addentrati nelle campagne.
Era inutile cercale, perché quelle indicazioni erano state messe a casaccio nella zona per motivi turistici e di queste tombe, in realtà, in quella zona, non vi è neanche l’ombra o , se qualche resto esiste, è costituito solo da un mucchio di pietre non segnalato in loco.
L’indomani visitiamo il sito archeologico di Nora, posto sul mare in una bellissima posizione, i cui resti sono per lo più romani, del periodo imperiale, ma anche fenici e punici. La città è in parte sommersa.
Comunque sono visibili, tra l’altro, la cloaca, il teatro e le terme,le strade e la zona commerciale tutte di epoca romana.
La città pare risalga al periodo nuragico.
Del periodo fenicio si sono ritrovate delle steli ed attualmente l’università sta utilizzando degli studenti per scavare e mettere alla luce la zona sacra, ubicata nel terreno sottostante la torre spagnola.
Al tempo dei fenici la città era un importante centro commerciale con tre porti, non più visibili.

Grotte Is Zuddas

Completata la visita del sito si parte verso l’interno, alla volta delle grotte carsiche di Is Zuddas. In esse è possibile ammirare delle bellissime sale con colonne, alcune gigantesche, di stalattiti e di stalagmiti dalle forme più varie, e piccoli laghi, dove vivono dei gamberetti ciechi e trasparenti, di origine antichissima.
In Qualche volta vi sono delle concrezioni sottili,che non cadono verticali come le stalattiti, ma che vanno nelle direzioni più varie e formano un reticolato che ricopre parte della volta.
Esse hanno un unico canale entro cui scorre la goccia, a differenza delle stalattiti, in cui le gocce scorrono in tanti canali.
Le grotte , a differenza di quel che si immagina, pullulano di vita.

Isole di S. Antioco e di San Pietro

Dalle grotte si va all’ Isola di S. Antioco ,l’antica Sulci.
Essa è collegata alla terra tramite un istmo, costeggiato da un lato da uno stagno, dall’altro lato dal porto.
Facciamo un breve giro a piedi delle vie principali del piccolo centro con i suoi negozi di artigianato locale e botteghe di tessitrici .
Giungiamo alla chiesa di di S. Antioco ( martire romano, scampato alla morte rifugiandosi in una grotta dell’isola), successivamente al Forte su Pisu del periodo sabaudo, alla necropoli punica e su una collina scorgiamo il cimitero di epoca fenicia dei bambini nati morti e di quelli in tenera età, prima dell’iniziazione, il cosiddetto tophet.
Le ceneri dei bambini cremati venivano conservati in vasi. Quindi proseguiamo verso il porto.Non andiamo alla vicina isola di S. Pietro, abitata sia nel passato che ancora oggi da genovesi.

Monday, July 03, 2006

Viaggi di donne: Bangkok koi Samui

Viaggio in Tailandia

Negli anni 90 ho deciso di recarmi, insieme ad una amica , in Thailandia, Bangkok- Koi Samui
Recatami in agenzia , con mio grande stupore, mi è stato chiesto quale tipo di viaggio volessi fare per la scelta dell’albergo, se di tipo culturale o sessuale. Ho risposto che naturalmente il mio era un viaggio di tipo culturale.

Bangkok
Una volta arrivate all’aeroporto di Bangkok ;”Città degli ulivi”,siamo state accolte da una guida locale , che parlava italiano.
Uscendo dall’aeroporto per raggiungere il pulman che ci avrebbe condotto all’albergo, siamo stati investite da un’ondata di caldo afoso, il cielo era plumbeo per lo smog, buona parte della gente usava le mascherine, il traffico era caotico.
La prima impressione di questa città con nullo di antico, ma con palazzi in cattivo stato e con le strade poco pulite in questa parte della città non è stata del tutto positiva. La guida ,nel pulman, ha
avvertito i viaggiatori dei pericoli di contrazioni di malattie per chi, recandosi in certi locali, fosse in cerca di avventura. Il pulman era pieno di turisti italiani,la maggior parte della Lombardia ed in maggioranza donne.
Giunte in albergo,parlando con alcune di queste, dall’apparente età di 60 anni, ho scoperto che esse avevano più volte fatto questo viaggio e che ,perciò, non avrebbero fatto alcun giro turistico, ma che si sarebbero recate la sera nel grande mercato di Bangkok per fare degli acquisti, che loro dichiaravano, essere convenientissimi. a Patpong.
Una volta assegnate le camere, il pomeriggio facciamo un primo rapido giro di una parte della città, che , quindi, si presenta in tutta la sua grandezza e varietà.
Bangkok era allora una città di circa 12.000.000 di abitanti, affollata di una miriade di negozi grandi e piccoli, situati anche all’interno di grattacieli in gran parte in mano ai cinesi, forniti delle più svariate mercanzie.
Lungo le strade ma soprattutto negli angoli, bancarelle con pannocchie fumanti ed altra roba e frutta la più svariata. A venderla donne ed uomini con occhi neri a mandola e con vestiti colorati.
Questa città ,per la sua grandezza mi fa paura, ho l’impressione che la concorrenza tra gli individui è spietata e che per affermarsi in essa bisogna essere lupi ed io, che ancora non lo sono e che penso non lo sarò mai , ho l’impressione che, qualora dovessi vivere in essa, potrei non farcela.
Comunque la sera , ci siamo recate nella sala da pranzo per il buffet, pieno di piatti colorati sia di cucina tailandese che internazionale, di frutta esotica e di verdura ,cotta e cruda e di bevande.
L’indomani giro in battello lungo il Chao Praya.
Sulle sue rive grattacieli, grandi alberghi, musei, teatri.
Alla fine siamo giunti all’isola di Rattanakosin,”dimora del Buddha di Smeraldo, per visitare il Grand Palace e la Cappella reale.
Un tempo l’isola era il cuore politico e culturale della capitale.
Siamo finalmente nella parte antica della città, cinta da mura.
Alla sinistra del palazzo reale, colla facciata di stile neoclassico, il quartiere delle donne,una volta abitato e governato solo da donne ai tempi della poligamia, con case, strade strette, giardini.
Avevano libero accesso, oltre al re naturalmente, solo gli operai ed i medici, quando fosse necessario . I figli del re fino alla pubertà abitavano con le loro madri.
Il gineceo era protetto dalle amazzoni, donne che praticavano le arti marziali, ma che studiavano ricamo,arte culinaria, e composizione floreale.
Una regina , verso la fine dell’ottocento, iniziò a vivere fuori del palazzo interno accanto al monarca ed assunse la reggenza in caso di assenza dello stesso e così è iniziata l’emancipazione della donna tailandese.
Altri edifici di straordinaria bellezza ,con tetti verniciati di rosso e verde e con chedi dorati ,con porte e finestre laccate, avevano ed hanno varie funzioni,tra cui le cerimonie funebri, l’incoronazione con la sala del trono e la sala dell’udienza.
In una di queste costruzioni vi è la camera da letto del giorno prima dell’incoronazione, ogni futuro re varca così la soglia del palazzo degli antenati.
La Cappella del Buddha di Smeraldo contiene questa statuetta, in verità di nefrite, che secondo la leggenda ha il merito di attirare numerosi benefici al regno che la possiede. Nel tempio statue dorate,mosaici di vetro, dipinti murali, intarsi di madreperle.
Nel Gran Palace vi è anche il più antico monastero buddista della Thailandia, entro il cui tempio vi è il Buddha disteso in attesa di morire e raggiungere così il nirvana,enorme statua dorata.
Tutt’ora abitato da monaci che praticano ed insegnano varie arti tra cui il massaggio.
Nel monastero vi era una vera e propria scuola del sapere. Una curiosità si diventa monaci in età adulta con piena coscienza ,non esistono monaci bambini.
Spesso gli uomini, una volta divenuti anziani,lasciavano le loro mogli e le loro famiglie per prepararsi alla dipartita ed entravano nei conventi diventando monaci.
. Tra gli edifici vi è anche la Biblioteca.
Come in tutte le civiltà il potere, la ricchezza, è diviso tra il potere politico e quello religioso, detentori del sapere.
Abbandonato il Gran Palace ci rechiamo nel grande spiazzo “Il Campo Reale” adibito alle cremazioni delle famiglie reali e luogo anche di feste primaverili. Esso si trova di fronte al Monte Meru dove si crede che le anime trasmigrano dopo la morte.
Si torna in albergo per riuscire il pomeriggio e fare un giro per i canali dove sono allocate le case galleggianti,predisposte su palafitte, in tutte le case un altarino.
Lungo i canali , uomini e donne sopra delle imbarcazioni piene di frutta e verdura offrono in vendita la loro mercanzia ai turisti.
Questa è la parte più povera della città piena di fascino per noi turisti,ma solo per noi.
La sera cena in un ben locale dove abbiamo assistito ad uno spettacolo di marionette.
Dopo due milanesi ci invitano a far un giro per i mercati di Patpong, decidiamo, quindi, di prendere un taxi.
Lungo la strada le signore ci raccontano di una serata trascorsa in uno dei locali notturni di Patpong, dove è possibile assistere a degli spogliarelli. e dove imperversa la prostituzione minorile.
Arrivate nelle strade affollatissime di turisti e non, visitiamo le tante decantate bancarelle, piene di roba firmata contraffatta anche italiana e di stoffe e vestiti e monili tailandesi, niente di particolare pregio., ai lati delle strade i locali con delle bambine truccate per attirare i clienti.
Dove c’ è miseria i minori vengono sfruttati da chi povero non è.
E la polizia corrotta sta a guardare.
Ad un tratto ci voltiamo le milanesi si erano dileguate tra la folla, decidiamo, confuse, di ritornare in albergo.
L’indomani partenza per Koi Samui, con un piccolo aereo locale affollato di turisti italiani,in maggioranza donne e milanesi ,che si recano spesso in queste isole per godere delle bellissime spiagge.

Koi Samui

Atterriamo in questa sorridente isola con un piccolo aeroporto, un piccolo autobus ci accompagna al bellissimo complesso alberghiero immerso nella vegetazione tropicale .
Suoni bellissimi si odono nell’aria sono gli uccelli tropicali, gli alberi e le piante in genere hanno foglie enormi, anche le farfalle variopinte che volano nell’aria sono più grandi.
Oltre la costruzione principale vi sono delle abitazioni a forma di barche di legno. Sono incantata.
La spiaggia è bianchissima, dei massaggiatori ,per lo più uomini, in verità brutti, facevano dei massaggi.
Il buffet nell’albergo è pieno di bevande colorate e di pietanze e frutti variopinti.
Vi erano delle banane piccole, ma gustosissime, dei frutti somiglianti ai nostri limoni, e poi, mango, pataie ed altri, ma i nostri sono più gustosi.
Dopo essermi un poco riposata decido di fare una passeggiata lungo la riva e successivamente di addentrarmi un poco nella vegetazione, ma, subito, sto per inciampare con una radice nascosta tra le erbe.
Mi rendo conto che questa isola è meravigliosa , ma selvaggia ed insidiosa.
Sicuramente pericolosa per noi non più abituati al contatto quotidiano con la natura selvaggia.
Intravedo una casa di legno e donne e bambini scalzi intorno alla casa.
Decido di non avventurarmi da sola e faccio ritorno sulla spiaggia con i suoi colori meravigliosi.
La sera con la mia amica ci rechiamo con una specie di camioncino, il taxi locale, nel centro abitato per una strada non asfaltata.
Anche questo piccolo paese , con banche, negozi, estetisti, massaggiatori, ristoranti, locali notturni ha le strade non asfaltate.
Le poche strade sono piene di bancarelle per turisti,con tutta roba che oggi si trova nei nostri mercati.
L’indomani di buon ora mi informo per fare un giro nell’arcipelago con un battello locale e non con una gita per turisti , mi voglio rendere conto della vita degli abitanti del luogo.
Convinco la mia amica, un poco timorosa, a seguirmi .
Arrivata al porto ci imbarchiamo sul battello, in cui si saliva mettendo il piede su una grossa ruota.
Con noi erano tre stranieri e tanti indigeni vocianti,un po’ primitivi . Sul battello ci offrono frutta esotica..
La navigazione,costeggiando isole selvagge,durava circa due ore per approdare in una di esse,scendendo dal battello e prendendo una piccola barca , che imbarcava acqua, stipata di persone.
Comunque il tratto era breve.
Sbarcate, la mia amica era terrorizzata, decido di fare da sola un piccolo giro per l’isola, ma l’isola era selvaggia, mi inoltro un po,’ attraverso un ponte di corda, continuo ancora,poi decido di tornare e trovo la mia amica con i capelli drizzati.
Aveva deciso di prendere il sole sdraiata , ma si era accorta di avere accanto un grosso lucertolone, forse un varano,che la osservava.Quindi aveva deciso di spostarsi sotto una palma, ma degli indigeni ,con una lingua incomprensibile, gesticolando affannosamente, la hanno avvertito del pericolo di caduta di noci di cocco .
Dopo un po’ ci imbarchiamo per il ritorno.
Ma durante il viaggio il mare si ingrossa ed il battello sembra non farcela con le onde, infatti ad ogni ondata il motore si spegne, per fortuna, per poi riaccendersi.
Dico la verità ho pensato che avrei potuto non rivedere terra .
Alla fine siamo arrivati. La sera abbiamo mangiato in un ristorante sulla spiaggia a base di pesce. Ma quello dei nostri mari è mille volte più saporito La luna si rispecchiava nel mare argentato e tante luci di candele accese sfavillavano nei vari tavoli dei ristorantini sulla spiaggia. In questa isola incantata mi sembrava di sentire maggiormente l’influenza della luna..
La mia compagna di viaggio mi comunica che non intende più rischiare la pelle, e che pertanto per il resto dei giorni farà solo bagni e massaggi nella spiaggia antistante l’albergo.
L’indomani decido di fare un giro dell’isola con una escursione organizzata, e così vedo le bellissime spiagge, visito i villaggi con le loro case di legno e le bancarelle con frutta , verdure, ed involtini con foglie ed un interno di un impasto bianco,non so cosa sia , ma decido di assaggiarli, hanno per me un sapore tutto nuovo.
Mi reco al giardino delle farfalle e poi assisto al combattimento tra galli, tra gli spettatori, gente del luogo che facevano le scommesse. Assisto anche allo spettacolo con i serpenti e con gli scorpioni.
Nell’attesa dell’inizio dello spettacolo una bambinella, con estrema naturalezza, con una mano teneva un serpente e con l’altra il biberon, da cui succhiava il latte.
Dei ragazzi siamesi si facevano pungere dagli scorpioni che camminavano sul loro corpo, altri si facevano avvolgere dai serpenti, uno straniero, un pò gradasso, ha preso un serpente e lo ha fatto strisciare sul proprio corpo.
Un giovane siamese, infine, ha fatto uno numero col cobra.
Egli aveva tutte le mani e le braccia deformate a causa del veleno del serpente.
L’antitodo sull’isola non era reperibile e le strutture sanitarie erano quasi inesistenti.
Su tutta l’isola vi erano serpenti velenosi e scorpioni.
L’indomani mi reco in spiaggia e mi avvicino ad un bellissimo bambino, la madre,parlando nella sua lingua, mi dice di portarlo via con me. Era strano, riuscivo a comunicare perfettamente, e così gli ho risposto nella mia lingua che non potevo, ma ella insisteva. Quella madre era un’ottima donna che voleva assicurare un futuro migliore al figlio. Questo episodio mi rimarrà per sempre in mente. Successivamente con un fuoristrada, guidato da un italiano , che abitava nell’isola, mi sono recata nella foresta tropicale.Questo italiano,un milanese, rappresentante commerciale , in seguito ad un viaggio ,aveva deciso di trasferirsi sull’isola ,dove aveva acquistato in compartecipazione un bar con un tailandese ed aveva acquistato un fuoristrada con il quale effettuava giri per l’isola. Nella foresta vi erano alberi di caucciù , che rappresentavano un tempo una ricchezza per l’isola, ora soppiantati dalla gomma sintetica . Vi erano delle rocce di origine vulcaniche bellissime, che danno ,insieme alla natura tutta intorno il senso della sua grande forza, davanti alla quale noi siamo piccoli esseri, che possono in un attimo essere travolti da essa, specialmente noi cosiddetti civilizzati.Gli abitanti di questa isola,che si arrampicano nelle ripidissime pareti rocciose come delle scimmie, hanno maggiori poteri di difesa. Essi sembrano essere perfettamente integrati nella natura e danno l’impressione di essere un tutt’uno con essa, e, invece, noi occidentali,vivendo immersi nel cemento, abbiamo perso in gran parte il contatto con la madre terra e di conseguenza molte facoltà intuitive e molte conoscenze delle civiltà cosiddette più primitive.
La cosìddetta civiltà ci fà acquisire tante conoscenze , ma ce ne fà perdere tante altre. La foresta era piena di ruscelli. In mezzo ad uno di questi un monaco buddista aveva costruito la sua casa nella roccia e scolpito dei grandi massi a forma di animali, una grossa tartaruga, dei pesci. Si era ritirato in questo luogo all’età di 50 anni e in esso ha vissuto da eremita per molti anni ,fin quando non è stato divorato da una tigre. A fare questa bellissima esperienza vi erano con me tedeschi ed inglesi.. Tutte queste bellissime sensazioni mi fanno venir voglia di restare in questo paese meraviglioso per anni, ma,invece, l’indomani la dovrò lasciare per forse mai più farvi ritorno.

Friday, June 16, 2006

Lettera al Prof. Pietro Barcellona

Lettera al Prof.re Pietro Barcellona

Caro Prof. re
Ho letto con piacere il suo articolo sul giornale “ La Sicilia “ del 14 giugno “ Nella zattera di Prodi non c’è politica per il sud” che condivido pienamente.
Sin dai primi passi di questo Governo ho avuto l’impressione ,e come me tantissimi siciliani anche di sinistra, che questo governo , nonostante sia stato detto che intende essere il governo dell’ l’Italia tutta, si sia dimenticato che la Sicilia faccia parte dell’Italia tranne che per bloccare tutte le opere infrastrutturali necessari al suo sviluppo.
Così facendo ha creato un grande sgomento da parte di buona parte degli elettori di sinistra siciliani, che a questo punto si sentono spaesati ed abbandonati.
Si parla tanto della necessità di far quadrare il bilancio dello Stato e di risparmio e di necessità di nuove manovre. Poi sento dire che si creano nuovi apparati ministeriali, dicono a costo zero, mi domando come.
Non sento parlare di una significativa diminuzione degli stipendi e delle altre indennità dei parlamentari, né degli organi di vertice degli enti pubblici, né della spesa militare che tanto assorbe del bilancio statale, né delle consulenze esterne (solo il 10%).
Si parla, invece, di maggiori tasse per il popolo siciliano per la sanità, di bloccare i lavori già appaltati ed iniziati, con un enorme danno, sia , perché miliardi sono stati spesi invano, sia perché si lascia il territorio tutto a soqquadro.
Non si parla affatto di sviluppo, di nuova occupazione. E se lo Stato , gli enti pubblici in genere diventassero essi stessi imprenditori, visto che negli enti esistono professionisti, quali ingegneri, geometri, magari assumendo a tempo determinato per progetto,le professionalità carenti , invece di bloccare i lavori?
Parlo delle strade, delle autostrade, non certo del ponte, tali lavori verrebbero certo a costare molto meno e magari si potrebbero completare. E se gli enti pubblici invece di vendere i propri immobili pensassero di sfruttarli, magari facendo le opere necessarie, o affittandoli a terzi o utilizzandoli per le proprie esigenze , invece di pagare a privati fitti altissimi ? Vedi che enorme risparmio e che benefici per la comunità.
In quanto al ponte è ormai chiaro che nessun costo avrebbe lo Stato, visto che verrebbe fatto con i fondi della comunità economica europea e con l’intervento di privati.
Invece un enorme danno si avrebbe senza la sua realizzazione, perché si verrebbero a perdere dei finanziamenti che non potrebbero essere utilizzati per altri fini essendo collegati al progetto e si fermerebbe lo sviluppo di una regione , la Sicilia e non solo di essa, ma anche della Calabria ,e di tutto il meridione, che pur essi fanno parte dell’Italia.
Ed un enorme beneficio economico ne verrebbe all’Italia tutta con lo sfruttamento delle sue enormi risorse naturali.
La Sicilia non è fatta solo di mafia, ma di gente capace ed operosa e molte sue città ,vedi Catania,Ragusa , Modica negli ultimi anni , nonostante tutto, hanno avuto un enorme sviluppo economico, sia a livello industriale che turistico. E poi tangentopoli non è stato al nord.? Poi non capisco, questa discriminazione perché l’alta velocità, il rapido collegamento con l’Europa è necessario per il nord,, e non anche per il sud ? Si dice al sud manca anche il servizio ferroviario decente, le strade e le autostrade.
Ed allora , visto che è passato tanto tempo dall’Unità d’ Italia cerchiamo di pensare al meridione. Questa lettera vuole essere un ringraziamento al grande Professore ed un accorato appello al governo tutto ed ai ministri e parlamentari e meridionali e non.

Virginia Giuliano

Comunicazione

Chi volesse ancora leggere "Lettera a Nino di Guardo vada al sito http//:virgigiuliano.blog.tiscali.it

Tuesday, June 06, 2006

Non capisco gli uomini.Dalla parte delle donne

Non capisco gli uomini. Dalla parte delle donne. Donne per la pace

La primavera scorsa sono stata ad Ischia luogo di delizia per il corpo e per la mente e naturalmente ho visitato il castello Aragonese. Li vi è la casa del sole, con le sue mostre di pittura, le chiesette ora sconsacrate.,le varie terrazze con vedute incantevoli, vi sono giardini, ed il convento delle clarisse ora trasformato in albergo. Ho potuto visitare il loro cimitero sotterraneo .Le clarisse non venivano sepolte, ma sedute su sedili di pietra, dotati di scolatoi, e le giovani monache venivano mandate in quel luogo a meditare sulla caducità del corpo e spesso contraevano delle infezioni che le portavano alla morte. Sovente esse erano delle fanciulle rinchiuse contro la loro volontà in quei luoghi dai padri, per assicurare al primogenito maschio la concentrazione del patrimonio familiare.Scendendo ancora per le scale sono arrivata alla sala delle armi e delle torture. Vi erano macchine strizza- crani, strizza- toraci, cinture di castità femminili e maschili, disegni raffiguranti il boia che trafiggeva il petto del mal capitato con un grosso scalpello, donne legate e lasciate divorare dai ratti nelle parti intime, donne messe alla gogna, uomini incapretati,crocifissi, costretti ad ingoiare con imbuti litri di acqua.. Spesso ,alla fine confessavano delitti non commessi.
Ma il castello con le sue chiese,era anche un luogo di preghiera di grande cultura, rifugio di artisti e di intellettuali. Tutto ciò mi ha fatto pensare che l’uomo che, tanto si vanta della sua umanità,dovrebbe riflettere sul modo di comportarsi in questa vita e non sulla caducità del corpo, che ,se pure destinato a morire, serve per amare la natura con tutti i suoi esseri e per godere delle cose belle della vita. Solo adoperandoci a creare un mondo migliore per tutti,possiamo sentirci in armonia con noi stessi e con la natura che ci circonda. Si possono ottenere i risultati migliori con la cooperazione e lo scambio di conoscenze. E, continuando a riflettere ho pensato che per secoli le donne sono state e continuano ad essere lo spauracchio degli uomini.
.In Italia il diritto di voto ad esse è stato riconosciuto, solo nel primo cinquantennio del novecento , addirittura dopo la Turchia.
Nell’ambito della famiglia il marito è a tutt’oggi il capofamiglia ed i figli assumono il nome del padre.
Solo con l’ avvento della civiltà industriale è riconosciuto il ruolo della donna lavoratrice, che, con molte difficoltà, riesce ad arrivare all’apice delle carriere. Ancora oggi si parla di pari opportunità
Nella politica, fatta soprattutto da uomini , esse trovano il cammino irto di difficoltà.
Si cerca di non farle assurgere a posizioni di prestigio.
Ci si ricorda delle donne solo durante la campagna elettorale.
Dopo, si cerca di evitare di affidare ministeri con portafoglio.
La televisione fa una propaganda soprattutto alla bellezza del corpo femminile e non la considera come essere pensante. Ancora oggi la chiesa cattolica non riconosce alle donne la possibilità di esercitare il sacerdozio, esse devono stare chiuse in convento o inviate nelle missioni.
Grande ruolo è riconosciuto alla donna nell’ambito della famiglia, ma sempre in una posizione di sottordine rispetto agli uomini . Non capisco questo spauracchio . La donna è la generatrice degli uomini, li alleva,li accudisce e li accompagna alla loro maturità. Un mondo fatto di donne ,soprattutto di donne madri, sicuramente sarebbe un mondo senza guerre, le madri non vogliono mandare i loro figli, la carne della loro carne, al macello, tranne che un forte lavaggio del cervello ad esse sia fatto da ragazzine , non considerano i loro figli come numeri da sacrificare per il raggiungimento dei fini politici ed economici.
Virginia Giuliano

Monday, May 29, 2006

Friday, May 12, 2006

Dove sono i giovani?

.Dove sono i giovani ?
Non si dà spazio ai giovani, anche questa è violenza.

La popolazione va invecchiando., e questo si ripercuote sulla vita politica del nostro paese.
Si parla tanto di uomini nuovi , ma i volti sono sempre quelli.
Non si dà spazio ai giovani, deresponsabilizzati , ma anche privati della possibilità di inserirsi validamente nella vita sociale e lavorativa se non a tarda età.
Essi, colti e preparati, per anni stanno ad elemosinare un occupazione sicura,e spesso lavorano gratis nella speranza di un posto di lavoro.
Si profilano nuove forme di sfruttamento a volte anche da parte dello Stato.
Speriamo che gli uomini nuovi, si fa per dire , di questa nuova legislatura cambino qualcosa.
A tutto ciò i giovani non si ribellano, forse che hanno poca fiducia in se stessi ?
Sono finiti i tempi delle proteste, ci dobbiamo preoccupare.
Forse che l’educazione degli adulti , dietro un’ apparente generosa protezione, nasconde egoismo ed egocentrismo?
Ma dobbiamo pensare che essi sono i nostri figli, che un domani dovranno affrontare gioco forza la vita.
E d allora modifichiamo le leggi,creiamo le condizioni di inserimento nella vita lavorativa e sociale.
Diamo loro spazio e fiducia.
Essi rappresentano il nuovo, la freschezza, l’energia, personificano la nuova linfa vitale sono una grande ricchezza di cui una nazione non può fare a meno, hanno delle grandi potenzialità che aspettano solo di estrinsecarsi, , gli adulti hanno dietro le spalle l’esperienza e la preparazione.
E, perciò, uniamo le nostri doti ed andiamo avanti per un mondo migliore.

Lettera al Presidente Romano Prodi

Caro Presidente,
mi congratulo con lei per il risultato ottenuto nelle votazioni. a nome mio e del popolo dei viaggiatori, degli amanti della natura, della libertà , della musica, dell’arte, dell’armonia,dei cittadini del mondo, di cui faccio parte.
Il suo mandato è ,però, tanto gravoso.
Ella si è assunta la responsabilità ,insieme alla sua coalizione, di governare l’Italia e di rappresentarla degnamente.
Una volta salito al Governo, dovrà operare nell’interesse di tutti gli abitanti in Italia, non importa se di destra o di sinistra,se cattolici , buddisti ,islamici,ebrei, se uomini o donne
Gli Italiani tutti devono essere fieri della loro nazione e del suo operato,che deve essere improntato alla saggezza, pace,onestà e correttezza, rispetto degli esseri
umani e della natura in genere.
Pertanto bisogna mantenere tutte le promesse di unità, pace e giustizia nella politica interna ed in quella estera.
Per far tutto ciò insieme con la sua coalizione deve convincere a collaborare tutti i rappresentanti del popolo con fermezza, saggezza e decisione, ascoltando però e dando seguito a tutte le giuste opinioni.
Il popolo di cui faccio parte grida a gran voce bando ai preconcetti razziali, rispetto delle fedi religiose, collaborazione tra le nazioni per il bene dell’umanità, fine delle cosiddette missioni di pace e di democrazia operate con intervento militare in altri paesi.
Si auspica che mai più siano usate le bombe all’uranio impoverito,cosiddette intelligenti, che tali non sono.
Una tale politica non potrà portare che all’odio e al rancore degli altri popoli. e non si fa certo il bene degli italiani, che così vivono nella paura continua di attentati e non sono più liberi di muoversi per i paesi del mondo.
Cha finalmente ci si ricordi di dettati della Costituzione quali :
· il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali
· l’Italia è una Repubblica democratica che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale
· l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali,
· è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli alla realizzazione di tali uguaglianze.
Sarebbe auspicabile una riforma della Costituzione che riconosca tali diritti non solo a tutti i cittadini, ma a tutti gli abitanti del suolo italiano.
Tanti auguri
Virginia Giuliano,