Oggi ci sono tante disposizione a tutela dell’individuo, ma, purtroppo, spesso, non sono osservate.
Sembra che tutti possano dire di tutto e di tutti, senza porsi il problema del rispetto dell’altro.
Vi è una gran confusione, un gran marasma, gli individui vengono condannati dai media prima che siano state disposte le sentenze, senza che vi sia certezza, vengono creati dei mostri, che poi si accerta non essere tali, e, intanto, quei poveri disgraziati sono rovinati per sempre, senza pensare che anche i familiari ne subiscono un danno; si classificano delle donne come veline, senza considerarle donne; nelle carceri spesso le persone vivono in condizioni disumane, eppure le carceri dovrebbero avere una funzione rieducativa; si disattendono le norme fiscali, c’è un gran numero di individui che non pagano le tasse e la pressione fiscale và sulle classi più deboli , quelli a reddito fisso.
V’è da porsi, dunque, il problema della mancanza del rispetto delle regole, perché si disattendono o si ignorano? O ancora perché non si fanno osservare? C’ è in atto una ribellione generale alle norme, perché spesso si pensa che chi fa le regole di norma le pone per gli altri e non per sé, sembra esserci una sfiducia nell’altro e quindi anche nei confronti dello Stato.
Bisogna far in modo che i cittadini credano nelle Istituzioni e per ottenere ciò,occorre che ognuno faccia la sua parte con senso civico. Lo Stato di diritto è necessario per un’organizzazione civile.
Ma torniamo alle disposizioni a tutela dell’individuo.
La Costituzione Italiana pone come principio fondamentale il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, afferma che la libertà personale, il domicilio,la corrispondenza sono inviolabili, il proprio pensiero può essere manifestato e diffuso liberamente, la censura non è ammessa. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea stabilisce che la dignità umana è inviolabile, va rispettata e tutelata. Ogni individuo ha diritto alla libertà, al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio, delle proprie comunicazioni, alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano.
Il Codice della Privacy, emanato in attuazione alle disposizioni e direttive europee, sancisce il diritto alla protezione dei dati personali , disciplina il trattamento degli stessi e la loro tutela, detta particolari disposizioni per i dati i sensibili e per quelli giudiziari.
I dati sensibili sono quei "dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale
I dati giudiziari sono i quelli personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale.(Codice della Privacy ).
Il codice in questione disciplina i limiti di tali trattamenti e gli obblighi relativi ai soggetti che li trattano, siano essi soggetti pubblici che privati. Stabilisce che i dati personali, trattati in violazione della disciplina di tutela, non possono essere utilizzati.
Codici di deontologia professionale sono emanati e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale a cura del Garante stesso in determinati settori, compreso quello giornalistico, aventi valore normativo e che costituiscono condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali effettuato da soggetti privati e pubblici. Sono dettate norme limitative dell’accesso ai documenti amministrativi, quando riguardano i singoli soggetti. L’accesso ai documenti dell’archivio corrente o di deposito, riguardanti soggetti diversi dal richiedente, è ammesso ai portatori di interessi diretti, concreti e attuali,anche diffusi o collettivi, corrispondenti a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale e' richiesto l'accesso . I controinteressati all’accesso devono essere informati della richiesta. Infine vi sono atti per i quali è vietato l’accesso,in quanti segreti di stato e possono essere conosciuti dopo 50 anni dall’emissione, tranne autorizzazione speciale e in quest’ultimo caso possono essere conosciuti ,ma non diffusi. Non possono essere consultati liberamente prima di 40 anni dalla loro data anche quei documenti contenenti dati sensibili e dati relativi a provvedimenti di natura penale espressamente indicati dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali. Ma se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare il termine è di 70 anni.
Il Codice della Privacy stabilisce che il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di enti pubblici economici è consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichi le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili.
Dalle succitate disposizione si evincono i limiti alla diffusione anche a mezzo stampa di dati personali , dati sensibili,dati giudiziari . In fine l’onore e il decoro sono tutelati dalle norme del codice penale. La diffamazione, cioè l’offesa arrecata alla reputazione di un individuo comunicando con più persone, fa parte dei delitti contro l’onore e quella a mezzo stampa è punito più gravemente e la responsabilità penale si estende anche al direttore o vice-direttore responsabile, all'editore e allo stampatore, per i reati preveduti negli articoli 57, 57-bis e 58 c. p.
Anche se la nostra Costituzione dice che la manifestazione del pensiero è libera ed esso può essere diffuso con ogni mezzo, che la stampa non è soggetta ad autorizzazione preventiva e a censura, tale libertà finisce quando viene a ledere l’altrui diritto alla riservatezza o addirittura la reputazione.
E se si tratta di politici eletti dal popolo?. La nostra Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge…., ma afferma pure che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini….impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.
L’effettiva partecipazione all’organizzazione politica democratica del paese non è possibile senza consapevolezza; il cittadino, pertanto, ha diritto all’informazione accertata e non presunta sulla attività, e sulla vita dei propri rappresentanti, solo quando essa possa arrecare un danno allo svolgimento dei compiti a cui essi sono chiamati e all’onore delle istituzioni che essi rappresentano.
Questo è il blog di Virginia Giuliano dove si pubblicheranno argomenti di pace, di viaggi, sociali,di cultura, di arte.
Monday, December 06, 2010
Saturday, November 13, 2010
La ricerca storica e suoi limiti oggi in Italia
13 Novembre 2010 ore 11:31
La ricerca storica e suoi limiti oggi in Italia
Gli Archivi di Stato e la loro funzione. Chiunque voglia conoscere la storia o qualunque storia ,intendo quella vera , deve ricercare le fonti originali,i documenti., Quella raccontata nei libri è la storia interpretata; è la versione dei fatti secondo la visione di chi scrive; ognuno racconta ed interpreta i fatti a modo proprio, mette in rilievo un aspetto o un altro di uno stesso accadimento e giunge così a conclusioni totalmente personali.
Tempo fà mi trovavo in Austria, una guida narrava delle cinque giornate di Milano del 1848, come della rivoluzione dei lombardi , a cui seguì la guerra con il Regno di Sardegna.
Parlando di quello stesso moto noi italiani usiamo la parola insurrezione del popolo lombardo contro i dominatori austro ungarici e la guerra la chiamiamo prima guerra di indipendenza. Di tutto ciò sono consapevoli i frequentatori degli Archivi di Stato, che vi ricercano i documenti originali. Ma chi sono essi? Una sparuta minoranza, un'elite, professori d'Università, studenti mandati dai professori per la ricerca di argomenti per la tesi, architetti, pensionati, rari appassionati di storia locale, utenti che ricercano qualche documento per fini giudiziari.
La maggior parte della popolazione sconosce la loro esistenza e l'enorme preziosissimo patrimonio ivi conservato, nonostante le mostre, i siti, le presentazione dei libri degli studiosi,le visite guidate per le scuole.
Il patrimonio è talmente grande , che oggi vi è il problema della conservazione dei documenti
cartacei ,degli spazi e della sicurezza dei locali; i costi sono enormi.
Si pensa di mantenere le sedi storiche per ospitare le sale studio e per conservare la documentazione più antica, ma gli archivi, cioè i documenti, devono essere accolti in nuove sedi ,adeguate alla sicurezza, in edifici moderni, possibilmente costruiti appositamente ed in grado di ospitare una quantità molto maggiore di documenti.
Così dice Luciano Scala, l'attuale Direttore Generale degli Archivi. Meno male pare che sia abbandonata l'idea di darli in outsourcing,, che in termini pratici significa consegnare i beni dello Stato per la conservazione e per la gestione ai privati. Comunque se la produzione e la circolazione dei documenti della P.A .in un futuro avverrà on line ,il problema degli spazi sarà più contenuto. Ma dove ricercare i documenti, per lo meno quelli consultabili? L'impresa non è facile.
Per fortuna oggi la ricerca storica è più semplice grazie ad internet, ormai quasi tutti gli istituti sono forniti della Carta dei servizi, consultabile on line , che può dare una prima indicazione dei servizi resi e del materiale conservato. Gli Archivi di Stato sono on line, ma non tutti gli Archivi Storici Pubblici lo sono.
Gli Archivi di Stato, oltre alla documentazione statale, unitaria e preunitaria risalente all'Alto Medioevo, conservano gli archivi notarili anteriori agli ultimi cento anni e gli archivi degli enti ecclesiastici e delle corporazioni religiose soppresse, i cui beni vennero confiscati dallo Stato, gli altri archivi facenti parte del patrimonio della Chiesa sono conservati presso gli enti ecclesiastici, che hanno un proprio regolamento Gli Archivi di Stato possono ricevere in deposito archivi degli enti pubblici (regioni, province, comuni, enti pubblici non territoriali) e archivi privati (di famiglie, personali, di impresa, di istituzioni). Gli Archivi di Stato con sede nelle città capitali degli Stati preunitari conservano le carte degli organi centrali di quegli Stati.
L'Archivio centrale dello Stato conserva le carte degli organi centrali dello Stato italiano dopo l'unificazione del Regno.
Il Codice dei beni culturali del 2004 definisce bene culturale gli Archivi degli Enti Pubblici, i singoli documenti degli enti pubblici, gli archivi e i singoli documenti dei privati dichiarati di interesse storico particolarmente rilevante dal Ministero BCA e ne detta la disciplina.
Gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato, dopo le operazioni di scarto, versano all'Archivio Centrale dello Stato e a gli Archivi di Stato ( uno in ogni provincia) i documenti relativi agli affari esauriti da oltre 40 anni, unitamente agli strumenti di consultazione Le liste di leva e di estrazione sono versati sett'anni dopo l'anno di nascita della classe a cui si riferiscono .Gli Archivi Notarili versano gli atti notarili ricevuti dai notai che cessarono l'esercizio professionale anteriormente all'ultimo centennio. Anteriormente gli atti dei notai cessati si trovano presso gli Archivi notarili, che come gli archivi di stato sono in ogni provincia , alcuni di questi ultimi hanno delle sezioni, come in Sicilia Caltagirone, Sciacca. Alle volte presso l'archivio di stato si trovano documenti più recenti in quanto sono stati ricevuti poiché in pericolo di dispersione o di danneggiamento. Gli archivi degli uffici o enti soppressi sono conservati presso gli Archivi di Stato, quando non sia necessario versali ad altri enti. Gli Archivi di Stato possono ricevere in donazione Archivi di privati o acquistarli, o accettarli in deposito. Il Ministero per gli Affari Esteri, gli Stati Maggiori dell'esercito, della marina dell'aeronautica per quanto riguarda i propri documenti avente carattere militare e operativo,la Presidenza della Repubblica, la Camera ed il Senato , La Corte Costituzionale conservano i propri atti nei propri archivi storici. La consultabilità o meno di questi documenti segue regolamenti propri dei singoli organ, quelli degli Archivi di Stato e degli Archivi Storici Pubblici sono liberamente consultabili. Ma alcuni documenti relativi alla politica estera o interna dello Stato, conservati negli Archivi Storici degli Enti ed Istituti Pubblici, non sono liberamente consultabili fino a 50 anni dalla loro data, poiché è stata dichiarata la riservatezza dal Ministero dell'interno d'intesa con il Ministero per le Attività o i Beni Culturali. Prima di allora occorre l'autorizzazione ad personam del Ministero dell'Interno, che può concederla per scopi storici. Ma tali documenti conservano il loro carattere riservato e non possono essere diffusi.
Non possono essere consultati liberamente prima di 40 anni dalla loro data anche quei documenti contenenti dati sensibili e dati relativi a provvedimenti di natura penale espressamente indicati dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali.
Il Codice della Privacy stabilisce che il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di enti pubblici economici è consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili.
Ma se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare il termine è di 70 anni.
I dati sensibili sono quei "dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.(Codice della Privacy ).
Virginia Giuliano
-------------------------------------------------
Cataniaoggi
http://www.cataniaoggi.com
La ricerca storica e suoi limiti oggi in Italia
Gli Archivi di Stato e la loro funzione. Chiunque voglia conoscere la storia o qualunque storia ,intendo quella vera , deve ricercare le fonti originali,i documenti., Quella raccontata nei libri è la storia interpretata; è la versione dei fatti secondo la visione di chi scrive; ognuno racconta ed interpreta i fatti a modo proprio, mette in rilievo un aspetto o un altro di uno stesso accadimento e giunge così a conclusioni totalmente personali.
Tempo fà mi trovavo in Austria, una guida narrava delle cinque giornate di Milano del 1848, come della rivoluzione dei lombardi , a cui seguì la guerra con il Regno di Sardegna.
Parlando di quello stesso moto noi italiani usiamo la parola insurrezione del popolo lombardo contro i dominatori austro ungarici e la guerra la chiamiamo prima guerra di indipendenza. Di tutto ciò sono consapevoli i frequentatori degli Archivi di Stato, che vi ricercano i documenti originali. Ma chi sono essi? Una sparuta minoranza, un'elite, professori d'Università, studenti mandati dai professori per la ricerca di argomenti per la tesi, architetti, pensionati, rari appassionati di storia locale, utenti che ricercano qualche documento per fini giudiziari.
La maggior parte della popolazione sconosce la loro esistenza e l'enorme preziosissimo patrimonio ivi conservato, nonostante le mostre, i siti, le presentazione dei libri degli studiosi,le visite guidate per le scuole.
Il patrimonio è talmente grande , che oggi vi è il problema della conservazione dei documenti
cartacei ,degli spazi e della sicurezza dei locali; i costi sono enormi.
Si pensa di mantenere le sedi storiche per ospitare le sale studio e per conservare la documentazione più antica, ma gli archivi, cioè i documenti, devono essere accolti in nuove sedi ,adeguate alla sicurezza, in edifici moderni, possibilmente costruiti appositamente ed in grado di ospitare una quantità molto maggiore di documenti.
Così dice Luciano Scala, l'attuale Direttore Generale degli Archivi. Meno male pare che sia abbandonata l'idea di darli in outsourcing,, che in termini pratici significa consegnare i beni dello Stato per la conservazione e per la gestione ai privati. Comunque se la produzione e la circolazione dei documenti della P.A .in un futuro avverrà on line ,il problema degli spazi sarà più contenuto. Ma dove ricercare i documenti, per lo meno quelli consultabili? L'impresa non è facile.
Per fortuna oggi la ricerca storica è più semplice grazie ad internet, ormai quasi tutti gli istituti sono forniti della Carta dei servizi, consultabile on line , che può dare una prima indicazione dei servizi resi e del materiale conservato. Gli Archivi di Stato sono on line, ma non tutti gli Archivi Storici Pubblici lo sono.
Gli Archivi di Stato, oltre alla documentazione statale, unitaria e preunitaria risalente all'Alto Medioevo, conservano gli archivi notarili anteriori agli ultimi cento anni e gli archivi degli enti ecclesiastici e delle corporazioni religiose soppresse, i cui beni vennero confiscati dallo Stato, gli altri archivi facenti parte del patrimonio della Chiesa sono conservati presso gli enti ecclesiastici, che hanno un proprio regolamento Gli Archivi di Stato possono ricevere in deposito archivi degli enti pubblici (regioni, province, comuni, enti pubblici non territoriali) e archivi privati (di famiglie, personali, di impresa, di istituzioni). Gli Archivi di Stato con sede nelle città capitali degli Stati preunitari conservano le carte degli organi centrali di quegli Stati.
L'Archivio centrale dello Stato conserva le carte degli organi centrali dello Stato italiano dopo l'unificazione del Regno.
Il Codice dei beni culturali del 2004 definisce bene culturale gli Archivi degli Enti Pubblici, i singoli documenti degli enti pubblici, gli archivi e i singoli documenti dei privati dichiarati di interesse storico particolarmente rilevante dal Ministero BCA e ne detta la disciplina.
Gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato, dopo le operazioni di scarto, versano all'Archivio Centrale dello Stato e a gli Archivi di Stato ( uno in ogni provincia) i documenti relativi agli affari esauriti da oltre 40 anni, unitamente agli strumenti di consultazione Le liste di leva e di estrazione sono versati sett'anni dopo l'anno di nascita della classe a cui si riferiscono .Gli Archivi Notarili versano gli atti notarili ricevuti dai notai che cessarono l'esercizio professionale anteriormente all'ultimo centennio. Anteriormente gli atti dei notai cessati si trovano presso gli Archivi notarili, che come gli archivi di stato sono in ogni provincia , alcuni di questi ultimi hanno delle sezioni, come in Sicilia Caltagirone, Sciacca. Alle volte presso l'archivio di stato si trovano documenti più recenti in quanto sono stati ricevuti poiché in pericolo di dispersione o di danneggiamento. Gli archivi degli uffici o enti soppressi sono conservati presso gli Archivi di Stato, quando non sia necessario versali ad altri enti. Gli Archivi di Stato possono ricevere in donazione Archivi di privati o acquistarli, o accettarli in deposito. Il Ministero per gli Affari Esteri, gli Stati Maggiori dell'esercito, della marina dell'aeronautica per quanto riguarda i propri documenti avente carattere militare e operativo,la Presidenza della Repubblica, la Camera ed il Senato , La Corte Costituzionale conservano i propri atti nei propri archivi storici. La consultabilità o meno di questi documenti segue regolamenti propri dei singoli organ, quelli degli Archivi di Stato e degli Archivi Storici Pubblici sono liberamente consultabili. Ma alcuni documenti relativi alla politica estera o interna dello Stato, conservati negli Archivi Storici degli Enti ed Istituti Pubblici, non sono liberamente consultabili fino a 50 anni dalla loro data, poiché è stata dichiarata la riservatezza dal Ministero dell'interno d'intesa con il Ministero per le Attività o i Beni Culturali. Prima di allora occorre l'autorizzazione ad personam del Ministero dell'Interno, che può concederla per scopi storici. Ma tali documenti conservano il loro carattere riservato e non possono essere diffusi.
Non possono essere consultati liberamente prima di 40 anni dalla loro data anche quei documenti contenenti dati sensibili e dati relativi a provvedimenti di natura penale espressamente indicati dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali.
Il Codice della Privacy stabilisce che il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di enti pubblici economici è consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili.
Ma se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare il termine è di 70 anni.
I dati sensibili sono quei "dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.(Codice della Privacy ).
Virginia Giuliano
-------------------------------------------------
Cataniaoggi
http://www.cataniaoggi.com
Sunday, June 27, 2010
Mille volte niente di Emma La Spina
Mille volte niente è il secondo libro autobiografico di Emma La Spina , il
prosieguo del primo Il suono dei Mille silenzi.
Il primo narra la vita di Emma in un orfanotrofio di Catania fino al
raggiungimento della maggiore età.
Il secondo prosegue il racconto dopo l’uscita dal collegio, che ha dovuto
lasciare, impreparata del tutto ad affrontare questa realtà per lei del tutto
nuova.
E’ come se ella sia nata a nuova vita, dopo un parto violento e improvviso, ed
ad accoglierla non vi siano le braccia della madre, pronta ad instradarla e
guidarla sin dai primi gemiti, ma una strada, una piazza sconosciuta con
panchine fredde e con sguardi, alle volte, malevoli, altre, indifferenti o
distratti dei passanti.
Resta lì sbigottita ed affamata, passa una sua compagna, chiede un aiuto
negato, la famiglia della ragazza è povera.
Si ricorda di giovani conosciuti e con un espediente telefona, finchè ne
trova uno disposto ad ospitarla.
La conduce a casa sua, una famiglia indigente, tutti devono contribuire alle
spese familiari; il ragazzo la ospita nel suo stesso letto nella stanza
condivisa col fratello.
Non vi è posto per i sentimenti, bisogna pensare alla sopravvivenza, sembra di
vivere le scene descritte e di sentire le voci della casa e della strada.
Si ritrova sposa di un marito distratto e non complice, sola in mezzo ad un
mondo dove è giunta per caso e necessità e che non gli appartiene.
E’ descritta una Catania degradata, ignorante, lasciata a se stessa,
dimenticata, lontana dai quartieri eleganti, si fa per dire, del centro.
E’ come se fosse invisibile, non conosciuta dai più, ed, invece, dovrebbe
essere particolarmente attenzionata soprattutto dalla classe politica ed
amministrativa locale, perché è molto vasta, non basta lasciarla alla carità,
non è sufficiente dare qualche posto precario e lo sforzo sovrumano di un
Antonio Presti, un grande mecenate che cerca di far acquistare la dignità, il
rispetto di sè e degli altri ad un quartiere con un tasso elevaio di
delinquenza, Librino, più esteso, da solo, dell’altra Catania.
Emma mette in particolare evidenza le difficoltà dei senza tetto,senza una
residenza è negata l’assistenza sanitaria , ( a Catania non esiste, ma potrebbe
essere creata, una strada immaginaria dove dare la residenza agli apolidi come
i barboni, a Roma è stata creata, suggerisce la scrittrice nella prima
presentazione del libro) .
Nel seguito della sua narrazione, mette in luce e parla, per essere stata
protagonista o testimone, dei pericoli gravissimi, in cui incorrono le persone
in stato di bisogno, le violenze e lo sfruttamento,il lavoro in nero , gli
abusi sessuali, la pedofilia, la prostituzione,la droga, la mancanza di una
vera assistenza delle ragazze madri; sì esistono le case famiglie, ma le ragazze vivono nell’indigenza, devono andare a lavorare ed hanno problemi a
lasciare i figli, a cui devono accudire.
Un’umanità senza scrupoli e senza il minimo senso di amore si accosta a
loro. Questa è la storia non solo di Emma, madre coraggio che lotta con
immenso amore per tenere con sè i suoi quattro figli e per dargli un futuro
dignitoso, ma anche dei suoi fratelli e sorelle, anch’essi abbandonati dalla
madre. Solo un fratello riesce a diventare avvocato, ed Emma, alla fine, scrittrice,
ma tutto questo dopo mille sofferenze e grazie alla sua volontà, tenacia, alto
senso di amore e civico innato, non certo insegnato.
Il libro è dedicato alle sue compagne meno fortunate e ai suoi figli tutti
ugualmente amati, a cui avrebbe voluto dare una vita serena.
Per tutti loro continua la sua difficoltosa opera, senza stancarsi mai, l’
autobiografia è stato scritta non per denunciare, la denuncia da sola sarebbe
sterile, ma per spingere ad un cambiamento possibile, fiduciosa com’è,
nonostante tutto. Non nutre rancore ,ma amore. E’ un libro di grande valore
sociale
prosieguo del primo Il suono dei Mille silenzi.
Il primo narra la vita di Emma in un orfanotrofio di Catania fino al
raggiungimento della maggiore età.
Il secondo prosegue il racconto dopo l’uscita dal collegio, che ha dovuto
lasciare, impreparata del tutto ad affrontare questa realtà per lei del tutto
nuova.
E’ come se ella sia nata a nuova vita, dopo un parto violento e improvviso, ed
ad accoglierla non vi siano le braccia della madre, pronta ad instradarla e
guidarla sin dai primi gemiti, ma una strada, una piazza sconosciuta con
panchine fredde e con sguardi, alle volte, malevoli, altre, indifferenti o
distratti dei passanti.
Resta lì sbigottita ed affamata, passa una sua compagna, chiede un aiuto
negato, la famiglia della ragazza è povera.
Si ricorda di giovani conosciuti e con un espediente telefona, finchè ne
trova uno disposto ad ospitarla.
La conduce a casa sua, una famiglia indigente, tutti devono contribuire alle
spese familiari; il ragazzo la ospita nel suo stesso letto nella stanza
condivisa col fratello.
Non vi è posto per i sentimenti, bisogna pensare alla sopravvivenza, sembra di
vivere le scene descritte e di sentire le voci della casa e della strada.
Si ritrova sposa di un marito distratto e non complice, sola in mezzo ad un
mondo dove è giunta per caso e necessità e che non gli appartiene.
E’ descritta una Catania degradata, ignorante, lasciata a se stessa,
dimenticata, lontana dai quartieri eleganti, si fa per dire, del centro.
E’ come se fosse invisibile, non conosciuta dai più, ed, invece, dovrebbe
essere particolarmente attenzionata soprattutto dalla classe politica ed
amministrativa locale, perché è molto vasta, non basta lasciarla alla carità,
non è sufficiente dare qualche posto precario e lo sforzo sovrumano di un
Antonio Presti, un grande mecenate che cerca di far acquistare la dignità, il
rispetto di sè e degli altri ad un quartiere con un tasso elevaio di
delinquenza, Librino, più esteso, da solo, dell’altra Catania.
Emma mette in particolare evidenza le difficoltà dei senza tetto,senza una
residenza è negata l’assistenza sanitaria , ( a Catania non esiste, ma potrebbe
essere creata, una strada immaginaria dove dare la residenza agli apolidi come
i barboni, a Roma è stata creata, suggerisce la scrittrice nella prima
presentazione del libro) .
Nel seguito della sua narrazione, mette in luce e parla, per essere stata
protagonista o testimone, dei pericoli gravissimi, in cui incorrono le persone
in stato di bisogno, le violenze e lo sfruttamento,il lavoro in nero , gli
abusi sessuali, la pedofilia, la prostituzione,la droga, la mancanza di una
vera assistenza delle ragazze madri; sì esistono le case famiglie, ma le ragazze vivono nell’indigenza, devono andare a lavorare ed hanno problemi a
lasciare i figli, a cui devono accudire.
Un’umanità senza scrupoli e senza il minimo senso di amore si accosta a
loro. Questa è la storia non solo di Emma, madre coraggio che lotta con
immenso amore per tenere con sè i suoi quattro figli e per dargli un futuro
dignitoso, ma anche dei suoi fratelli e sorelle, anch’essi abbandonati dalla
madre. Solo un fratello riesce a diventare avvocato, ed Emma, alla fine, scrittrice,
ma tutto questo dopo mille sofferenze e grazie alla sua volontà, tenacia, alto
senso di amore e civico innato, non certo insegnato.
Il libro è dedicato alle sue compagne meno fortunate e ai suoi figli tutti
ugualmente amati, a cui avrebbe voluto dare una vita serena.
Per tutti loro continua la sua difficoltosa opera, senza stancarsi mai, l’
autobiografia è stato scritta non per denunciare, la denuncia da sola sarebbe
sterile, ma per spingere ad un cambiamento possibile, fiduciosa com’è,
nonostante tutto. Non nutre rancore ,ma amore. E’ un libro di grande valore
sociale
Monday, November 02, 2009
Fiumara d’Arte. La porta della bellezza. Antonio Presti Un grande uomo per Librino
Ho conosciuto Antonio Presti parecchi anni fa, a Marina di Tusa, un paese della Sicilia stretto tra mare e monti, i Nebrodi, conosciuto un tempo per la lavorazione delle acciughe. Quivi Antonio ha costruito un albergo, l’Atelier Sul Mare, ma non è un albergo comune, perché ospita al suo interno opere d’arte di pittori e scultori,ogni stanza è a tema. Non solo ma ha sparso sulla riva del mare, sul letto del fiume che scende dai monti e in varie campagne attorno al paese delle grandi sculture di artisti famosi italiani e stranieri, il tutto con l’impiego del suo patrimonio ed attirando ,così su Tusa ,un paese bello, ma turisticamente poco conosciuto, grande quantità di turisti.Ha organizzato giri turistici anche nelle zone circostanti, facendo conoscere l’artigianato locale, soprattutto i ceramisti . Ma come spesso avviene nella vita, la gente di Tusa non è stata riconoscente al suo benefattore e così, dopo spiacevoli vicende, Antonio si è trasferito a Catania, pur lasciando a Tusa l’Atelier. Ma egli è un mecenate e benefattore per vocazione e,così la sua attenzione si è posta su Librino, una città satellite di Catania , di circa 100.000 abitanti, progettata da un grande architetto giapponese,Kenzo Tange, disegnata con viali, palazzi, zona a verde, ma fin oggi mancante delle infrastrutture necessarie a qualsiasi zona abitata: le fogne sono state fatte da poco, i viali pure, mancano i negozi,le palestre, le banche ,luoghi di aggregazioni sociali, vi è un piccolo comando di polizia, delle case popolari fatiscenti e sovraffollate, molto abusivismo, alcuni bar ,negozi di genere alimentari, macellerie, delle chiese nei piani terra dei palazzi, case di cooperative di impiegati, qualche scuola secondaria, non un liceo, non un istituto professionale. Buona parte della gente che vi abita, soprattutto, nella parte arte alta della città è povera e semianalfabeta, disoccupata anche se non tutta naturalmente, ha bisogno di tutto, perciò è facilmente preda della malavita, parecchi bambini sono utilizzati sia per il lavoro nero che per lo spaccio, questa fetta di abitanti non hanno fiducia in loro stessi, sono convinti che non possono fare altro che chiedere a chi può..Ma Antonio ha fatto una scommessa , quella di ridare dignità e fiducia a loro, di abituarli a fare, a donare e non a chiedere per non essere più vittime inconsapevoli. E così dopo aver organizzato varie manifestazioni a Librino per attirare l’attenzione sui bisogni di questa città, ha realizzato una grande opera con la partecipazione degli abitanti del luogo, La Porta della Bellezza .Esso è un monumento realizzato con oltre 9000 formelle di terracotta, realizzato da circa 2000 bambini delle scuole di Librino, sotto la guida di artisti incaricati alla realizzazione del progetto sul muro del cavalcavia di un grande asse attrezzato che divide in due il viale principale di Librino, lasciando il passaggio tra una parte e l’altra tramite una porta ora divenuta della bellezza. Il Monumento è dedicato alla Grande Madre, presso i popoli africani il Sole, come fonte di vita, sotto una delle rappresentazioni della grande madre le formelle con i volti dei bimbi e con una loro frase ispirata al tema , sotto un’altra i volti delle madri di Librino. L’opera fa parte di un altro più ambizioso progetto il Museo all’aperto di arte contemporanea” Terzo occhio Meridiani di Luce”, che dovrebbe ricoprire le facciate dei Palazzi di Librino con gigantografie e proiezioni video , questa opera dovrebbe essere realizzata d’artisti con l’apporto dei padri di Librino, molti nelle carceri. E così Antonio è riuscito a d attirare su Librino anche l’attenzione di registi quale Roberta Torre che in questi giorni sta realizzando un film con gli abitanti del quartiere, Grazie Antonio
Thursday, October 22, 2009
Il suono di mille silenzi di Emma La Spina Edizioni Piemme
I
E’ un libro autobiografico scritto col cuore da una donna che nella sua infanzia non ha avuto amore, pur sempre cercandolo e desiderandolo. Emma l’ha scritto perché vuol che il mondo , la società che vive indifferente, si fermi a d ascoltare, a riflettere e nella speranza che qualcosa domani possa cambiare. Ella è ormai quarantenne e finalmente trova il coraggio di raccontare la sua storia , che è stata comune a tante bimbe abbandonate in Istituto dalle madri o orfane (circa mille nel solo suo istituto).
Racconta della fame, della sete, del freddo, dei maltrattamenti subiti, delle punizioni corporali e psichiche, della costrizione al silenzio, ma soprattutto della sofferenza causata dal mondo circostante con la sua completa indifferenza, con la sua crudeltà; tutti tendono ad approfittare da questa situazione.
Non è un’orfanella, ma figlia di una signora benestante che , non si sa per quale ragione, ha messo al mondo diversi figli ed abbandonati in Istituti. Verrà a trovarla , ma non per darle amore, Emma la chiamerà la signora. Ella scopre di avere una sorella che vive nello stesso collegio, ed, invano, da lei chiederà amore, la sorella, chiamata nel libro Clotilde, la rifiuta, perché somiglia alla madre e, soprattutto, perchè è difficile per una bimba che non ha ricevuto amore, dare amore. Emma si strugge ed un giorno, per protesta, decide di non parlare, col risultato di essere sottoposta a tre sedute di elettrochoc; è spaventata , non sa se preferire la cosiddetta cura per la finta malattia o la punizione delle suore, alla fine farà finta di guarire. E’ una bimba che fino a grandicella,nei momenti di paura o di difficoltà,si fa la pipì addosso e che per questo verrà punita ed umiliata, nessuno si domanda perché e si preoccupa di lei, mai una carezza, una parola di conforto.
E’ un libro interessante, narrato con dovizie di particolari, e,sopratutto, è una testimonianza scritta di ciò che succedeva in parecchi collegi per ragazze abbandonate, e pare che, purtroppo, nelle comunità la situazione non sia cambiata, nella completa indifferenza della istituzioni religiose e statali.
Le bambine sono un peso, ma da cui si può trarre lucro.
Alla fine a diciotto anni vengono buttate fuori senza preavviso, dopo averle fatte vivere pressocchè isolate.
Prima di allora sono uscite solo poche volte: per andare a scuola, ma senza libri, carte e penne,o quando la madre o altro parente, le ha portate fuori (nel caso di Emma poche volte in tutto e mai l’uscita è stata piacevole, ma solo fonte di ulteriore dispiacere) e verso i quattordici anni ,nei mesi estivi per prestare servizio come domestiche 24 ore su 24 presso famiglie benestanti con paga misera, invisibili per tutti, tranne per i mariti o figli famelici, che, appena possono,non visti, cercano di possederle. A diciotto anni, dicevamo, vengono buttate fuori senza preavviso, senza neanche poter salutare le compagne, che non devono sapere, la retta è finita per le suore o oggi per la comunità. E’ un dramma, non sanno come affrontare il mondo. E’ un dramma che si consuma in silenzio , nessuno ne parla, la società tutta, le istituzioni sanno e tacciono, impossibile non sapere,ma a nessuno importa ed invece devono interessarsi, fanno parte della società.In verità qualcosa si è fatto, hanno chiuso gli orfanotrofi, non ne esistono più le ruote, dove i bimbi grandicelli subivano dei danni permanenti, perché troppo strette. Ma dicono che, chiusi gli orfanotrofi , la situazione è poco cambiata, non fosse solo perché non vi è alcuna aiuto raggiunta la maggiore età, ed in molte comunità i ragazzi non sempre sono trattati come dovrebbero, visto che lo stato per ogni ragazzo paga la retta mensile. Amici politici di qualsiasi partito voi siate, interessatevi del problema .Questo libro l’ho letto con molta attenzione, perchè mi è rimasta sempre in mente in maniera indelebile quanto ho visto in un collegio di Troina ,dove io andavo da piccolina a studiare il piano. Vi erano le orfanelle, solo una riceveva affetto ed era in disparte rispetto alle altre, la madre a cui era stata affidata la teneva sempre vicina, le altre dovevano scopare e lavare le enormi scale e i corridoi , con dei secchi pesanti più grandi di loro, erano trattate come serve, il pomeriggio ricamavano e cucivano, non giocavano mai, uscivano solo per andare ai funerali,poichè le suore erano pagate, e per qualche processione santa. Un giorno ho assistito ad una scena di sgomento da parte di alcune che , divenute diciottenni, dovevano lasciare l’istituto senza sapere dove andare. Brava Emma forse qualcosa si smuoverà, c’è l’hai fatta , hai avuto tanta forza e coraggio.
E’ un libro autobiografico scritto col cuore da una donna che nella sua infanzia non ha avuto amore, pur sempre cercandolo e desiderandolo. Emma l’ha scritto perché vuol che il mondo , la società che vive indifferente, si fermi a d ascoltare, a riflettere e nella speranza che qualcosa domani possa cambiare. Ella è ormai quarantenne e finalmente trova il coraggio di raccontare la sua storia , che è stata comune a tante bimbe abbandonate in Istituto dalle madri o orfane (circa mille nel solo suo istituto).
Racconta della fame, della sete, del freddo, dei maltrattamenti subiti, delle punizioni corporali e psichiche, della costrizione al silenzio, ma soprattutto della sofferenza causata dal mondo circostante con la sua completa indifferenza, con la sua crudeltà; tutti tendono ad approfittare da questa situazione.
Non è un’orfanella, ma figlia di una signora benestante che , non si sa per quale ragione, ha messo al mondo diversi figli ed abbandonati in Istituti. Verrà a trovarla , ma non per darle amore, Emma la chiamerà la signora. Ella scopre di avere una sorella che vive nello stesso collegio, ed, invano, da lei chiederà amore, la sorella, chiamata nel libro Clotilde, la rifiuta, perché somiglia alla madre e, soprattutto, perchè è difficile per una bimba che non ha ricevuto amore, dare amore. Emma si strugge ed un giorno, per protesta, decide di non parlare, col risultato di essere sottoposta a tre sedute di elettrochoc; è spaventata , non sa se preferire la cosiddetta cura per la finta malattia o la punizione delle suore, alla fine farà finta di guarire. E’ una bimba che fino a grandicella,nei momenti di paura o di difficoltà,si fa la pipì addosso e che per questo verrà punita ed umiliata, nessuno si domanda perché e si preoccupa di lei, mai una carezza, una parola di conforto.
E’ un libro interessante, narrato con dovizie di particolari, e,sopratutto, è una testimonianza scritta di ciò che succedeva in parecchi collegi per ragazze abbandonate, e pare che, purtroppo, nelle comunità la situazione non sia cambiata, nella completa indifferenza della istituzioni religiose e statali.
Le bambine sono un peso, ma da cui si può trarre lucro.
Alla fine a diciotto anni vengono buttate fuori senza preavviso, dopo averle fatte vivere pressocchè isolate.
Prima di allora sono uscite solo poche volte: per andare a scuola, ma senza libri, carte e penne,o quando la madre o altro parente, le ha portate fuori (nel caso di Emma poche volte in tutto e mai l’uscita è stata piacevole, ma solo fonte di ulteriore dispiacere) e verso i quattordici anni ,nei mesi estivi per prestare servizio come domestiche 24 ore su 24 presso famiglie benestanti con paga misera, invisibili per tutti, tranne per i mariti o figli famelici, che, appena possono,non visti, cercano di possederle. A diciotto anni, dicevamo, vengono buttate fuori senza preavviso, senza neanche poter salutare le compagne, che non devono sapere, la retta è finita per le suore o oggi per la comunità. E’ un dramma, non sanno come affrontare il mondo. E’ un dramma che si consuma in silenzio , nessuno ne parla, la società tutta, le istituzioni sanno e tacciono, impossibile non sapere,ma a nessuno importa ed invece devono interessarsi, fanno parte della società.In verità qualcosa si è fatto, hanno chiuso gli orfanotrofi, non ne esistono più le ruote, dove i bimbi grandicelli subivano dei danni permanenti, perché troppo strette. Ma dicono che, chiusi gli orfanotrofi , la situazione è poco cambiata, non fosse solo perché non vi è alcuna aiuto raggiunta la maggiore età, ed in molte comunità i ragazzi non sempre sono trattati come dovrebbero, visto che lo stato per ogni ragazzo paga la retta mensile. Amici politici di qualsiasi partito voi siate, interessatevi del problema .Questo libro l’ho letto con molta attenzione, perchè mi è rimasta sempre in mente in maniera indelebile quanto ho visto in un collegio di Troina ,dove io andavo da piccolina a studiare il piano. Vi erano le orfanelle, solo una riceveva affetto ed era in disparte rispetto alle altre, la madre a cui era stata affidata la teneva sempre vicina, le altre dovevano scopare e lavare le enormi scale e i corridoi , con dei secchi pesanti più grandi di loro, erano trattate come serve, il pomeriggio ricamavano e cucivano, non giocavano mai, uscivano solo per andare ai funerali,poichè le suore erano pagate, e per qualche processione santa. Un giorno ho assistito ad una scena di sgomento da parte di alcune che , divenute diciottenni, dovevano lasciare l’istituto senza sapere dove andare. Brava Emma forse qualcosa si smuoverà, c’è l’hai fatta , hai avuto tanta forza e coraggio.
Tuesday, August 11, 2009
Viaggio sul gargano
Ci si prepara per partire. Giuseppe canta Un bacione a Firenze, anche se col nostro viaggio non c’entra niente. Infatti andiamo sul Gargano. L’umore si fa quasi forzatamente positivo. Bisogna lasciare tutto in ordine a casa, nel senso che prima bisogna informare i fratelli ,in modo che pensino a fare qualche telefonata in più alla mamma e predisporre quanto occorre per il viaggio di Rosario in Giappone. Abbiamo voglia di dimenticare il nostro faticosissimo recente passato, ma non è facile Si parte per Messina. Ai traghetti nell’attesa una coppia anziana si abbraccia. Vi è una discreta fila. Un uomo curvo, col telefonino in mano, fa la sua telefonata, la prima delle tante della giornata. Giuseppe mi vede scrivere, ma non chiede nulla per discrezione, un vu cumprà vende tamburelli siciliani, un altro cappelli per il sole. I biglietti per la traversata a/r costano fino a quattro giorni trenta euro, fino a 90, non si capisce perché, 50.
Lasciamo la bella Messina , città di mare e di grande traffico. Tutto passa dallo stretto. Essa è stata ricostruita dopo il terremoto dei primi del novecento. Il suo passato è stato di colpo quasi tutto cancellato. Ancora in periferia esistono delle baraccopoli, incredibile ,ma vero. Sembra una città di commercianti ed invece a Messina vi è il priorato della Massoneria, che è stato spostato da Malta. Quindi è una città piena di misteri. Nello Stretto vi sono le faglie, le placche continentali si scontrano e scaricano la loro enorme energia. Questa è una zona calda, gli abitanti, come gli etnei, risentono del fuoco dell’Etna, è gente abituata da sempre alla radioattività sopra la norma del vulcano “U Mungibennu”. Gli abitanti dei territori vulcanici dalle nostre parti si sentono quasi protetti dal grande fuoco, che distrugge, rigenera, non ne hanno paura , ma rispetto; gli stromboliani, che abitano sul cono di un grande vulcano sottomarino, non fanno caso ai continui tremori della terra, il vulcano non fa niente, dicono, a dispetto di tutte le opinioni degli scienziati.
L’Etna ,immensa e maestosa, con i suoi mille aspetti, appare diversa a secondo di dove la si guardi. E’ bellissima in tutte le stagioni con i suoi cangianti colori: nero della lava rassodata ,rosso della lava incandescente, marò delle foglie tremule degli alberi in autunno, giallo delle ginestre fiorite, verde dei prati e dei boschi. Essa è tranquilla e d’un tratto sbotta e fa saltare tutto per aria. Ho camminato sulla lava rassodata ed ancora fumante, sotto, dalle fessure, si scorge il fuoco, la lava incandescente. Si sente ancora il crepitio degli alberi che ardono, si vedono dei rami secchi: un paesaggio spettrale.
Dopo aver attraversato la Calabria, superato Sibari, andando verso Taranto, vi è una costa bellissima di ghiaia, lunga chilometri . La strada costeggia il mare azzurro, separata dalla ferrovia. Le spiagge sono quasi deserte . Ci fermiamo a Pistacchi, dove la spiaggia è sabbiosa per un bagno ristoratore, il gran caldo ci accompagnerà fino al ritorno. Temperature vicine ai quaranta gradi ed oltre. Quindi ripartiamo ed andiamo a Siponto, la città che poi è stata ricostruita in un sito vicino con il nome di Manfredonia. Appena giunti, visitiamo l’antica basilica di S. Maria Maggiore, il migliore esempio di stile romanico- pugliese, con forma di cubi sovrapposti,sovrastati da una cupola.
S trova nella zona archeologica, dove si conservano tra l’altro i resti di un teatro, delle terme ed un ipogeo, accanto i resti di una basilica paleocristiana costruita su un tempio di Diana; della basilica si conservano i mosaici con disegni geometrici.La cripta del 1200 sorregge con le sue ventiquattro colonne la basilica sovrastante, accanto un pozzo, da cui si rifornivano i viaggiatori romani . Nella basilica ,cioè al II livello, vi è un pregevole quadro di epoca bizantina raffigurante la Madonna col bambino, mentre nelle pareti circolari i sarcofaghi. Dopo la visita ci rechiamo in un convento , dove troviamo alloggio, alle porte di Siponto, I prezzi sono modici 30 euro con la prima colazione.
A Manfredonia vi è il porto, una passeggiata lungo il molo, un centro vivace in pietra calcarea bianca. Il nome della città è dovuta al suo costruttore, Manfredi. Il castello Svevo- Angioino è stato costruito quale fortezza da Manfredi, completato dagli Angioini e ritoccato dagli Aragonesi. Sotto Manfredi la città era porto franco, dotata di una zecca, città di regio diritto. Dopo l’invasione dei turchi nel 1620 Manfredonia non prosperò più. Non siamo andati a visitare il convento di San Leonardo in Lama Volare, ai tempi dei Franchi ospizio per i pellegrini, al pari di quelli francesi sulla via franchigena di Santiago di Campostela. L’indomani saliamo a Monte Sant’Angelo, chiamato così per la grotta di San Michele Arcangelo ,dove si dice sia apparso l’arcangelo, che ha lasciato in essa la impronta del piede. Dicono sia apparso in sogno a Manfredi. Adesso vi è una bella basilica a più livelli, la parte più antica corrisponde alla grotta, un vero e proprio gioiello architettonico, meta di pellegrinaggi. Nel momento in cui siamo andati a visitarla si celebrava la messa e si ricordava Santa Maria Maddalena, come in Francia, in queste zone vi è il culto della Maddalena. Accanto alla basilica, l’enorme castello fortezza con ponte levatoio, dove è nato Manfredi. Monte S. Angelo ,posto a nord di Manfredonia, ha delle case bianche con tetto spiovente, che si stagliano in altezza, poste una accanto all’altro , che danno al paese un aspetto particolare. Lasciamo il paese per recarci a circa 8 km nell’antica Abbazia di Pulsano,dei monaci scalzi, ordine povero dei benedettini, costruita da Gregorio Magno. Attorno le grotte degli eremiti, l’abbazia è stata soppressa, abbandonata, successivamente è stata ripresa e restaurata dagli stessi monaci. L’ abbazia di Pulsano si trova nella cosiddetta via longobarda dei pellegrini. Vi è una ricca biblioteca, una scuola di iconografia sacra e una di letture sante. In essa bisogna rispettare la regola del silenzio. Al momento della visita sono riuniti monaci e discepoli nella piccola cappella per lo studio della bibbia. Si parte verso San Giovanni Rotondo per la visita del sepolcro di padre Pio, accanto al magnifico ospedale. Nella costruzione, prima di accedere alla camera sepolcrale, vi è il racconto, attraverso gli oggetti, della vita del Santo, che viveva in un umile cella. In una parete sono conservate le epistole. Padre Pio espletava ,attraverso di esse, la sua funzione di guida spirituale. Dappertutto vi sono le sue foto, gli occhi esprimono intelligenza e, a volte, grande travaglio interiore, altre gioia. Nella camera sepolcrale vi è il corpo del Santo con una maschera di cera. Dopo la visita scendiamo a Mattinata ,un centro turistico tutto bianco, nella vicinanze delle coste bellissime e poi di ritorno al convento per la cena frugale. L’indomani si parte per una escursione nella foresta umbra, un parco, pieno di verde, alberi di alto fusto,con dei laghi, dove si potrebbero incontrare cervi e gazzelle. Dalla foresta dopo un’escursione a piedi scendiamo alla volta della costa, ci attende Vieste, bellissima con le sue coste piene di verde, grotte e calette e poi Peschicci, veri e propri gioielli del Gargano ,con innumerevoli campeggi e alberghi sul mare. Decidiamo di proseguire fino a Rodi , qui il paesaggio varia, il paese è meno sviluppato turisticamente, usciamo fuori e ci fermiamo in un campeggio che dall’alto scende fino al mare la cui costa è ora sabbiosa. Il campeggio è bellissimo, pieno di ulivi, piazziamo la nostra tenda sotto un albero, e scendiamo sulla spiaggia. Il campeggio è dotato di un albergo e di bungalow alquanto graziosi che affittano a settimana. La camera in albergo costa poco 80 euro per notte, ma decidiamo di stare a contatto con la terra, scegliamo la tenda.Ci attende un meraviglioso bagno al tramontare del sole, il mare è argenteo ed irradiato dall’ultimo fascio di luce. Il sole rosso tramonta sull’acqua.
Risaliamo lungo i viali alberati,accompagnati dal canto di migliaia di cicale, una doccia e una cena nel ristorante del campeggio. Poi ascoltiamo forzatamente della musica, purtroppo nel campeggio c’è una pessima animazione fino a mezzanotte e stiamo fino a tarda notte sulle sdraie della piscina. Vi è un caldo infernale, la tenda è infuocata, non vi si può dormire dentro. Per un po’ ci fanno compagnia dei napoletani , un po’ chiassosi. Ma verso le tre di notte vado a dormirvi.
L’indomani mi sveglio presto, un passerotto scende dall’albero e mi guarda, mi riconosce come un suo simile ,un abitante della campagna. Dopo una doccia ci rechiamo al porto per prendere l’aliscafo per le Tremiti. Finalmente la mia curiosità sarà appagata. Sono 5 isole di natura calcaree, che fanno parte una riserva naturale marina: San Domino, San Nicola, Capraia, Cretaccio e Pianosa. Scendiamo a San Nicola ed una barca ci accompagnerà alla lussureggiante San Domino piena di pini ,di viali, di calette: è tutta verde e bellissima. Dopo un breve giro ed un bagno ritorniamo a San Nicola, visitiamo la fortezza abbazia ed il villaggio attorno. Quindi nel pomeriggio facciamo rientro sulla terra ferma. L’indomani, in una giornata infuocata, prendiamo la via del ritorno, giungiamo a Trani e visitiamo la bellissima cattedrale vicino il mare, poi proseguiamo, ma di lì a poco ci fermiamo per un bagno, fa troppo caldo 45 gradi. circa, attraversiamo la calabria, i cui boschi bruciano, ovunque odore di fumo, ci fermiamo a Falena per un altro bagno e poi via per le montagne. D’un tratto, prima di arrivare a Villa in Aspromonte, la temperatura si abbassa repentinamente ed una fitta nebbia ci costringe a rallentare la nostra corsa. Poi la nebbia si dirada, siamo giunti sullo stretto, ci imbarchiamo e facciamo ritorno dopo circa 10 ore di viaggio e quasi 1000 km a San Gregorio. Ma siamo riusciti in parte nel nostro intento, allontanare il nostro passato recente fatto di angosce e preoccupazioni, per ricominciare a vivere, si spera, con maggiore serenità.
Lasciamo la bella Messina , città di mare e di grande traffico. Tutto passa dallo stretto. Essa è stata ricostruita dopo il terremoto dei primi del novecento. Il suo passato è stato di colpo quasi tutto cancellato. Ancora in periferia esistono delle baraccopoli, incredibile ,ma vero. Sembra una città di commercianti ed invece a Messina vi è il priorato della Massoneria, che è stato spostato da Malta. Quindi è una città piena di misteri. Nello Stretto vi sono le faglie, le placche continentali si scontrano e scaricano la loro enorme energia. Questa è una zona calda, gli abitanti, come gli etnei, risentono del fuoco dell’Etna, è gente abituata da sempre alla radioattività sopra la norma del vulcano “U Mungibennu”. Gli abitanti dei territori vulcanici dalle nostre parti si sentono quasi protetti dal grande fuoco, che distrugge, rigenera, non ne hanno paura , ma rispetto; gli stromboliani, che abitano sul cono di un grande vulcano sottomarino, non fanno caso ai continui tremori della terra, il vulcano non fa niente, dicono, a dispetto di tutte le opinioni degli scienziati.
L’Etna ,immensa e maestosa, con i suoi mille aspetti, appare diversa a secondo di dove la si guardi. E’ bellissima in tutte le stagioni con i suoi cangianti colori: nero della lava rassodata ,rosso della lava incandescente, marò delle foglie tremule degli alberi in autunno, giallo delle ginestre fiorite, verde dei prati e dei boschi. Essa è tranquilla e d’un tratto sbotta e fa saltare tutto per aria. Ho camminato sulla lava rassodata ed ancora fumante, sotto, dalle fessure, si scorge il fuoco, la lava incandescente. Si sente ancora il crepitio degli alberi che ardono, si vedono dei rami secchi: un paesaggio spettrale.
Dopo aver attraversato la Calabria, superato Sibari, andando verso Taranto, vi è una costa bellissima di ghiaia, lunga chilometri . La strada costeggia il mare azzurro, separata dalla ferrovia. Le spiagge sono quasi deserte . Ci fermiamo a Pistacchi, dove la spiaggia è sabbiosa per un bagno ristoratore, il gran caldo ci accompagnerà fino al ritorno. Temperature vicine ai quaranta gradi ed oltre. Quindi ripartiamo ed andiamo a Siponto, la città che poi è stata ricostruita in un sito vicino con il nome di Manfredonia. Appena giunti, visitiamo l’antica basilica di S. Maria Maggiore, il migliore esempio di stile romanico- pugliese, con forma di cubi sovrapposti,sovrastati da una cupola.
S trova nella zona archeologica, dove si conservano tra l’altro i resti di un teatro, delle terme ed un ipogeo, accanto i resti di una basilica paleocristiana costruita su un tempio di Diana; della basilica si conservano i mosaici con disegni geometrici.La cripta del 1200 sorregge con le sue ventiquattro colonne la basilica sovrastante, accanto un pozzo, da cui si rifornivano i viaggiatori romani . Nella basilica ,cioè al II livello, vi è un pregevole quadro di epoca bizantina raffigurante la Madonna col bambino, mentre nelle pareti circolari i sarcofaghi. Dopo la visita ci rechiamo in un convento , dove troviamo alloggio, alle porte di Siponto, I prezzi sono modici 30 euro con la prima colazione.
A Manfredonia vi è il porto, una passeggiata lungo il molo, un centro vivace in pietra calcarea bianca. Il nome della città è dovuta al suo costruttore, Manfredi. Il castello Svevo- Angioino è stato costruito quale fortezza da Manfredi, completato dagli Angioini e ritoccato dagli Aragonesi. Sotto Manfredi la città era porto franco, dotata di una zecca, città di regio diritto. Dopo l’invasione dei turchi nel 1620 Manfredonia non prosperò più. Non siamo andati a visitare il convento di San Leonardo in Lama Volare, ai tempi dei Franchi ospizio per i pellegrini, al pari di quelli francesi sulla via franchigena di Santiago di Campostela. L’indomani saliamo a Monte Sant’Angelo, chiamato così per la grotta di San Michele Arcangelo ,dove si dice sia apparso l’arcangelo, che ha lasciato in essa la impronta del piede. Dicono sia apparso in sogno a Manfredi. Adesso vi è una bella basilica a più livelli, la parte più antica corrisponde alla grotta, un vero e proprio gioiello architettonico, meta di pellegrinaggi. Nel momento in cui siamo andati a visitarla si celebrava la messa e si ricordava Santa Maria Maddalena, come in Francia, in queste zone vi è il culto della Maddalena. Accanto alla basilica, l’enorme castello fortezza con ponte levatoio, dove è nato Manfredi. Monte S. Angelo ,posto a nord di Manfredonia, ha delle case bianche con tetto spiovente, che si stagliano in altezza, poste una accanto all’altro , che danno al paese un aspetto particolare. Lasciamo il paese per recarci a circa 8 km nell’antica Abbazia di Pulsano,dei monaci scalzi, ordine povero dei benedettini, costruita da Gregorio Magno. Attorno le grotte degli eremiti, l’abbazia è stata soppressa, abbandonata, successivamente è stata ripresa e restaurata dagli stessi monaci. L’ abbazia di Pulsano si trova nella cosiddetta via longobarda dei pellegrini. Vi è una ricca biblioteca, una scuola di iconografia sacra e una di letture sante. In essa bisogna rispettare la regola del silenzio. Al momento della visita sono riuniti monaci e discepoli nella piccola cappella per lo studio della bibbia. Si parte verso San Giovanni Rotondo per la visita del sepolcro di padre Pio, accanto al magnifico ospedale. Nella costruzione, prima di accedere alla camera sepolcrale, vi è il racconto, attraverso gli oggetti, della vita del Santo, che viveva in un umile cella. In una parete sono conservate le epistole. Padre Pio espletava ,attraverso di esse, la sua funzione di guida spirituale. Dappertutto vi sono le sue foto, gli occhi esprimono intelligenza e, a volte, grande travaglio interiore, altre gioia. Nella camera sepolcrale vi è il corpo del Santo con una maschera di cera. Dopo la visita scendiamo a Mattinata ,un centro turistico tutto bianco, nella vicinanze delle coste bellissime e poi di ritorno al convento per la cena frugale. L’indomani si parte per una escursione nella foresta umbra, un parco, pieno di verde, alberi di alto fusto,con dei laghi, dove si potrebbero incontrare cervi e gazzelle. Dalla foresta dopo un’escursione a piedi scendiamo alla volta della costa, ci attende Vieste, bellissima con le sue coste piene di verde, grotte e calette e poi Peschicci, veri e propri gioielli del Gargano ,con innumerevoli campeggi e alberghi sul mare. Decidiamo di proseguire fino a Rodi , qui il paesaggio varia, il paese è meno sviluppato turisticamente, usciamo fuori e ci fermiamo in un campeggio che dall’alto scende fino al mare la cui costa è ora sabbiosa. Il campeggio è bellissimo, pieno di ulivi, piazziamo la nostra tenda sotto un albero, e scendiamo sulla spiaggia. Il campeggio è dotato di un albergo e di bungalow alquanto graziosi che affittano a settimana. La camera in albergo costa poco 80 euro per notte, ma decidiamo di stare a contatto con la terra, scegliamo la tenda.Ci attende un meraviglioso bagno al tramontare del sole, il mare è argenteo ed irradiato dall’ultimo fascio di luce. Il sole rosso tramonta sull’acqua.
Risaliamo lungo i viali alberati,accompagnati dal canto di migliaia di cicale, una doccia e una cena nel ristorante del campeggio. Poi ascoltiamo forzatamente della musica, purtroppo nel campeggio c’è una pessima animazione fino a mezzanotte e stiamo fino a tarda notte sulle sdraie della piscina. Vi è un caldo infernale, la tenda è infuocata, non vi si può dormire dentro. Per un po’ ci fanno compagnia dei napoletani , un po’ chiassosi. Ma verso le tre di notte vado a dormirvi.
L’indomani mi sveglio presto, un passerotto scende dall’albero e mi guarda, mi riconosce come un suo simile ,un abitante della campagna. Dopo una doccia ci rechiamo al porto per prendere l’aliscafo per le Tremiti. Finalmente la mia curiosità sarà appagata. Sono 5 isole di natura calcaree, che fanno parte una riserva naturale marina: San Domino, San Nicola, Capraia, Cretaccio e Pianosa. Scendiamo a San Nicola ed una barca ci accompagnerà alla lussureggiante San Domino piena di pini ,di viali, di calette: è tutta verde e bellissima. Dopo un breve giro ed un bagno ritorniamo a San Nicola, visitiamo la fortezza abbazia ed il villaggio attorno. Quindi nel pomeriggio facciamo rientro sulla terra ferma. L’indomani, in una giornata infuocata, prendiamo la via del ritorno, giungiamo a Trani e visitiamo la bellissima cattedrale vicino il mare, poi proseguiamo, ma di lì a poco ci fermiamo per un bagno, fa troppo caldo 45 gradi. circa, attraversiamo la calabria, i cui boschi bruciano, ovunque odore di fumo, ci fermiamo a Falena per un altro bagno e poi via per le montagne. D’un tratto, prima di arrivare a Villa in Aspromonte, la temperatura si abbassa repentinamente ed una fitta nebbia ci costringe a rallentare la nostra corsa. Poi la nebbia si dirada, siamo giunti sullo stretto, ci imbarchiamo e facciamo ritorno dopo circa 10 ore di viaggio e quasi 1000 km a San Gregorio. Ma siamo riusciti in parte nel nostro intento, allontanare il nostro passato recente fatto di angosce e preoccupazioni, per ricominciare a vivere, si spera, con maggiore serenità.
Saturday, December 13, 2008
Viaggio a Berlino
Cari amici sono partita di nuovo, stavolta la mia meta è stata Berlino.
Un breve viaggio, i giorni a mia disposizione sono stati veramente pochi.
I Berlinesi sono persone veramente in gamba, che non si arrendono di fronte
all’avversità, il ricordo della guerra e delle sue conseguenze negative è
ancora molto forte, è dell’altro giorno la notizia che un uomo di quarantadue
anni ha staccato la testa alla statua di cera di Hitler, perché contro la
guerra e le atrocità commesse. I berlinesi hanno pagato con la distruzione
della propria città ed in termini di vita umane e di dilaniazione degli
affetti, ma hanno saputo reagire con serietà e determinazione. sottoponendosi a
grandi sforzi economici per la ricostruzione, hanno rifatto chiese, monumenti,
palazzi, castelli e conciliato mirabilmente l’architettura antica con quella
moderna.La città è piena di vita, di luci, di attività culturali, concerti di
vario genere, mostre , musei, festivales, parchi, laghi, canali,luoghi di
memorie storiche, non si finisce mai di stupirsi. Berlino è multienica e varie
religioni coesistono sullo stesso territorio, ma questo spirito di accoglienza
fattiva ( sono state creste scuole per l’integrazione degli immigrati e dati
aiuti alle famiglie), è stato annientato in un momento da un uomo, Hitler, il
cui ricordo brucia ancora. E tutto ciò si sente nell’aria.e dà ad essa un’aria
di mestizia, nonostante le belle giornate estive ed il canto degli uccelli nei
parchi.
Ancora per la verità nelle strade si incontrano dei giovani nuveaux nazisti,
ma sono per fortuna una sparuta minoranza. Le birrerie non sono così festose
come in Baviera, mentre i monumenti pubblici e le strade sono fastosi, non così
le abitazioni dei privati, piuttosto modeste villette di lavoratori onesti e
indefessi, il senso del pubblico e del collettivo prevale sul privato, la gente
veste con sobrietà e con un poco di cattivo gusto, anche l’arredamento delle
case ne risente. E la città nel suo complesso che deve far bella mostra di sé,
non il singolo, non c’è vana gloria a differenza della Italia, gli italiani
forse per il loro modo di fare in generale, però, non sembrano essere
particolarmente ben visti. E se prendessimo esempio dalla serietà della
Germania, forse avremmo qualche speranza di farcerla nonostante tutto. Ah
dimenticavo ho visto delle carrozzine in città con dei bambini, in Italia non
se ne vedono più, se non qualcuna. Stanno facendo una politica che tenga conto
dei giovani ai quali danno una speranza futura? I nostri figli sono
scoraggiati, pensano che, se vorranno crearsi un futuro, devono emigrare,
lasciare la loro bellissima terra per loro divenuta inospitale, Ed in Italia
fra qualche anno chi rimarrà? Solo vecchi ricchi non in grado di badare a loro
stessi, tutto ciò mi suscita un’enorme tristezza. Ma a tutto ciò si può porre
rimedio, girando la corda pazza e facendo agire quella savia.
Un breve viaggio, i giorni a mia disposizione sono stati veramente pochi.
I Berlinesi sono persone veramente in gamba, che non si arrendono di fronte
all’avversità, il ricordo della guerra e delle sue conseguenze negative è
ancora molto forte, è dell’altro giorno la notizia che un uomo di quarantadue
anni ha staccato la testa alla statua di cera di Hitler, perché contro la
guerra e le atrocità commesse. I berlinesi hanno pagato con la distruzione
della propria città ed in termini di vita umane e di dilaniazione degli
affetti, ma hanno saputo reagire con serietà e determinazione. sottoponendosi a
grandi sforzi economici per la ricostruzione, hanno rifatto chiese, monumenti,
palazzi, castelli e conciliato mirabilmente l’architettura antica con quella
moderna.La città è piena di vita, di luci, di attività culturali, concerti di
vario genere, mostre , musei, festivales, parchi, laghi, canali,luoghi di
memorie storiche, non si finisce mai di stupirsi. Berlino è multienica e varie
religioni coesistono sullo stesso territorio, ma questo spirito di accoglienza
fattiva ( sono state creste scuole per l’integrazione degli immigrati e dati
aiuti alle famiglie), è stato annientato in un momento da un uomo, Hitler, il
cui ricordo brucia ancora. E tutto ciò si sente nell’aria.e dà ad essa un’aria
di mestizia, nonostante le belle giornate estive ed il canto degli uccelli nei
parchi.
Ancora per la verità nelle strade si incontrano dei giovani nuveaux nazisti,
ma sono per fortuna una sparuta minoranza. Le birrerie non sono così festose
come in Baviera, mentre i monumenti pubblici e le strade sono fastosi, non così
le abitazioni dei privati, piuttosto modeste villette di lavoratori onesti e
indefessi, il senso del pubblico e del collettivo prevale sul privato, la gente
veste con sobrietà e con un poco di cattivo gusto, anche l’arredamento delle
case ne risente. E la città nel suo complesso che deve far bella mostra di sé,
non il singolo, non c’è vana gloria a differenza della Italia, gli italiani
forse per il loro modo di fare in generale, però, non sembrano essere
particolarmente ben visti. E se prendessimo esempio dalla serietà della
Germania, forse avremmo qualche speranza di farcerla nonostante tutto. Ah
dimenticavo ho visto delle carrozzine in città con dei bambini, in Italia non
se ne vedono più, se non qualcuna. Stanno facendo una politica che tenga conto
dei giovani ai quali danno una speranza futura? I nostri figli sono
scoraggiati, pensano che, se vorranno crearsi un futuro, devono emigrare,
lasciare la loro bellissima terra per loro divenuta inospitale, Ed in Italia
fra qualche anno chi rimarrà? Solo vecchi ricchi non in grado di badare a loro
stessi, tutto ciò mi suscita un’enorme tristezza. Ma a tutto ciò si può porre
rimedio, girando la corda pazza e facendo agire quella savia.
Sunday, December 07, 2008
Andando verso Santiago di Campostela partendo da Catania: improvvisazione di un viaggio, accadimenti fortuiti, coincidenze…
A settembre di questo anno (2008) con Giuseppe decidiamo di partire per 12
giorni per uno stacco dal solito tran tran quotidiano. Siamo molto impegnati,
non abbiamo il tempo di programmare , tutto è lasciato al caso, acquistiamo
però una guida Touring relativa al Cammino di Santiago de Campostela (luogo
della stella), pensando di percorrere una parte del Cammino Francese, primo
itinerario culturale europeo e patrimonio dell’Umanità. La cosa mi diverte,un
pò meno a Giuseppe che si lamenta. Nella quotidianità siamo costretti a vivere
le nostre giornate secondo ritmi già stabiliti e di ciò continuamente ci
lamentiamo. All’ultimo minuto Giuseppe decide e prenota l’aereo per Torino da
Catania e da Bergamo per Santander e a da qui una macchina per il viaggio fino
a Leòn e ritorno.
· I Tappa. Torino.
Vi ho abitato per circa un anno nel 1977. Appena arrivata mi accorgo che il
ricordo delle vie, un tempo a me familiari, si è sbiadito. Dobbiamo rimanervi
solo un giorno, cerchiamo di alloggiare all’ostello della Gioventù nei pressi
di viale Tovez, dove è sito tra l’altro l’austero collegio Sacro Cuore,
frequentato un tempo anche dagli Agnelli.
Ma nell’accogliente ostello non c’è posto, occorreva prenotare ,magari via e-
mail, ci spostiamo, quindi, in un albergo centrale modesto, siamo dei
pellegrini del XXI sec., vogliamo vivere con modestia, si fa per dire, il
nostro è un viaggio culturale e spirituale, anche se non cristiano, vogliamo
mettere alla prova noi stessi, almeno questa è la mia idea.
Dopo aver passeggiato per le vie del centro, in mezzo alle bancarelle piene
di interessantissimi libri anche antichi e rari, ci avviamo al Museo Egizio, il
secondo dopo quello del Cairo. Qui è conservato tra l’altro il papiro
contenente il cosiddetto Libro dei morti, la cui traduzione esatta è “Libro
per uscire al giorno”, contenente una serie di formule magiche religiose che
venivano recitate dal sacerdote lettore per aiutare il defunto nel suo viaggio
nell’aldilà, viaggio che lo doveva condurre, per essere giudicato da Osiride,
dio dei morti e poi verso la luce; sono formule e racconti incentrati sul
viaggio notturno del Dio Sole (nelle sue diverse manifestazioni) e della sua
lotta con le forze del male (tra cui Apofi) che tentano, nottetempo, di
fermarlo per non farlo risorgere al mattino.
Apofi, secondo gli antichi egizi, era la divinità del buio e del Caos, spesso
rappresentato con le sembianze di un serpente cobra, poteva essere combattuto e
reso innocuo, per un certo tempo, ma non distrutto rappresentando, nel continuo
conflitto con Ra, lo scontro ancestrale tra bene e male. Era necessario
l'intervento del dio-serpente Mehen e di Iside per garantire il proseguimento
del viaggio del Sole nella Dua,. Secondo la mitologia Apofi, dopo essere stato
domato dalle forze del bene, veniva incatenato e trafitto coi coltelli, il
sangue che sgorgava dalle sue ferite, tingeva i cieli mattutini di rosso.
Mehen, nella mitologia egizia, è il benefico dio-serpente, guardiano della
sacra barca solare di Ra ,Dio Sole, e il cui nome significa "colui che è
arrotolato. Iside è spesso simboleggiata da una vacca,che racchiude tra le
corna il Sole. Nell'iconografia è rappresentata anche come un falco o come una
donna con ali di uccello e simboleggia il vento. In forma alata è anche dipinta
sui sarcofaghi nell’atto di prendere l’anima tra le ali per condurla a nuova
vita. Solitamente viene raffigurata con un’uadi. Lo scettro uas era un bastone
con una forcella all'estremità inferiore e nella parte superiore, leggermente
ricurva, la testa stilizzata di un animale. Frequenti anche le rappresentazioni
della dea mentre allatta il figlio Horo. Nel Duat, aldilà, oltretomba, Osiride
pesava i cuori dei morti su un piatto della bilancia, mentre sull’altro vi era
una piuma. Le anime, che pesavano di più a causa dei peccati, venivano date in
pasto ad Ammit, mentre quelle che erano abbastanza leggere venivano mandate da
Aaru
Il libro dei morti , oltre che su papiro, è conservato raffigurato sulle
pareti delle piramidi o sui sarcofaghi. Una curiosità si sono trovati altri
libri della liturgia funeraria nelle tombe come la Litania di Ra, il Libro
delle porte, il Libro delleà caverne, il libro del paradiso, il libro della
terra.
Usciti dal Museo, presso un caffè, sorseggiamo la famosa cioccolata calda.
La sera camminiamo lungo le rive del Po’ e a piazza Castello.
· II Tappa Bergamo e Paesi Baschi
L’indomani ci rechiamo a Bergamo per prendere l’aereo per Santander, una
tappa del Cammino nord, ridente cittadina sulla riva nord dell’Atlantico,
capitale della Comunità Autonoma della Cantabria, sul golfo di Biscaglie, dove
fra l’altro vi è l’università dell’Opus Dei. Arriviamo all’aeroporto di sera e
per fortuna riusciamo a prelevare la macchina prenotata via internet, i prezzi
sono molto convenienti. Camminando per le vie del centro finalmente riusciamo
a trovare l’albergo, dopo molteplici giri troviamo un posto in un posteggio ad
ore. Andiamo in un’enoteca vicino l’albergo, che già stava per chiudere e ci
serve per dovere di ospitalità un piatto di formaggi e del vino, tutti gli
altri locali nelle vicinanze sono già chiusi e poi una passeggiata fino una
delle due chiese principali, la "Iglesia de la Anunciacion" del XVII, detta la
Compaňia, L’indomani, dopo una panoramica delle strade centrali , ci rechiamo
nella residenza estiva dei reali sulla penisola della Maddalena e nella plaia
adiacente per un bagno ristoratore. Poi partiamo, facciamo la litoranea del
Golfo di Biscaglie, in spagnolo Vizcaya, la costa è di impareggiabile bellezza
spesso rocciosa, alta e frastagliata, altre volte con spiagge bianche o dorate,
riparo per le tartarughe, paradiso dei serfisti per le onde alte e tumultuose,
il mare atlantico è profondo ed abitato da cetacei e delfini, ma anche di pesci
di piccolo taglio, tipo le acciughe. Arriviamo a Donastia San Sebastian,
cittadina della costa elegante e raffinata, posteggiamo lungo la riva del
fiume Urumea, che lo attraversa, ci rechiamo presso un ufficio turistico e
troviamo un alloggio, per la verità molto scadente, ma, frequentato da
studenti peregrini, in pieno centro storico vicino alla piazza mercato e all’
elegante Calle Mayor, giriamo per le vie alla ricerca di una trattoria tipica e
successivamente della Cattedrale del Buon Pastor, della metà dell’ 800, e
dopo del teatro. L’indomani, prima di ripartire, facciamo una passeggiata lungo
el paseo, la salita del castello, fortezza sul monte Urqull, una foto alla
seconda Cattedrale, quella di San Sebastian ,una passeggiata fino alla
spiaggia, dove vi è l’antico lido stile bell’epòque, e partiamo alla volta di
Bilbao, capitale della provincia di Biscaglie, industriale e moderna e
successivamente verso il confine francese, attraversando i paesi baschi. I
Baschi, sia francesi, che spagnoli, si considerano un popolo a parte, hanno
una loro precisa identità , sono bilingui, parlano l’euskara lingua
indoeuropea, di origine in parte caucasica, in parte berbera, oltre alla lingua
spagnola in Spagna e francese in Francia. Andiamo a visitare la spiaggia di
Biarritz sul golfo di Guascogna, un tempo villaggio di pescatori di balene,
successivamente diventata ai tempi di Napoleone, una località balneare rinomata
per la presenza dell’aristocrazia internazionale. Essa non ci appare nel suo
splendore per il tempo bigio. Attraversiamo vari paesi, andando verso Pau, e
boschi e corsi d’acqua ed infine giungiamo a Lourdes
III Tappa Bassa Navarra Lourdes
Lourdes è una splendida cittadina turistica immersa nel verde, in essa si
trova il bello ed imponente Santuario Mariano e la grotta dell’apparizione,
pieno di fedeli provenienti da tutte le parti del mondo. Non sento, come già mi
è accaduto a Fatima, alcun particolare afflato mistico, né quella meravigliosa
sensazione di pieno benessere spirituale, da cui sono stata pervasa in Turchia,
nell’ultima residenza della Madonna. Giuseppe ha la stessa sensazione. Forse a
disturbarmi sarà stata la vista di tanta speculazione tutt’intorno, che nulla
ha di mistico e spirituale o forse la mia visita è stata frettolosa e
superficiale. Lourdes si trova nell’Occitania, regione Midi- Pirinei. Il
dialetto è il guascone, buona parte degli abitanti in passato erano catari,
dichiarati eretici. Essi professavano, tra l’altro, la povertà e l’
abolizione della proprietà privata. Per loro vi era una contrapposizione tra il
bene ed il male costituito da tutto ciò che è materiale, e dallo stesso Dio
Creatore di questo mondo. Il movimento è’ stato combattuto durante il periodo
dell’inquisizione tramite i domenicani.
· IV Tappa Inizio del Cammino Francese - Saint Jean Pied de Port ,
Roncesvalles
L’indomani partiamo e, attraverso strade interne, in mezzo ai boschi, ci
rechiamo al punto d’inizio del Cammino francese verso Santiago.
Saint Jean Pied de Port, (in lingua basca: Donibane-Garazi) è un piccolo
comune sui Perinei francesi nella regione dell’ Aquitania, Bassa Navarra,
affollato di peregrini in partenza. Giovani e non si recano al punto di
accoglienza del pellegrino per avere la credenziale o carta del pellegrino, che
contiene la attestazione di inizio del cammino ed in seguito i sellos (timbri)
delle varie tappe, le istruzioni, la mappa, il rifugio, chi vuole può
acquistare la conchiglia, che simboleggia l’ascolto e che è anche il simbolo
del cammino insieme al bastone. L’aria è di una piccola città fortificata
costruita alla confluenza di due fiumi, Nive d'Arnéguy et la Nive de Béhérobie.
Consumiamo uno spuntino in un bar e ci incamminiamo a piede per effettuare una
parte del cammino che porta a Ronsisvalles uscendo da La Porte du Marché,
attraversando il ponte d'Eyheraberry, denominato romano, ma in realtà costruito
nel XII sec., ci avviamo per una strada in salita e, dopo qualche ora,
giungiamo al primo rifugio, completamente pieno di pellegrini di varia
nazionalità, ci godiamo il magnifico panorama dall’alto del sito e l’aria
fresca, gustando un gelato. Non proseguiamo verso l’altro rifugio a nord, ma
ritorniamo indietro a prendere la macchina ed incamminarci verso
Roncesvalles.
La strada di montagna è bellissima, in mezzo a boschi e ruscelli. Ci fermiamo
in un albergo vecchio stile,di proprietà di un giovane che ci ospita con molta
cordialità, e ordiniamo per la sera la famosa paiella. Siamo sull’Ibaneta, dopo
pochi chilometri il passo omonimo. Decidiamo, quindi, di andare a visitare
Roncesvalles. Attraversiamo il passo dell’Ibaneta o di Roncesvalles, 1057 m.
Siamo già in Spagna, poco prima di arrivare al comune omonimo. Attraversiamo
diversi comuni in vetta. Qualche chilometro prima ci fermiamo, nel luogo ove è
stata innalzata la stele in memoria della battaglia e della morte di Rolando,
od Orlando che dir si voglia, con la raffigurazione della Durlindana e un paio
di mazze. Le gesta di Rolando sono stati resi famosi dalla Chançon di Roland.
Siamo ai tempi di Carlo Magno. Ormai quasi tutte le città spagnole sono cadute
sotto il suo dominio. Comandante supremo dell’ esercito è il famoso conte
Orlando, primo paladino di Francia. Ma il Re Marsilio, vedendo ormai prossima
la sua fine, finge di arrendersi a Carlo Magno e contemporaneamente di
accettare il Battesimo nella valle di Roncesvalles ad opera dello arcivescovo
Turpino. Ma tutto questo è uno stratagemma per allontanare i Francesi dalla
Spagna: infatti con l´aiuto del traditore Gano di Magonza, tende una tremenda
imboscata ai cristiani nella valle di Roncesvalles. La battaglia è spietata e
tutti i Paladini cadono nella trappola mortale senza scampo. Orlando fa strage
della gente del Re Marsilio, ed alla fine, rimasto solo, suona a lungo il suo
famoso olifante, perde sangue dalla bocca e muore assistito da San Michele
Arcangelo che porta la sua anima al cospetto del Creatore. E tutto questo è
solo leggenda. In realtà la battaglia intrapresa è stata combattuta con i
baschi, e non con i saraceni per il trionfo della cristianità. E proprio sulla
tomba di Rolando viene indicato a Carlo Magno il cammino di Santiago come
quello che porta alla stella, alla luce, alla salvezza e al perdono dei
peccati. Giungiamo, quindi, a Roncesvalles, anche chiamata Orreaga , che nella
sua collegiata di Santa Maria è un fulgido esempio del gotico francese sui
Pirenei costruita tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo. Sull'altare
maggiore del tempio spicca l'immagine di Santa María di Roncesvalles del XIV
secolo, una bellissima scultura lignea gotica rivestita in argento, con
decorazioni dorate. Il chiostro è stato, ricostruito in stile cistercense dopo
il crollo di quello gotico a causa della neve nel 1600. Su di esso si affaccia
la cappella di San Agustín, antica sala capitolare gotica.. Al centro si può
contemplare il sepolcro del re Sancio VII, il Forte, i cui rilievi narrano la
vittoria del re contro gli arabi a Navas de Tolosa (1212), da cui portò con sé
le mazze e le catene strappate al nemico Miramamolín, quest’ultime raffigurate
nello stemma della Navarra.
Il monastero-ospedale fu eretto come ricovero dei pellegrini per volere del
vescovo di Pamplona e del re Alfonso il Battagliero in quanto in quest’altura
pianeggiante il clima è più dolce rispetto al passo di Ibaneta, dove prima era
stato eretto il precedente. rifugio
Il più antico edificio di Orreaga/Roncesvalles è la cappella del Santo
Spirito o Silos di Carlo Magno del XII secolo, eretta nel luogo in cui secondo
la leggenda Rolando infisse la sua spada, dopo la sconfitta subita nella
battaglia di Roncesvalles. Accanto alla cappella si erge la chiesa di Santiago,
detta anche dei pellegrini, in stile gotico primitivo. All'interno è conservata
la campana dell'antico eremo di San Salvador, ad Ibañeta che serviva a guidare
i pellegrini in caso di nebbia.
Una curiosità, a difesa della fede vi erano i crociati ricchi e quelli
poveri. Questi ultimi venivano accolti nei loro rifugi, tra l’altro, dagli
agostiniani che si occupavano dei pellegrini, donne e uomini, testimoni di
fede, che, o andavano in semplice pellegrinaggio o tavolta, anche armati alla
rinfusa , al seguito dei crociati ricchi, i cavalieri dell’ordine della
compagnia di Gesù e di San Giovanni.
In un edificio vi sono il Museo e la Biblioteca e l’Archivio, quest’ultimi
hanno un ricco patrimonio documentale con più di 15.000 volumi. Nel museo, situato a
piano terra, si trovano, tra l’altro, la Scacchiera di Carlo Magno, un
evangeliario d'argento del XII secolo e lo smeraldo di Miramamolín, re
musulmano, di cui si impadronì, il re Sancio VII il Forte in battaglia
L'insieme architettonico di Orreaga-Roncisvalle è completato dalla casa
Itzandegia. Costruita in stile gotico, fu adibita ad ospedale e poi ad
abitazione, quindi, dopo una laboriosa ristrutturazione, è stata trasformata in
ostello di pellegrini. Tra la cappella di Santiago e il centro Itzandegia, è
stato eretto il monumento alla battaglia di Roncesvalles con rilievi che
rappresentano quello scontro.
Alle 18.00 nella suggestiva Real Collegiata, dopo aver assistito alla messa
cantata in latino e spagnolo con suggestivi canti gregoriani, officiata dal
Priore con altri due monaci, riceviamo la benedizione dei peregrini insieme con
gli altri di varie nazionalità e l’ augurio di un buon cammino. La benedizione
è data nelle varie lingue dei presenti. Quindi, soddisfatti, ritorniamo in
albergo per la cena.
· V tappa DA Roncesvalles a Pamploma
L’indomani partiamo alla volta di Pamploma, si discende da Roncesvalles
attraversando boschi e paesini che si sviluppano lungo la via. Decidiamo di
fare un tratto del cammino a piedi prima di entrare a Pamploma, partendo da
Zubiri , piccolo borgo, attraversato dal fiume Arga, il cui nome in lingua
basca significa paese del ponte, sede un tempo di un antico monastero donato al
convento de Garçia di Najera. Sulla guida è consigliato un itinerario fluviale
di circa 5 chilometri che parte dal ponte. Doveva essere una salutare
passeggiata lungo la riva destra del fiume, ma al suo posto una discarica e
una grande industria fumante, dove si tratta la magnesite, deturpano ed
inquinano l’ambiente, per cui bisogna seguire i percorsi obbligati. Dopo tanta
bellezza incontaminata mag giormente si percepisce l’effetto della distruzione
dell’ambiente dovuto alle industrie pesanti. . L’itinerario porta prima al
borgo di Urdaniz e poi a Larrasoaina. Il nostro percorso finisce con l’
attraversamento di un ponte che ci riporta sull’altra riva e alla strada che
percorriamo tornando indietro per riprendere la macchina. Da Larrasoaina, se si
continua il cammino, si arriva all'emblematico ponte gotico della Magdalena,
luogo di accesso dei pellegrini in città. Noi riprendendo la macchina andiamo
a Pamplona, detta anche Iruna in Basco, capitale della Navarra. E’ ora una
città moderna, con viali, parchi e giardini, attraversata dal fiume Arga. Essa
conserva intatti il suo centro stoico medievale e le sue tradizioni. La Plaza
de Toros è posta al di fuori delle mura della città, ma la corrida non si
pratica più , è vietata in Spagna. In estate si celebra la festa di San
Firminio che dura circa una settimana, classico esempio di festa popolare
pagana cruenta in occasione di una festività religiosa. I giovani corrono con i
tori per le strade strette del centro storico di Pamploma, , la corsa si
conclude a plaza de Toros. Nel centro storico in plaza de Castello vi sono gli
Archivi di Navarra, che conservano importanti documenti medievali , Il palazzo
di Diputación Foral de Navarra , le cappelle de Santa Maria la Real, San Fermín
y San Francisco Javier. In questa piazza fino alla prima metà dell’ottocento si
teneva la corrida. Vicino vi sono la Chiesa di S. Ignazio di Loyola, fondatore
dell’ordine dei gesuiti, dove si trova il Monumento alla giurisdizione di
Navarra, eretto nel 1903, che rappresenta un’ allegoria alla giustizia, alla
storia, all'autonomia, alla pace e al lavoro, la piazza del mercato, la
cattedrale gotica, la chiesa-fortezza di San Nicolás e quella di San Saturnino,
il Museo della Navarra.ed altri monumenti e chiese. La città vanta due Università,quella di Navarra, la più antica di proprietà dell’Opus Dei e
quella Pubblica di Navarra Nelle stradine del centro tanti ristorantini , dove
si possono gustare piatti tipici e vini. La città vecchia era costituita da tre
villaggi San Cenina, Navarrería e San Nicola, sempre in conflitto fra di loro
ed in seguito unificati e pacificati nel settembre del 1423, da Carlos III, re
di Navarra, con il privilegio “l'Unione”. Partiamo da Pamploma alla volta di
Burgos a 170 km di distanza.
· VI Tappa Burgos Leòn Km 187
Imbocchiamo l’autopista Irun -Madrid. Dopo aver percorso un centinaio di km,
ed aver attraversato la Rioja con vigneti, uliveti, e campi di cereali nelle
sue colline, ormai fattosi le otto di sera, pensiamo di fermarci a Najera,
capitale storica della Rioja, dove, tra l’altro, vi è il Monastero de Santa
Maria la Real, del XI sec., tempio mariano, convento benedettino e pantheon
reale, espropriato dal XIX sec., ospita dei francescani. Esso era
originariamente di stile Romanico, modificato a partire dall XV sec., con l’
introduzione di elementi gotici e rinascimentali. Tempio fortezza ha una torre
prismatica eretta nel XVII sec., dei contrafforti arrotondati, un chiostro
detto de Caballeros, una chiesa gotica, costruita sulla precedente romanica. La
chiesa contiene al suo interno sull’altare maggiore una pala barocca con l’
immagine romanica di santa Maria la Real col Bambino e nell’abside il mausoleo
dei duchi di Nayera e sotto il coro il Pantheon Real che custodisce una
trentina di tombe dei sovrani di Navarra, tra cui il sepolcro di Bianca di
Navarra, che contiene le spoglie attribuite a Bianca ritrovate ammassate
assieme ad altre della famiglia reale. Prima di divenire Regina di Navarra e
trasferirsi in Spagna ella fu prima sposa del Re di Sicilia Martino I e, come
reggente emanò le consuetudini del 1405, insieme di norme di diritto tendenti
a regolamentare la vita pubblica e privata, tra cui il divieto di acquisto di
terreni per ebrei ed enti ecclesiastici, già enormemente ricchi, il patentino
per le meretrici che dovevano esercitare fuori dal centro città, il diritto
delle donne di disporre dei propri beni tramite testamento. Lo storico Prof.
Vincenzo Fallica ha scritto un libro su questa regina, basato sulle ricerche d’
archivio ,contenente la trascrizione di dette consuetudini. Il prezioso
documento è conservato presso l’Archivio di Stato di Catania. Comunque,
continuando il nostro racconto, non avendo trovato in questa città dove
dormire, continuiamo il nostro viaggio e giungiamo ,ormai tardi, a Santo
Domingo de la Calzada, dove troviamo alloggio presso la Hospedaria Santa
Teresita, gestito da monache circestensi. Incontriamo tanti pellegrini diretti
a Burgos. L’indomani un breve giro per il centro e via in viaggio verso Burgos,
dove arriviamo verso le undici. Burgos è un comune di 166.187 abitanti, situato
nella Comunità Autonoma di Castiglia e Lèon. Dopo il venir meno della dittatura
di Franco con la nuova Costituzione Spagnola nel 1978, venendo incontro alle
esigenze dei vari popoli che abitano nella nazione spagnola, la Spagna (stato
democratico con forma monarchica) è stata suddivisa in 17 comunità autonome e
due città autonome Ceuta e Mellila, dotate di propri Statuti e rette dal
principio dell’ eguaglianza fra di loro e con l’assoluto divieto di federarsi
per vantare dei privilegi rispetto alle altre. . Alle Comunità Autonome
spettano, oltre alle funzioni esecutive, anche quelle legislative nelle
materie demandate. Esse sono dotate di propri governi, parlamenti autonomi,
ed organi di giustizia . I conflitti di competenza fra le Autonomie ed il
Governo centrale sono diramati dalla Corte Costituzionale dello Stato Spagnolo.
Per quanto riguarda le materie come Sanità, Assicurazioni Sociali, contratti
e concessioni amministrative, ordinamento del credito, della banca e
assicurazioni, la competenza dello Stato non è esclusiva, ma concorrente.
Burgos è una moderna città con viali , giardini, piazze, attraversata dal fiume
Arlazòn . Il centro storico è circondato da mura. La città medievale di
carattere difensivo militare è stata fondata dal conte Diego Rodriguez detto
Porcelos nel 884, su incarico del re delle Asturie, Alfonso II, sottomessa
direttamente all'autorità dei Re di Leòn fino al 930, anno dell’indipendenza
della Castiglia, di cui divenne capitale. Si accede alla città vecchia,
attraversato un ponte dall’antica porta del 1500, detta Arco di Santa Maria,
costruita in onore del Re Carlo V, dove sono raffigurati al centro statue di
guerrieri, il Cid e Carlo V. Restiamo abbagliati dalla bellezza della
imponente Cattedrale, fulgido esempio di gotico casigliano. La sua
costruzione, su una preesistente chiesa romanica, iniziata nel 1221 per volere
di Ferdinando III di Castiglia e di Maurizio di Burgos , vescovo durò circa 300
anni . E’ dedicata alla Maria Vergine. Nella cattedrale nel 1919 è stato
sepolto il Cid, Rodrigo Díaz, Conte di Bivar, eroe della Riconquista, che
conquistò Valencia e ne divenne signore (Cid in arabo) nel 1063, nominato
Campeador (vincitore in duello), per aver battuto in duello Jimeno Garcés,
l'alfiere del re d’Aragona, Ramiro I, che aveva posto l'assedio alla città di
Graus, dell’emiro di Saragozza. Dopo aver visitato la cattedrale decidiamo di
girare per le vie del centro e giungiamo, tra l’altro, nella piazza, dove è
posta la statua del Cid., a cui è dedicato un poema epico del 1140, considerato
il primo documento letterario spagnolo,” El cantar de mio Cid”. Quindi
ripartiamo, attraversando le mesetas, altopiani piatti sui 900 m. sul livello
del mare di natura calcarea, alla volta di Leòn, dove giungiamo nel tardo
pomeriggio. Decidiamo di fare una rapida visita alla cattedrale e alle strade
circostante e ripartire. La Cattedrale di Leòn anche essa di stile gotico,
iniziata nel 1205 e terminata dopo due secoli, nonostante la sua maestosità,
non sembra a noi profani, che possa essere paragonata per bellezza ed eleganza
a quella di Burgos. Anche qui dopo un brevissimo giro per il centro, al fine di
rispettare i nostri tempi di marcia, ripartiamo attraversando per chilometri
altre mesetas, stavolta argillos, e ed incontrando ovunque pellegrini in
marcia. A Ponferrada pensiamo di pernottare nell’altura, ove si trova il
castello, prima dei templari e poi di un conte, ma la strada per inerpicarsi è
stretta e buia, andiamo verso il calar della sera, la zona si fa tetra ed
inospitale, lasciamo questo sito chiamato così per i suoi giacimenti di oro e
di ferro. Il posto, in vero, è ricco di storia, abitato per prima da liguri e
celtici, ma andiamo a dormire a Villafranca del Bierzo, cittadina costruita in
una vallata, dove confluiscono due fiumi. Siamo ancora nella regione
castigliana, in essa si trova un antico hospital de peregrino. La città è
piena di palazzi signorili lungo la via principale, Calle de Agua,
particolarmente imponente è il barocco palazzo de Torquemada.
VII Tappa Santiago de Campostela
L’indomani riprendiamo il nostro viaggio verso la Galizia, attraversando
boschi e valli incantati, pieni di scroscianti corsi d’acqua. Purtroppo
vogliamo raggiungere Santiago, ma il tempo stringe e non ci permette di
soffermarci, né di fare escursioni e così risaliamo per la valle del Barjas e
ridiscendiamo ripidamente fino al Passo di Pedrafita Do Cerbero ( Monti
Cantabrici), porta di accesso alla Galizia. Scegliamo di non passare da Lugo,
ma da Orense, città termale, capoluogo dell’unica provincia della Galizia non
affacciata sul mare, bagnata dal fiume Migno, che deve il suo nome all’
estrazione dell’oro di un tempo lungo la valle del fiume. La città d’Orense fa
parte del Camino Sanabrès, che parte da Siviglia . La Galizia è una regione
collinosa verdeggiante, piena di querce, pini, eucalipti, il paesaggio delle
campagne è più dolce. Puntiamo, quindi, verso Santiago dove arriviamo in
mattinata, posteggiamo la macchina in periferia, saliamo verso la chiesa
barocca di San Francesco e poi verso l’arco che porta alla Placa do Obradoiro,
una musica d’ organo coinvolgente ci guida all’ingresso principale della
Cattedrale sulla piazza , piena di pellegrini, che, estasiati, ammirano la
magnifica facciata barroca, con colonne, statue, pinnacoli, balconate ed un
grande portale, preceduta da una scalinata seicentesca a doppia rampa tra due
torri. Di fronte sta Palazzo de Rajoy, neo classicheggiante, prima concistorio,
carcere, seminario,ora sede del municipio e della Presidenza della Giunta
Regionale, a sinistra collegio S. Geronimo, a destra la facciata e il
magnifico portale in stile Platesco dell’Hospital de los Royes Catolicos
fondato nel 400 per i pellegrini. Entriamo nell’interno della cattedrale,
edificata su una piccola chiesa costruita da re Alfonso II in seguito al
ritrovamento del corpo di San Giacomo, ingrandita da Alfonso III e distrutta,
tranne il sepolcro del Santo, dai musulmani nel X sec., ricostruita nel 1075
e rimaneggiata fino al 700. La facciata sud , con il suo doppio portale con
sculture raffiguranti scene del Vecchio e Nuovo Testamento è l’unica originale
della cattedrale romanica, la sua porta è detta de las platerias ( così
chiamata per i venditori di argento nella piazza antistante) . Il chiostro
accanto alla porta ha una magnifica facciata rinascimentale, dallo stesso lato,
accanto, la torre a gradoni dell’orologio. Dietro l’abside vi è la Porta
Santa o Dei Pellegrini, che si apre solo l’Anno Santo giacobeo ( che ricorre
ogni 25 luglio, festa di San Giacomo, che sia di domenica) per i pellegrini che
vogliono ottenere il giubileo, in essa è raffigurato tra l’altro san Giacomo
con i pellegrini del passato e con i devoti. Nell’interno della cattedrale,
oltre la tomba del Santo, sull’altare maggiore su una struttura barocca la
statua del Santo, impreziosita da paramenti e oreficeria. Nella cripta le
reliquie del Santo e di due suoi discepoli. Alla fine del cammino i
pellegrini, dopo aver accarezzato nel portico della gloria la statua del Santo
al centro del portale e girato attorno alla statua del Santo dos Croques (
forse lo stesso scultore della statua-colonna), dando dei colpetti con la testa
per raccogliere un po’ della sua saggezza, da ultimo salgono sull’altare
maggiore ad abbracciare il Santo, dopo aver ricordato gli altri che li hanno
aiutati lungo la via, e si recano nella cripta per una preghiera. Solo in
occasione di particolare feste si fa oscillare l’incensiere di 80 Kl attaccato
alla cupola della crociera per schiacciare il male odore dei tanti peregrini
che fino alla fine del settecento erano ospitati all’interno della cattedrale.
Presso l’arcivescovado i pellegrini che hanno percorso almeno gli ultimi
ottanta chilometri a piedi, documentati da timbri nella credenziale, possono
ottenere la Campostela ,cioè il certificato che testimonia l’avvenuto
pellegrinaggio, a noi che siamo andati in macchina ci hanno attestato l’
avvenuta visita della cattedrale. Dopo un breve giro per le vie della città,
riprendiamo la via del ritorno ,rinunciando a giungere all’estrema punta dell’
atlantico Capo di Finsterre, la punta più ad ovest del continente, Secondo
alcuni studiosi il cammino di Santiago ricalca un antico cammino celtico per il
quale questo capo rappresentava il punto di partenza delle anime verso l’aldilà
secondo altri è Santiago il punto d’arrivo al luogo della stella e quindi della
luce.Un antica leggenda narra che la tomba dell’apostolo è stata ritrovata ,
perché una stella si è fermata su di essa.
VIII tappa Costa Nord dell’Atlantico
Prendiamo la via del ritorno e ci indirizziamo verso la costa nord,
attraversiamo la verde Corugna ed arriviamo al mare, ad Ortiguera, e poi a
Viviero dove ci fermiamo per la notte. Sono dei luoghi di incomparabile
bellezza , scogliere frastagliate e verdeggianti, golfi e porti naturali In
questa parte della Spagna l’economia è ferma, il turismo non è sviluppato, è
poco abitata anche se la Galizia è ricca di colline verdeggianti , di fiumi e
boschi, di monti e di mari pescosi L’indomani proseguiamo il nostro viaggio
veloce lungo la costa verso, Gijòn e puntando poi. superato Lianes verso i
monti, Il Picos d’Europa , ma ci fermiamo alla base dello stesso in un
piccolo albergo lungo la strada, facciamo una passeggiata lungo la riva di un
fiume, navigabile e la sera una cena rustica in una trattoria ,insieme ad
agricoltori e camionisti. Essa è tenuta da donne capaci e un po’ civettuole,
che cucinano piatti genuini, a base di legumi , verdure e carni. Io ordino
legumi con le cotiche, il sapore per me è troppo forte, sono ormai abituata ad
una cucina più delicata, rispecchia bene, invece, il carattere forte della
gente locale. L’indomani una passeggiata lungo il monte, vediamo delle
abitazioni a palafitte. Poi ridiscendiamo ed andiamo a Santillana del Mar, in
una spiaggia dove la sabbia ha lo stesso colore del deserto libico, il mare è
rientrato per la bassa marea, scogli in mezzo all’acqua dividono la spiaggia,
mai visto niente di simile, alcune foto, un piccolo giro nella vicina
Santander, un bagno accanto all’isola della Maddalena e, poi, all’aeroporto,
consegniamo la macchina e voliamo a Bergamo, dove pernottiamo. L’indomani ci
rechiamo a Milano, un giro al centro città, poi alla Darsena e lungo i navigli.
La giornata è bella, ci sediamo per un veloce spuntino e poi al treno per
Torino. I treni italiani sono da terzo mondo, specie quelli dei pendolari , il
treno si guasta e si ferma , poi, come per miracolo, riparte e si ferma a porta
Susa , per poco non perdiamo l’aereo, ma alla fine ce la facciamo, prendiamo l’
aereo ed il nostro viaggio è terminato. Ringrazio Giuseppe, mio compagno di
viaggio e di quest’ultima parte della mia vita, che soprattutto ha reso
possibile questo cammino, guidando tutto il tempo ed organizzando le varie
tappe con amore e dolcezza.
giorni per uno stacco dal solito tran tran quotidiano. Siamo molto impegnati,
non abbiamo il tempo di programmare , tutto è lasciato al caso, acquistiamo
però una guida Touring relativa al Cammino di Santiago de Campostela (luogo
della stella), pensando di percorrere una parte del Cammino Francese, primo
itinerario culturale europeo e patrimonio dell’Umanità. La cosa mi diverte,un
pò meno a Giuseppe che si lamenta. Nella quotidianità siamo costretti a vivere
le nostre giornate secondo ritmi già stabiliti e di ciò continuamente ci
lamentiamo. All’ultimo minuto Giuseppe decide e prenota l’aereo per Torino da
Catania e da Bergamo per Santander e a da qui una macchina per il viaggio fino
a Leòn e ritorno.
· I Tappa. Torino.
Vi ho abitato per circa un anno nel 1977. Appena arrivata mi accorgo che il
ricordo delle vie, un tempo a me familiari, si è sbiadito. Dobbiamo rimanervi
solo un giorno, cerchiamo di alloggiare all’ostello della Gioventù nei pressi
di viale Tovez, dove è sito tra l’altro l’austero collegio Sacro Cuore,
frequentato un tempo anche dagli Agnelli.
Ma nell’accogliente ostello non c’è posto, occorreva prenotare ,magari via e-
mail, ci spostiamo, quindi, in un albergo centrale modesto, siamo dei
pellegrini del XXI sec., vogliamo vivere con modestia, si fa per dire, il
nostro è un viaggio culturale e spirituale, anche se non cristiano, vogliamo
mettere alla prova noi stessi, almeno questa è la mia idea.
Dopo aver passeggiato per le vie del centro, in mezzo alle bancarelle piene
di interessantissimi libri anche antichi e rari, ci avviamo al Museo Egizio, il
secondo dopo quello del Cairo. Qui è conservato tra l’altro il papiro
contenente il cosiddetto Libro dei morti, la cui traduzione esatta è “Libro
per uscire al giorno”, contenente una serie di formule magiche religiose che
venivano recitate dal sacerdote lettore per aiutare il defunto nel suo viaggio
nell’aldilà, viaggio che lo doveva condurre, per essere giudicato da Osiride,
dio dei morti e poi verso la luce; sono formule e racconti incentrati sul
viaggio notturno del Dio Sole (nelle sue diverse manifestazioni) e della sua
lotta con le forze del male (tra cui Apofi) che tentano, nottetempo, di
fermarlo per non farlo risorgere al mattino.
Apofi, secondo gli antichi egizi, era la divinità del buio e del Caos, spesso
rappresentato con le sembianze di un serpente cobra, poteva essere combattuto e
reso innocuo, per un certo tempo, ma non distrutto rappresentando, nel continuo
conflitto con Ra, lo scontro ancestrale tra bene e male. Era necessario
l'intervento del dio-serpente Mehen e di Iside per garantire il proseguimento
del viaggio del Sole nella Dua,. Secondo la mitologia Apofi, dopo essere stato
domato dalle forze del bene, veniva incatenato e trafitto coi coltelli, il
sangue che sgorgava dalle sue ferite, tingeva i cieli mattutini di rosso.
Mehen, nella mitologia egizia, è il benefico dio-serpente, guardiano della
sacra barca solare di Ra ,Dio Sole, e il cui nome significa "colui che è
arrotolato. Iside è spesso simboleggiata da una vacca,che racchiude tra le
corna il Sole. Nell'iconografia è rappresentata anche come un falco o come una
donna con ali di uccello e simboleggia il vento. In forma alata è anche dipinta
sui sarcofaghi nell’atto di prendere l’anima tra le ali per condurla a nuova
vita. Solitamente viene raffigurata con un’uadi. Lo scettro uas era un bastone
con una forcella all'estremità inferiore e nella parte superiore, leggermente
ricurva, la testa stilizzata di un animale. Frequenti anche le rappresentazioni
della dea mentre allatta il figlio Horo. Nel Duat, aldilà, oltretomba, Osiride
pesava i cuori dei morti su un piatto della bilancia, mentre sull’altro vi era
una piuma. Le anime, che pesavano di più a causa dei peccati, venivano date in
pasto ad Ammit, mentre quelle che erano abbastanza leggere venivano mandate da
Aaru
Il libro dei morti , oltre che su papiro, è conservato raffigurato sulle
pareti delle piramidi o sui sarcofaghi. Una curiosità si sono trovati altri
libri della liturgia funeraria nelle tombe come la Litania di Ra, il Libro
delle porte, il Libro delleà caverne, il libro del paradiso, il libro della
terra.
Usciti dal Museo, presso un caffè, sorseggiamo la famosa cioccolata calda.
La sera camminiamo lungo le rive del Po’ e a piazza Castello.
· II Tappa Bergamo e Paesi Baschi
L’indomani ci rechiamo a Bergamo per prendere l’aereo per Santander, una
tappa del Cammino nord, ridente cittadina sulla riva nord dell’Atlantico,
capitale della Comunità Autonoma della Cantabria, sul golfo di Biscaglie, dove
fra l’altro vi è l’università dell’Opus Dei. Arriviamo all’aeroporto di sera e
per fortuna riusciamo a prelevare la macchina prenotata via internet, i prezzi
sono molto convenienti. Camminando per le vie del centro finalmente riusciamo
a trovare l’albergo, dopo molteplici giri troviamo un posto in un posteggio ad
ore. Andiamo in un’enoteca vicino l’albergo, che già stava per chiudere e ci
serve per dovere di ospitalità un piatto di formaggi e del vino, tutti gli
altri locali nelle vicinanze sono già chiusi e poi una passeggiata fino una
delle due chiese principali, la "Iglesia de la Anunciacion" del XVII, detta la
Compaňia, L’indomani, dopo una panoramica delle strade centrali , ci rechiamo
nella residenza estiva dei reali sulla penisola della Maddalena e nella plaia
adiacente per un bagno ristoratore. Poi partiamo, facciamo la litoranea del
Golfo di Biscaglie, in spagnolo Vizcaya, la costa è di impareggiabile bellezza
spesso rocciosa, alta e frastagliata, altre volte con spiagge bianche o dorate,
riparo per le tartarughe, paradiso dei serfisti per le onde alte e tumultuose,
il mare atlantico è profondo ed abitato da cetacei e delfini, ma anche di pesci
di piccolo taglio, tipo le acciughe. Arriviamo a Donastia San Sebastian,
cittadina della costa elegante e raffinata, posteggiamo lungo la riva del
fiume Urumea, che lo attraversa, ci rechiamo presso un ufficio turistico e
troviamo un alloggio, per la verità molto scadente, ma, frequentato da
studenti peregrini, in pieno centro storico vicino alla piazza mercato e all’
elegante Calle Mayor, giriamo per le vie alla ricerca di una trattoria tipica e
successivamente della Cattedrale del Buon Pastor, della metà dell’ 800, e
dopo del teatro. L’indomani, prima di ripartire, facciamo una passeggiata lungo
el paseo, la salita del castello, fortezza sul monte Urqull, una foto alla
seconda Cattedrale, quella di San Sebastian ,una passeggiata fino alla
spiaggia, dove vi è l’antico lido stile bell’epòque, e partiamo alla volta di
Bilbao, capitale della provincia di Biscaglie, industriale e moderna e
successivamente verso il confine francese, attraversando i paesi baschi. I
Baschi, sia francesi, che spagnoli, si considerano un popolo a parte, hanno
una loro precisa identità , sono bilingui, parlano l’euskara lingua
indoeuropea, di origine in parte caucasica, in parte berbera, oltre alla lingua
spagnola in Spagna e francese in Francia. Andiamo a visitare la spiaggia di
Biarritz sul golfo di Guascogna, un tempo villaggio di pescatori di balene,
successivamente diventata ai tempi di Napoleone, una località balneare rinomata
per la presenza dell’aristocrazia internazionale. Essa non ci appare nel suo
splendore per il tempo bigio. Attraversiamo vari paesi, andando verso Pau, e
boschi e corsi d’acqua ed infine giungiamo a Lourdes
III Tappa Bassa Navarra Lourdes
Lourdes è una splendida cittadina turistica immersa nel verde, in essa si
trova il bello ed imponente Santuario Mariano e la grotta dell’apparizione,
pieno di fedeli provenienti da tutte le parti del mondo. Non sento, come già mi
è accaduto a Fatima, alcun particolare afflato mistico, né quella meravigliosa
sensazione di pieno benessere spirituale, da cui sono stata pervasa in Turchia,
nell’ultima residenza della Madonna. Giuseppe ha la stessa sensazione. Forse a
disturbarmi sarà stata la vista di tanta speculazione tutt’intorno, che nulla
ha di mistico e spirituale o forse la mia visita è stata frettolosa e
superficiale. Lourdes si trova nell’Occitania, regione Midi- Pirinei. Il
dialetto è il guascone, buona parte degli abitanti in passato erano catari,
dichiarati eretici. Essi professavano, tra l’altro, la povertà e l’
abolizione della proprietà privata. Per loro vi era una contrapposizione tra il
bene ed il male costituito da tutto ciò che è materiale, e dallo stesso Dio
Creatore di questo mondo. Il movimento è’ stato combattuto durante il periodo
dell’inquisizione tramite i domenicani.
· IV Tappa Inizio del Cammino Francese - Saint Jean Pied de Port ,
Roncesvalles
L’indomani partiamo e, attraverso strade interne, in mezzo ai boschi, ci
rechiamo al punto d’inizio del Cammino francese verso Santiago.
Saint Jean Pied de Port, (in lingua basca: Donibane-Garazi) è un piccolo
comune sui Perinei francesi nella regione dell’ Aquitania, Bassa Navarra,
affollato di peregrini in partenza. Giovani e non si recano al punto di
accoglienza del pellegrino per avere la credenziale o carta del pellegrino, che
contiene la attestazione di inizio del cammino ed in seguito i sellos (timbri)
delle varie tappe, le istruzioni, la mappa, il rifugio, chi vuole può
acquistare la conchiglia, che simboleggia l’ascolto e che è anche il simbolo
del cammino insieme al bastone. L’aria è di una piccola città fortificata
costruita alla confluenza di due fiumi, Nive d'Arnéguy et la Nive de Béhérobie.
Consumiamo uno spuntino in un bar e ci incamminiamo a piede per effettuare una
parte del cammino che porta a Ronsisvalles uscendo da La Porte du Marché,
attraversando il ponte d'Eyheraberry, denominato romano, ma in realtà costruito
nel XII sec., ci avviamo per una strada in salita e, dopo qualche ora,
giungiamo al primo rifugio, completamente pieno di pellegrini di varia
nazionalità, ci godiamo il magnifico panorama dall’alto del sito e l’aria
fresca, gustando un gelato. Non proseguiamo verso l’altro rifugio a nord, ma
ritorniamo indietro a prendere la macchina ed incamminarci verso
Roncesvalles.
La strada di montagna è bellissima, in mezzo a boschi e ruscelli. Ci fermiamo
in un albergo vecchio stile,di proprietà di un giovane che ci ospita con molta
cordialità, e ordiniamo per la sera la famosa paiella. Siamo sull’Ibaneta, dopo
pochi chilometri il passo omonimo. Decidiamo, quindi, di andare a visitare
Roncesvalles. Attraversiamo il passo dell’Ibaneta o di Roncesvalles, 1057 m.
Siamo già in Spagna, poco prima di arrivare al comune omonimo. Attraversiamo
diversi comuni in vetta. Qualche chilometro prima ci fermiamo, nel luogo ove è
stata innalzata la stele in memoria della battaglia e della morte di Rolando,
od Orlando che dir si voglia, con la raffigurazione della Durlindana e un paio
di mazze. Le gesta di Rolando sono stati resi famosi dalla Chançon di Roland.
Siamo ai tempi di Carlo Magno. Ormai quasi tutte le città spagnole sono cadute
sotto il suo dominio. Comandante supremo dell’ esercito è il famoso conte
Orlando, primo paladino di Francia. Ma il Re Marsilio, vedendo ormai prossima
la sua fine, finge di arrendersi a Carlo Magno e contemporaneamente di
accettare il Battesimo nella valle di Roncesvalles ad opera dello arcivescovo
Turpino. Ma tutto questo è uno stratagemma per allontanare i Francesi dalla
Spagna: infatti con l´aiuto del traditore Gano di Magonza, tende una tremenda
imboscata ai cristiani nella valle di Roncesvalles. La battaglia è spietata e
tutti i Paladini cadono nella trappola mortale senza scampo. Orlando fa strage
della gente del Re Marsilio, ed alla fine, rimasto solo, suona a lungo il suo
famoso olifante, perde sangue dalla bocca e muore assistito da San Michele
Arcangelo che porta la sua anima al cospetto del Creatore. E tutto questo è
solo leggenda. In realtà la battaglia intrapresa è stata combattuta con i
baschi, e non con i saraceni per il trionfo della cristianità. E proprio sulla
tomba di Rolando viene indicato a Carlo Magno il cammino di Santiago come
quello che porta alla stella, alla luce, alla salvezza e al perdono dei
peccati. Giungiamo, quindi, a Roncesvalles, anche chiamata Orreaga , che nella
sua collegiata di Santa Maria è un fulgido esempio del gotico francese sui
Pirenei costruita tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo. Sull'altare
maggiore del tempio spicca l'immagine di Santa María di Roncesvalles del XIV
secolo, una bellissima scultura lignea gotica rivestita in argento, con
decorazioni dorate. Il chiostro è stato, ricostruito in stile cistercense dopo
il crollo di quello gotico a causa della neve nel 1600. Su di esso si affaccia
la cappella di San Agustín, antica sala capitolare gotica.. Al centro si può
contemplare il sepolcro del re Sancio VII, il Forte, i cui rilievi narrano la
vittoria del re contro gli arabi a Navas de Tolosa (1212), da cui portò con sé
le mazze e le catene strappate al nemico Miramamolín, quest’ultime raffigurate
nello stemma della Navarra.
Il monastero-ospedale fu eretto come ricovero dei pellegrini per volere del
vescovo di Pamplona e del re Alfonso il Battagliero in quanto in quest’altura
pianeggiante il clima è più dolce rispetto al passo di Ibaneta, dove prima era
stato eretto il precedente. rifugio
Il più antico edificio di Orreaga/Roncesvalles è la cappella del Santo
Spirito o Silos di Carlo Magno del XII secolo, eretta nel luogo in cui secondo
la leggenda Rolando infisse la sua spada, dopo la sconfitta subita nella
battaglia di Roncesvalles. Accanto alla cappella si erge la chiesa di Santiago,
detta anche dei pellegrini, in stile gotico primitivo. All'interno è conservata
la campana dell'antico eremo di San Salvador, ad Ibañeta che serviva a guidare
i pellegrini in caso di nebbia.
Una curiosità, a difesa della fede vi erano i crociati ricchi e quelli
poveri. Questi ultimi venivano accolti nei loro rifugi, tra l’altro, dagli
agostiniani che si occupavano dei pellegrini, donne e uomini, testimoni di
fede, che, o andavano in semplice pellegrinaggio o tavolta, anche armati alla
rinfusa , al seguito dei crociati ricchi, i cavalieri dell’ordine della
compagnia di Gesù e di San Giovanni.
In un edificio vi sono il Museo e la Biblioteca e l’Archivio, quest’ultimi
hanno un ricco patrimonio documentale con più di 15.000 volumi. Nel museo, situato a
piano terra, si trovano, tra l’altro, la Scacchiera di Carlo Magno, un
evangeliario d'argento del XII secolo e lo smeraldo di Miramamolín, re
musulmano, di cui si impadronì, il re Sancio VII il Forte in battaglia
L'insieme architettonico di Orreaga-Roncisvalle è completato dalla casa
Itzandegia. Costruita in stile gotico, fu adibita ad ospedale e poi ad
abitazione, quindi, dopo una laboriosa ristrutturazione, è stata trasformata in
ostello di pellegrini. Tra la cappella di Santiago e il centro Itzandegia, è
stato eretto il monumento alla battaglia di Roncesvalles con rilievi che
rappresentano quello scontro.
Alle 18.00 nella suggestiva Real Collegiata, dopo aver assistito alla messa
cantata in latino e spagnolo con suggestivi canti gregoriani, officiata dal
Priore con altri due monaci, riceviamo la benedizione dei peregrini insieme con
gli altri di varie nazionalità e l’ augurio di un buon cammino. La benedizione
è data nelle varie lingue dei presenti. Quindi, soddisfatti, ritorniamo in
albergo per la cena.
· V tappa DA Roncesvalles a Pamploma
L’indomani partiamo alla volta di Pamploma, si discende da Roncesvalles
attraversando boschi e paesini che si sviluppano lungo la via. Decidiamo di
fare un tratto del cammino a piedi prima di entrare a Pamploma, partendo da
Zubiri , piccolo borgo, attraversato dal fiume Arga, il cui nome in lingua
basca significa paese del ponte, sede un tempo di un antico monastero donato al
convento de Garçia di Najera. Sulla guida è consigliato un itinerario fluviale
di circa 5 chilometri che parte dal ponte. Doveva essere una salutare
passeggiata lungo la riva destra del fiume, ma al suo posto una discarica e
una grande industria fumante, dove si tratta la magnesite, deturpano ed
inquinano l’ambiente, per cui bisogna seguire i percorsi obbligati. Dopo tanta
bellezza incontaminata mag giormente si percepisce l’effetto della distruzione
dell’ambiente dovuto alle industrie pesanti. . L’itinerario porta prima al
borgo di Urdaniz e poi a Larrasoaina. Il nostro percorso finisce con l’
attraversamento di un ponte che ci riporta sull’altra riva e alla strada che
percorriamo tornando indietro per riprendere la macchina. Da Larrasoaina, se si
continua il cammino, si arriva all'emblematico ponte gotico della Magdalena,
luogo di accesso dei pellegrini in città. Noi riprendendo la macchina andiamo
a Pamplona, detta anche Iruna in Basco, capitale della Navarra. E’ ora una
città moderna, con viali, parchi e giardini, attraversata dal fiume Arga. Essa
conserva intatti il suo centro stoico medievale e le sue tradizioni. La Plaza
de Toros è posta al di fuori delle mura della città, ma la corrida non si
pratica più , è vietata in Spagna. In estate si celebra la festa di San
Firminio che dura circa una settimana, classico esempio di festa popolare
pagana cruenta in occasione di una festività religiosa. I giovani corrono con i
tori per le strade strette del centro storico di Pamploma, , la corsa si
conclude a plaza de Toros. Nel centro storico in plaza de Castello vi sono gli
Archivi di Navarra, che conservano importanti documenti medievali , Il palazzo
di Diputación Foral de Navarra , le cappelle de Santa Maria la Real, San Fermín
y San Francisco Javier. In questa piazza fino alla prima metà dell’ottocento si
teneva la corrida. Vicino vi sono la Chiesa di S. Ignazio di Loyola, fondatore
dell’ordine dei gesuiti, dove si trova il Monumento alla giurisdizione di
Navarra, eretto nel 1903, che rappresenta un’ allegoria alla giustizia, alla
storia, all'autonomia, alla pace e al lavoro, la piazza del mercato, la
cattedrale gotica, la chiesa-fortezza di San Nicolás e quella di San Saturnino,
il Museo della Navarra.ed altri monumenti e chiese. La città vanta due Università,quella di Navarra, la più antica di proprietà dell’Opus Dei e
quella Pubblica di Navarra Nelle stradine del centro tanti ristorantini , dove
si possono gustare piatti tipici e vini. La città vecchia era costituita da tre
villaggi San Cenina, Navarrería e San Nicola, sempre in conflitto fra di loro
ed in seguito unificati e pacificati nel settembre del 1423, da Carlos III, re
di Navarra, con il privilegio “l'Unione”. Partiamo da Pamploma alla volta di
Burgos a 170 km di distanza.
· VI Tappa Burgos Leòn Km 187
Imbocchiamo l’autopista Irun -Madrid. Dopo aver percorso un centinaio di km,
ed aver attraversato la Rioja con vigneti, uliveti, e campi di cereali nelle
sue colline, ormai fattosi le otto di sera, pensiamo di fermarci a Najera,
capitale storica della Rioja, dove, tra l’altro, vi è il Monastero de Santa
Maria la Real, del XI sec., tempio mariano, convento benedettino e pantheon
reale, espropriato dal XIX sec., ospita dei francescani. Esso era
originariamente di stile Romanico, modificato a partire dall XV sec., con l’
introduzione di elementi gotici e rinascimentali. Tempio fortezza ha una torre
prismatica eretta nel XVII sec., dei contrafforti arrotondati, un chiostro
detto de Caballeros, una chiesa gotica, costruita sulla precedente romanica. La
chiesa contiene al suo interno sull’altare maggiore una pala barocca con l’
immagine romanica di santa Maria la Real col Bambino e nell’abside il mausoleo
dei duchi di Nayera e sotto il coro il Pantheon Real che custodisce una
trentina di tombe dei sovrani di Navarra, tra cui il sepolcro di Bianca di
Navarra, che contiene le spoglie attribuite a Bianca ritrovate ammassate
assieme ad altre della famiglia reale. Prima di divenire Regina di Navarra e
trasferirsi in Spagna ella fu prima sposa del Re di Sicilia Martino I e, come
reggente emanò le consuetudini del 1405, insieme di norme di diritto tendenti
a regolamentare la vita pubblica e privata, tra cui il divieto di acquisto di
terreni per ebrei ed enti ecclesiastici, già enormemente ricchi, il patentino
per le meretrici che dovevano esercitare fuori dal centro città, il diritto
delle donne di disporre dei propri beni tramite testamento. Lo storico Prof.
Vincenzo Fallica ha scritto un libro su questa regina, basato sulle ricerche d’
archivio ,contenente la trascrizione di dette consuetudini. Il prezioso
documento è conservato presso l’Archivio di Stato di Catania. Comunque,
continuando il nostro racconto, non avendo trovato in questa città dove
dormire, continuiamo il nostro viaggio e giungiamo ,ormai tardi, a Santo
Domingo de la Calzada, dove troviamo alloggio presso la Hospedaria Santa
Teresita, gestito da monache circestensi. Incontriamo tanti pellegrini diretti
a Burgos. L’indomani un breve giro per il centro e via in viaggio verso Burgos,
dove arriviamo verso le undici. Burgos è un comune di 166.187 abitanti, situato
nella Comunità Autonoma di Castiglia e Lèon. Dopo il venir meno della dittatura
di Franco con la nuova Costituzione Spagnola nel 1978, venendo incontro alle
esigenze dei vari popoli che abitano nella nazione spagnola, la Spagna (stato
democratico con forma monarchica) è stata suddivisa in 17 comunità autonome e
due città autonome Ceuta e Mellila, dotate di propri Statuti e rette dal
principio dell’ eguaglianza fra di loro e con l’assoluto divieto di federarsi
per vantare dei privilegi rispetto alle altre. . Alle Comunità Autonome
spettano, oltre alle funzioni esecutive, anche quelle legislative nelle
materie demandate. Esse sono dotate di propri governi, parlamenti autonomi,
ed organi di giustizia . I conflitti di competenza fra le Autonomie ed il
Governo centrale sono diramati dalla Corte Costituzionale dello Stato Spagnolo.
Per quanto riguarda le materie come Sanità, Assicurazioni Sociali, contratti
e concessioni amministrative, ordinamento del credito, della banca e
assicurazioni, la competenza dello Stato non è esclusiva, ma concorrente.
Burgos è una moderna città con viali , giardini, piazze, attraversata dal fiume
Arlazòn . Il centro storico è circondato da mura. La città medievale di
carattere difensivo militare è stata fondata dal conte Diego Rodriguez detto
Porcelos nel 884, su incarico del re delle Asturie, Alfonso II, sottomessa
direttamente all'autorità dei Re di Leòn fino al 930, anno dell’indipendenza
della Castiglia, di cui divenne capitale. Si accede alla città vecchia,
attraversato un ponte dall’antica porta del 1500, detta Arco di Santa Maria,
costruita in onore del Re Carlo V, dove sono raffigurati al centro statue di
guerrieri, il Cid e Carlo V. Restiamo abbagliati dalla bellezza della
imponente Cattedrale, fulgido esempio di gotico casigliano. La sua
costruzione, su una preesistente chiesa romanica, iniziata nel 1221 per volere
di Ferdinando III di Castiglia e di Maurizio di Burgos , vescovo durò circa 300
anni . E’ dedicata alla Maria Vergine. Nella cattedrale nel 1919 è stato
sepolto il Cid, Rodrigo Díaz, Conte di Bivar, eroe della Riconquista, che
conquistò Valencia e ne divenne signore (Cid in arabo) nel 1063, nominato
Campeador (vincitore in duello), per aver battuto in duello Jimeno Garcés,
l'alfiere del re d’Aragona, Ramiro I, che aveva posto l'assedio alla città di
Graus, dell’emiro di Saragozza. Dopo aver visitato la cattedrale decidiamo di
girare per le vie del centro e giungiamo, tra l’altro, nella piazza, dove è
posta la statua del Cid., a cui è dedicato un poema epico del 1140, considerato
il primo documento letterario spagnolo,” El cantar de mio Cid”. Quindi
ripartiamo, attraversando le mesetas, altopiani piatti sui 900 m. sul livello
del mare di natura calcarea, alla volta di Leòn, dove giungiamo nel tardo
pomeriggio. Decidiamo di fare una rapida visita alla cattedrale e alle strade
circostante e ripartire. La Cattedrale di Leòn anche essa di stile gotico,
iniziata nel 1205 e terminata dopo due secoli, nonostante la sua maestosità,
non sembra a noi profani, che possa essere paragonata per bellezza ed eleganza
a quella di Burgos. Anche qui dopo un brevissimo giro per il centro, al fine di
rispettare i nostri tempi di marcia, ripartiamo attraversando per chilometri
altre mesetas, stavolta argillos, e ed incontrando ovunque pellegrini in
marcia. A Ponferrada pensiamo di pernottare nell’altura, ove si trova il
castello, prima dei templari e poi di un conte, ma la strada per inerpicarsi è
stretta e buia, andiamo verso il calar della sera, la zona si fa tetra ed
inospitale, lasciamo questo sito chiamato così per i suoi giacimenti di oro e
di ferro. Il posto, in vero, è ricco di storia, abitato per prima da liguri e
celtici, ma andiamo a dormire a Villafranca del Bierzo, cittadina costruita in
una vallata, dove confluiscono due fiumi. Siamo ancora nella regione
castigliana, in essa si trova un antico hospital de peregrino. La città è
piena di palazzi signorili lungo la via principale, Calle de Agua,
particolarmente imponente è il barocco palazzo de Torquemada.
VII Tappa Santiago de Campostela
L’indomani riprendiamo il nostro viaggio verso la Galizia, attraversando
boschi e valli incantati, pieni di scroscianti corsi d’acqua. Purtroppo
vogliamo raggiungere Santiago, ma il tempo stringe e non ci permette di
soffermarci, né di fare escursioni e così risaliamo per la valle del Barjas e
ridiscendiamo ripidamente fino al Passo di Pedrafita Do Cerbero ( Monti
Cantabrici), porta di accesso alla Galizia. Scegliamo di non passare da Lugo,
ma da Orense, città termale, capoluogo dell’unica provincia della Galizia non
affacciata sul mare, bagnata dal fiume Migno, che deve il suo nome all’
estrazione dell’oro di un tempo lungo la valle del fiume. La città d’Orense fa
parte del Camino Sanabrès, che parte da Siviglia . La Galizia è una regione
collinosa verdeggiante, piena di querce, pini, eucalipti, il paesaggio delle
campagne è più dolce. Puntiamo, quindi, verso Santiago dove arriviamo in
mattinata, posteggiamo la macchina in periferia, saliamo verso la chiesa
barocca di San Francesco e poi verso l’arco che porta alla Placa do Obradoiro,
una musica d’ organo coinvolgente ci guida all’ingresso principale della
Cattedrale sulla piazza , piena di pellegrini, che, estasiati, ammirano la
magnifica facciata barroca, con colonne, statue, pinnacoli, balconate ed un
grande portale, preceduta da una scalinata seicentesca a doppia rampa tra due
torri. Di fronte sta Palazzo de Rajoy, neo classicheggiante, prima concistorio,
carcere, seminario,ora sede del municipio e della Presidenza della Giunta
Regionale, a sinistra collegio S. Geronimo, a destra la facciata e il
magnifico portale in stile Platesco dell’Hospital de los Royes Catolicos
fondato nel 400 per i pellegrini. Entriamo nell’interno della cattedrale,
edificata su una piccola chiesa costruita da re Alfonso II in seguito al
ritrovamento del corpo di San Giacomo, ingrandita da Alfonso III e distrutta,
tranne il sepolcro del Santo, dai musulmani nel X sec., ricostruita nel 1075
e rimaneggiata fino al 700. La facciata sud , con il suo doppio portale con
sculture raffiguranti scene del Vecchio e Nuovo Testamento è l’unica originale
della cattedrale romanica, la sua porta è detta de las platerias ( così
chiamata per i venditori di argento nella piazza antistante) . Il chiostro
accanto alla porta ha una magnifica facciata rinascimentale, dallo stesso lato,
accanto, la torre a gradoni dell’orologio. Dietro l’abside vi è la Porta
Santa o Dei Pellegrini, che si apre solo l’Anno Santo giacobeo ( che ricorre
ogni 25 luglio, festa di San Giacomo, che sia di domenica) per i pellegrini che
vogliono ottenere il giubileo, in essa è raffigurato tra l’altro san Giacomo
con i pellegrini del passato e con i devoti. Nell’interno della cattedrale,
oltre la tomba del Santo, sull’altare maggiore su una struttura barocca la
statua del Santo, impreziosita da paramenti e oreficeria. Nella cripta le
reliquie del Santo e di due suoi discepoli. Alla fine del cammino i
pellegrini, dopo aver accarezzato nel portico della gloria la statua del Santo
al centro del portale e girato attorno alla statua del Santo dos Croques (
forse lo stesso scultore della statua-colonna), dando dei colpetti con la testa
per raccogliere un po’ della sua saggezza, da ultimo salgono sull’altare
maggiore ad abbracciare il Santo, dopo aver ricordato gli altri che li hanno
aiutati lungo la via, e si recano nella cripta per una preghiera. Solo in
occasione di particolare feste si fa oscillare l’incensiere di 80 Kl attaccato
alla cupola della crociera per schiacciare il male odore dei tanti peregrini
che fino alla fine del settecento erano ospitati all’interno della cattedrale.
Presso l’arcivescovado i pellegrini che hanno percorso almeno gli ultimi
ottanta chilometri a piedi, documentati da timbri nella credenziale, possono
ottenere la Campostela ,cioè il certificato che testimonia l’avvenuto
pellegrinaggio, a noi che siamo andati in macchina ci hanno attestato l’
avvenuta visita della cattedrale. Dopo un breve giro per le vie della città,
riprendiamo la via del ritorno ,rinunciando a giungere all’estrema punta dell’
atlantico Capo di Finsterre, la punta più ad ovest del continente, Secondo
alcuni studiosi il cammino di Santiago ricalca un antico cammino celtico per il
quale questo capo rappresentava il punto di partenza delle anime verso l’aldilà
secondo altri è Santiago il punto d’arrivo al luogo della stella e quindi della
luce.Un antica leggenda narra che la tomba dell’apostolo è stata ritrovata ,
perché una stella si è fermata su di essa.
VIII tappa Costa Nord dell’Atlantico
Prendiamo la via del ritorno e ci indirizziamo verso la costa nord,
attraversiamo la verde Corugna ed arriviamo al mare, ad Ortiguera, e poi a
Viviero dove ci fermiamo per la notte. Sono dei luoghi di incomparabile
bellezza , scogliere frastagliate e verdeggianti, golfi e porti naturali In
questa parte della Spagna l’economia è ferma, il turismo non è sviluppato, è
poco abitata anche se la Galizia è ricca di colline verdeggianti , di fiumi e
boschi, di monti e di mari pescosi L’indomani proseguiamo il nostro viaggio
veloce lungo la costa verso, Gijòn e puntando poi. superato Lianes verso i
monti, Il Picos d’Europa , ma ci fermiamo alla base dello stesso in un
piccolo albergo lungo la strada, facciamo una passeggiata lungo la riva di un
fiume, navigabile e la sera una cena rustica in una trattoria ,insieme ad
agricoltori e camionisti. Essa è tenuta da donne capaci e un po’ civettuole,
che cucinano piatti genuini, a base di legumi , verdure e carni. Io ordino
legumi con le cotiche, il sapore per me è troppo forte, sono ormai abituata ad
una cucina più delicata, rispecchia bene, invece, il carattere forte della
gente locale. L’indomani una passeggiata lungo il monte, vediamo delle
abitazioni a palafitte. Poi ridiscendiamo ed andiamo a Santillana del Mar, in
una spiaggia dove la sabbia ha lo stesso colore del deserto libico, il mare è
rientrato per la bassa marea, scogli in mezzo all’acqua dividono la spiaggia,
mai visto niente di simile, alcune foto, un piccolo giro nella vicina
Santander, un bagno accanto all’isola della Maddalena e, poi, all’aeroporto,
consegniamo la macchina e voliamo a Bergamo, dove pernottiamo. L’indomani ci
rechiamo a Milano, un giro al centro città, poi alla Darsena e lungo i navigli.
La giornata è bella, ci sediamo per un veloce spuntino e poi al treno per
Torino. I treni italiani sono da terzo mondo, specie quelli dei pendolari , il
treno si guasta e si ferma , poi, come per miracolo, riparte e si ferma a porta
Susa , per poco non perdiamo l’aereo, ma alla fine ce la facciamo, prendiamo l’
aereo ed il nostro viaggio è terminato. Ringrazio Giuseppe, mio compagno di
viaggio e di quest’ultima parte della mia vita, che soprattutto ha reso
possibile questo cammino, guidando tutto il tempo ed organizzando le varie
tappe con amore e dolcezza.
Wednesday, May 28, 2008
Problema immigrati? No problema Italia
Il nostro paese è pieno di problemi:
rifiuti,energia , delinquenza anche minorile, disoccupazione, anlfabetismo o semialfabetismo,mancanza di produzione, eccessiva tassazione, povertà , corruzione, cattiva amministrazione,violenza, mal funzionamento dei servizi pubblici o mancanza degli tessi., inquinamento, invivibilità delle città e chi più ne ha, più ne metta.
E sapete di chi è la colpa di tutto questo? Degli immigrati .
Si perché in Italia è questo il problema dei problemi .
Ma fatemi il piacere, state zitti!
Adoperiamoci, invece, seriamente, facciamo un analisi seria e costruttiva, troviamo le possibili soluzioni , programmiamo gli interventi ed attuiamoli il più presto possibile.
Non nascondiamoci dietro i falsi problemi.
I reati commessi dagli immigrati sono quelli che commettono spesso anche gli Italiani e per i quali sono già previste le pene: in caso di reati commessi da parte di alcuni immigrati, applichiamo le pene ed estradiamoli .
Ma non possiamo incolpare tutti gli immigrati di delitti non commessi. In Italia vige il principio, almeno fino ad oggi, della responsabilità personale in campo penale.
Prevediamo, insieme agli altri paesi europei e a quelli stessi da cui provengono i flussi d’immigrazione, delle norme che li regolino e nello stesso tempo anche degli interventi reali che servano nei vari stati poveri,o ridotti tali,ad aumentare la produzione, la alfabetizzazione, a migliorare la sanità, lo sfruttamento delle proprie risorse da parte dei popoli stessi, forniamo le professionalità mancanti e di cui noi disponiamo per fare ed istruire la popolazione locale.
Facciamo degli scambi, si perché anche questi paesi hanno dei prodotti o dei beni naturali a noi mancanti.
Per quanto riguarda tutti i nostri problemi, ricordiamoci che il problema di un abitante nel nostro paese si ripercuote negativamente su tutti gli altri.
rifiuti,energia , delinquenza anche minorile, disoccupazione, anlfabetismo o semialfabetismo,mancanza di produzione, eccessiva tassazione, povertà , corruzione, cattiva amministrazione,violenza, mal funzionamento dei servizi pubblici o mancanza degli tessi., inquinamento, invivibilità delle città e chi più ne ha, più ne metta.
E sapete di chi è la colpa di tutto questo? Degli immigrati .
Si perché in Italia è questo il problema dei problemi .
Ma fatemi il piacere, state zitti!
Adoperiamoci, invece, seriamente, facciamo un analisi seria e costruttiva, troviamo le possibili soluzioni , programmiamo gli interventi ed attuiamoli il più presto possibile.
Non nascondiamoci dietro i falsi problemi.
I reati commessi dagli immigrati sono quelli che commettono spesso anche gli Italiani e per i quali sono già previste le pene: in caso di reati commessi da parte di alcuni immigrati, applichiamo le pene ed estradiamoli .
Ma non possiamo incolpare tutti gli immigrati di delitti non commessi. In Italia vige il principio, almeno fino ad oggi, della responsabilità personale in campo penale.
Prevediamo, insieme agli altri paesi europei e a quelli stessi da cui provengono i flussi d’immigrazione, delle norme che li regolino e nello stesso tempo anche degli interventi reali che servano nei vari stati poveri,o ridotti tali,ad aumentare la produzione, la alfabetizzazione, a migliorare la sanità, lo sfruttamento delle proprie risorse da parte dei popoli stessi, forniamo le professionalità mancanti e di cui noi disponiamo per fare ed istruire la popolazione locale.
Facciamo degli scambi, si perché anche questi paesi hanno dei prodotti o dei beni naturali a noi mancanti.
Per quanto riguarda tutti i nostri problemi, ricordiamoci che il problema di un abitante nel nostro paese si ripercuote negativamente su tutti gli altri.
Tuesday, February 26, 2008
Per non dimenticare e per agire: considerazione da…… un viaggio a Praga.
Cari amici vi voglio raccontare del mio ultimo viaggio mordi e fuggi di soli 5 giorni a Praga, città bellissima immersa in un meraviglioso verde.
Parto da Catania, con l’aereo sorvolo l’Etna e il Vesuvio, le isole croate, le alpi con le loro cime maestose e poi, dopo un po’, finalmente a Praga.
Il mio albergo in centro si trova a Praga 1, relativamente vicino a Place Venceslao.
Era, un tempo, un mercato di cavalli ed ora è un lungo e largo viale pieno di negozi, librerie a più piani, bar e banche, interrotto, nella parte alta, dal Museo Nazionale di Praga e dalla piazza antistante; in quest’ultima sono poste la statua equestre del protettore della Boemia, San Venceslao, ed una targa, che ricorda uno dei due studenti che nel 1969 si sono dati a fuoco per protesta contro l’invasione sovietica con i carri armati.
Non lontano, lungo il viale, l’altra targa.
E così la bellissima piazza ed il lungo viale sono stati teatro di sanguinose proteste da parte di un popolo, coraggioso, generoso, capace di lottare per l'ndipendenza.
La sera del mio arrivo, in verità, il cielo era bigio e l’aria pungente, tanto da dissuaderci dal fare una passeggiata, dopo aver cenato in un locale vicino l’albergo. L’indomani, spuntando il sole, Praga, nonostante i gravi fatti in essa avvenuti, appare con tutto il suo splendore.
Decidiamo di farci accompagnare per il centro, partendo da piazza Venceslao, da una guida, una simpatica donna laureata in lingue e specializzata in Italiano, che ama l’Italia e di cui conosce, purtroppo, solo Roma per questioni finanziarie.
Ella ci dice che ,pur tuttavia, a Praga il reddito medio pro capite è di gran lungo più alto rispetto al resto del paese.
Ci dirigiamo verso il quartiere ebraico, il ghetto. Attaccato ad una sinagoga vi è il cimitero con le tombe sovrapposte per questione di spazio.
Nelle steli di pietra attraverso simboli e brevi iscrizioni, sono date informazioni relative alla vita e allo stato del defunto.
Più grandi sono le steli, maggiore era l’importanza in vita del defunto.
Gli ebrei di Praga,costretti a vivere segregati rispetto agli altri abitanti, pur tuttavia al loro interno erano molto classisti e chiusi.
La classe più importante era quella dei rabbini. In una sinagoga è descritta la vita del ghetto e le usanze in occasione dei funerali.
Vicino al cimitero il museo dei deportati nei campi di concentramento in cui si trovano il lunghissimo elenco dei 77297 deportati praghesi, lettere e disegni di bambini, testimoni dei loro stati d’animo e della loro percezione degli orrori: disegni di guardie con cani rabbiosi, case dai fumaioli fumanti, separazioni violente dai genitori, e descrizioni dell’aldilà dove, finalmente, la famiglia si riunisce. Una donna, con fatica, in uno dei campi, si era procurata carta e penne e con questi semplici strumenti aveva fatto scrivere e disegnare ai bambini rinchiusi al fine di distrarli. Nelle sale del museo una sopravvissuta raccontala sua storia, quei fatti si erano fissati nella mente in maniera indelebile ed hanno angosciato la sua esistenza. La creazione del ghetto era stata voluta dai cattolici, che a Praga hanno fatto sentire tutto il loro peso, con le espropriazioni di terreni in favori dei conventi,la persecuzioni degli eretici ( gli ussiti)e le esecuzioni esemplari dei lori capi in piazza. Gli ussiti ,otre che eretici , erano dei rivoluzionari che si ribellavano allo strapotere della chiesa, chiedendo l’applicazione di norme più democratiche, andando incontro alle esigenze del popolo.
Nel 1420 furono stilati i Quattro articoli di Praga, una sorta di manifesto del credo hussita:
1. Libertà per i preti e per i laici di predicare le Sacre Scritture in lingua locale.
2. Comunione eucaristica sotto ambedue le forme, il calice contenente il vino e il pane, data sia agli adulti che ai bambini, (in particolare il calice divenne il simbolo degli ussiti).
3. Espropriazione dei beni ecclesiastici, povertà del clero e rinuncia ai beni materiali.
4. Pene severe per i peccati mortali commessi da membri del clero.
Per tutta risposta i gesuiti ed altri ordini religiosi si impossessarono di tanti terreni, togliendoli ai legittimi proprietari. I conventi di Praga, come pure le chiese, ostentano ricchezza, basta pensare alla casa di Loreto e alla Santa Casa: al suo interno, tra l’altro un altare d’argento di ben cinquecento chili, degli ostensori con diamanti e pietre preziose.
Ma bisogna riconoscere che la Chiesa cattolica, durante il nazismo, ha salvato tante vite. In Europa degli ecclesiastici hanno rischiato la loro vita per gli ebrei ed alcuni l’hanno persa.
Oggi molti individui, sono impegnati nel sociale e spendono la loro vita per il bene di quella parte di umanità che soffre la fame e la sete,di contro tanti altri sono indifferenti, disorientati ed impauriti da fatti violenti, la mente è continuamente bombardata da onde elettromagnetiche e da tanto altro ancora.
L’umanità si sta danneggiando.
Dovremmo tutti, potenti e non, riflettere e chiederci dove stiamo andando e conducendo i nostri figli.
La scienza , la ricerca, la conoscenza in genere, in sé e per sé, possono essere solo positive, sono strumenti,che, però, devono essere usati per il bene dell’umanità e,quindi, di tutti.
Tutti siamo corresponsabili, in quanto dobbiamo svolgere la nostra parte, anche se essa è difficile per noi esseri imperfetti: i potenti con le loro norme e con l’impiego dei loro mezzi, i comuni mortali con la possibilità di opporsi o meno e di esprimere il proprio dissenso o il proprio plauso.
Il pensiero di ognuno può portare a riflessioni e considerazioni nuove, dovute alle varie esperienze. E poi anche la non azione è azione.
Parto da Catania, con l’aereo sorvolo l’Etna e il Vesuvio, le isole croate, le alpi con le loro cime maestose e poi, dopo un po’, finalmente a Praga.
Il mio albergo in centro si trova a Praga 1, relativamente vicino a Place Venceslao.
Era, un tempo, un mercato di cavalli ed ora è un lungo e largo viale pieno di negozi, librerie a più piani, bar e banche, interrotto, nella parte alta, dal Museo Nazionale di Praga e dalla piazza antistante; in quest’ultima sono poste la statua equestre del protettore della Boemia, San Venceslao, ed una targa, che ricorda uno dei due studenti che nel 1969 si sono dati a fuoco per protesta contro l’invasione sovietica con i carri armati.
Non lontano, lungo il viale, l’altra targa.
E così la bellissima piazza ed il lungo viale sono stati teatro di sanguinose proteste da parte di un popolo, coraggioso, generoso, capace di lottare per l'ndipendenza.
La sera del mio arrivo, in verità, il cielo era bigio e l’aria pungente, tanto da dissuaderci dal fare una passeggiata, dopo aver cenato in un locale vicino l’albergo. L’indomani, spuntando il sole, Praga, nonostante i gravi fatti in essa avvenuti, appare con tutto il suo splendore.
Decidiamo di farci accompagnare per il centro, partendo da piazza Venceslao, da una guida, una simpatica donna laureata in lingue e specializzata in Italiano, che ama l’Italia e di cui conosce, purtroppo, solo Roma per questioni finanziarie.
Ella ci dice che ,pur tuttavia, a Praga il reddito medio pro capite è di gran lungo più alto rispetto al resto del paese.
Ci dirigiamo verso il quartiere ebraico, il ghetto. Attaccato ad una sinagoga vi è il cimitero con le tombe sovrapposte per questione di spazio.
Nelle steli di pietra attraverso simboli e brevi iscrizioni, sono date informazioni relative alla vita e allo stato del defunto.
Più grandi sono le steli, maggiore era l’importanza in vita del defunto.
Gli ebrei di Praga,costretti a vivere segregati rispetto agli altri abitanti, pur tuttavia al loro interno erano molto classisti e chiusi.
La classe più importante era quella dei rabbini. In una sinagoga è descritta la vita del ghetto e le usanze in occasione dei funerali.
Vicino al cimitero il museo dei deportati nei campi di concentramento in cui si trovano il lunghissimo elenco dei 77297 deportati praghesi, lettere e disegni di bambini, testimoni dei loro stati d’animo e della loro percezione degli orrori: disegni di guardie con cani rabbiosi, case dai fumaioli fumanti, separazioni violente dai genitori, e descrizioni dell’aldilà dove, finalmente, la famiglia si riunisce. Una donna, con fatica, in uno dei campi, si era procurata carta e penne e con questi semplici strumenti aveva fatto scrivere e disegnare ai bambini rinchiusi al fine di distrarli. Nelle sale del museo una sopravvissuta raccontala sua storia, quei fatti si erano fissati nella mente in maniera indelebile ed hanno angosciato la sua esistenza. La creazione del ghetto era stata voluta dai cattolici, che a Praga hanno fatto sentire tutto il loro peso, con le espropriazioni di terreni in favori dei conventi,la persecuzioni degli eretici ( gli ussiti)e le esecuzioni esemplari dei lori capi in piazza. Gli ussiti ,otre che eretici , erano dei rivoluzionari che si ribellavano allo strapotere della chiesa, chiedendo l’applicazione di norme più democratiche, andando incontro alle esigenze del popolo.
Nel 1420 furono stilati i Quattro articoli di Praga, una sorta di manifesto del credo hussita:
1. Libertà per i preti e per i laici di predicare le Sacre Scritture in lingua locale.
2. Comunione eucaristica sotto ambedue le forme, il calice contenente il vino e il pane, data sia agli adulti che ai bambini, (in particolare il calice divenne il simbolo degli ussiti).
3. Espropriazione dei beni ecclesiastici, povertà del clero e rinuncia ai beni materiali.
4. Pene severe per i peccati mortali commessi da membri del clero.
Per tutta risposta i gesuiti ed altri ordini religiosi si impossessarono di tanti terreni, togliendoli ai legittimi proprietari. I conventi di Praga, come pure le chiese, ostentano ricchezza, basta pensare alla casa di Loreto e alla Santa Casa: al suo interno, tra l’altro un altare d’argento di ben cinquecento chili, degli ostensori con diamanti e pietre preziose.
Ma bisogna riconoscere che la Chiesa cattolica, durante il nazismo, ha salvato tante vite. In Europa degli ecclesiastici hanno rischiato la loro vita per gli ebrei ed alcuni l’hanno persa.
Oggi molti individui, sono impegnati nel sociale e spendono la loro vita per il bene di quella parte di umanità che soffre la fame e la sete,di contro tanti altri sono indifferenti, disorientati ed impauriti da fatti violenti, la mente è continuamente bombardata da onde elettromagnetiche e da tanto altro ancora.
L’umanità si sta danneggiando.
Dovremmo tutti, potenti e non, riflettere e chiederci dove stiamo andando e conducendo i nostri figli.
La scienza , la ricerca, la conoscenza in genere, in sé e per sé, possono essere solo positive, sono strumenti,che, però, devono essere usati per il bene dell’umanità e,quindi, di tutti.
Tutti siamo corresponsabili, in quanto dobbiamo svolgere la nostra parte, anche se essa è difficile per noi esseri imperfetti: i potenti con le loro norme e con l’impiego dei loro mezzi, i comuni mortali con la possibilità di opporsi o meno e di esprimere il proprio dissenso o il proprio plauso.
Il pensiero di ognuno può portare a riflessioni e considerazioni nuove, dovute alle varie esperienze. E poi anche la non azione è azione.
Thursday, June 07, 2007
Per non dimenticare Grete Weil, scrittrice tedesca d’origine ebraica che non si sentiva ebrea
Per non dimenticare e nella speranza che tutto questo non sia successo invano.
Grete Weil, scrittrice tedesca d’origine ebraica che non si sentiva ebrea:
Il prezzo della sposa
Grete Weil è una scrittrice tedesca, d'origine ebraica, del secolo scorso appartenente all’alta borghesia. I suoi nonni erano ebrei, greci di origine.
Ha vissuto un’infanzia felice in Baviera e, poi, il dramma inaspettato della persecuzione e della deportazione, insieme al marito, ad Auschwtiz, durante il periodo nazista.
Gli ebrei sono diffidenti e pessimisti, ma non potevano mai immaginare il proprio sterminio.
Si è salvata ed è rimasta viva, ma segnata per sempre.
Quei ricordi si ripresenteranno alla mente come un terribile incubo per tutta la vita.
Si sente tedesca, non ebrea, come la sua cultura, non professa la religione ebraica per convinzione, recita da piccola solo delle preghiere in una lingua sconosciuta meccanicamente ed anche se a scuola partecipava all’ora di religione ebraica, sogna di Egmont e di Don Carlos.
Dell’ebraismo non sapeva pressoché niente.
Chi vive attraverso gli occhi, come lei, non sa che farsene di una religione che rifiuta l’immagine.
Riportata bruscamente a queste sue lontane origini deve ricercarle, conoscerle: lo fa partendo dalla storia di Davide di cui aveva potuto ammirare due quadri, da giovinetta e da cui era rimasta affascinata.
Da questo spunto fa delle sue considerazioni personali sugli antichi eroi e sulle personalità dei re ebraici.
Li vede come dei prepotenti, dei sanguinari, degli sregolati che nessuna considerazione hanno della vita altrui e, in particolare, delle donne.
Esprime il suo pensiero attraverso Micol, figlia di Saul, una ribelle che non condivide affatto l’idea di uno Jahvè che possa volere guerre, uccisioni, sventure per altri esseri umani, come hanno fatto Saul e David,impostori, che hanno giustificato i loro misfatti col divino volere.
Pertanto è lontana da queste sue radici e vicina, invece, a Davide solo come musicista, poeta e cantore.
Non condivide l’idea di un Dio terribile che giustifica i più atroci delitti per la conquista della terra promessa, lo sterminio d' interi popoli, donne e bambini trucidati troppo vivo è il ricordo di Auschwtiz.
Chi ha vissuto nei campi di concentramento non può giustificare tali atrocità.
Grete narra di una madre a cui i suoi aguzzini nel campo hanno fasciato i seni per non permetterle di allattare la figlia e verificare la capacità di sopravvivenza della neonats.
Non può condividere la mancanza di rispetto e di considerazione della donna, come persona dei tempi biblici..
Una donna, presso quell' antica società, acquista valore solo con la maternità, nulla vale se sterile. E’ considerata merce di scambio, lo sposo deve pagare un prezzo. E’ ammessa la poligamia. Un re può avere diverse mogli e concubine.
Il re Saul dà Micol in sposa a Davide e come terribile ricompensa chiede ed ottiene cento prepuzi di nemici filistei uccisi.
Micol lo sposa, ma non riesce a dimenticare il terribile prezzo pagato, i duecento prepuzi, e a darsi allo sposo la prima notte di nozze.
Gli promette che un giorno riuscirà a dargli un figlio, che sarà cantore e principe portatore di pace; ma il suo desiderio non è condiviso dal marito che spera di avere un figlio cantore e guerriero come lui.
Sono passati tremila anni ed il dramma si ripete, ancora persecuzioni d’uomini per mano di altri, Grete deve scappare dalla Germania assieme al marito perché perseguitata dai nazisti, il tempo è passato invano, nulla ha insegnato la storia,
Lei ha imparato, ora sa di essere ebrea, soltanto ebrea, una da eliminare, l’unica preoccupazione è sopravvivere.
Ma al momento della liberazione da parte degli americani il suo desiderio è di tornare nell’amata Germania; lo fa non senza ostacoli, vuole rivedere un giovane amico tedesco, che, forse, è scampato alla guerra, pur essendo una giovane recluta.
Non odia i tedeschi, si sente nonostante tutto tedesca, è stata anche disprezzata per questo, dagli ebrei americani che non hanno condiviso il suo rientro in Germania, e da altri sol che hanno sentito il suo idioma e che, perciò, senza sapere chi fosse, l’hanno bollata come un’assassina.
Ella non sente di avere nulla in comune con gli ebrei orientali e con quelli occidentali se non la sofferenza, la paura della persecuzione.
Purtroppo, conclude, nulla ha insegnato il muro del pianto, neanche agli ebrei che ancora oggi sono guerrieri, gente in lotta.
Grete Weil, scrittrice tedesca d’origine ebraica che non si sentiva ebrea:
Il prezzo della sposa
Grete Weil è una scrittrice tedesca, d'origine ebraica, del secolo scorso appartenente all’alta borghesia. I suoi nonni erano ebrei, greci di origine.
Ha vissuto un’infanzia felice in Baviera e, poi, il dramma inaspettato della persecuzione e della deportazione, insieme al marito, ad Auschwtiz, durante il periodo nazista.
Gli ebrei sono diffidenti e pessimisti, ma non potevano mai immaginare il proprio sterminio.
Si è salvata ed è rimasta viva, ma segnata per sempre.
Quei ricordi si ripresenteranno alla mente come un terribile incubo per tutta la vita.
Si sente tedesca, non ebrea, come la sua cultura, non professa la religione ebraica per convinzione, recita da piccola solo delle preghiere in una lingua sconosciuta meccanicamente ed anche se a scuola partecipava all’ora di religione ebraica, sogna di Egmont e di Don Carlos.
Dell’ebraismo non sapeva pressoché niente.
Chi vive attraverso gli occhi, come lei, non sa che farsene di una religione che rifiuta l’immagine.
Riportata bruscamente a queste sue lontane origini deve ricercarle, conoscerle: lo fa partendo dalla storia di Davide di cui aveva potuto ammirare due quadri, da giovinetta e da cui era rimasta affascinata.
Da questo spunto fa delle sue considerazioni personali sugli antichi eroi e sulle personalità dei re ebraici.
Li vede come dei prepotenti, dei sanguinari, degli sregolati che nessuna considerazione hanno della vita altrui e, in particolare, delle donne.
Esprime il suo pensiero attraverso Micol, figlia di Saul, una ribelle che non condivide affatto l’idea di uno Jahvè che possa volere guerre, uccisioni, sventure per altri esseri umani, come hanno fatto Saul e David,impostori, che hanno giustificato i loro misfatti col divino volere.
Pertanto è lontana da queste sue radici e vicina, invece, a Davide solo come musicista, poeta e cantore.
Non condivide l’idea di un Dio terribile che giustifica i più atroci delitti per la conquista della terra promessa, lo sterminio d' interi popoli, donne e bambini trucidati troppo vivo è il ricordo di Auschwtiz.
Chi ha vissuto nei campi di concentramento non può giustificare tali atrocità.
Grete narra di una madre a cui i suoi aguzzini nel campo hanno fasciato i seni per non permetterle di allattare la figlia e verificare la capacità di sopravvivenza della neonats.
Non può condividere la mancanza di rispetto e di considerazione della donna, come persona dei tempi biblici..
Una donna, presso quell' antica società, acquista valore solo con la maternità, nulla vale se sterile. E’ considerata merce di scambio, lo sposo deve pagare un prezzo. E’ ammessa la poligamia. Un re può avere diverse mogli e concubine.
Il re Saul dà Micol in sposa a Davide e come terribile ricompensa chiede ed ottiene cento prepuzi di nemici filistei uccisi.
Micol lo sposa, ma non riesce a dimenticare il terribile prezzo pagato, i duecento prepuzi, e a darsi allo sposo la prima notte di nozze.
Gli promette che un giorno riuscirà a dargli un figlio, che sarà cantore e principe portatore di pace; ma il suo desiderio non è condiviso dal marito che spera di avere un figlio cantore e guerriero come lui.
Sono passati tremila anni ed il dramma si ripete, ancora persecuzioni d’uomini per mano di altri, Grete deve scappare dalla Germania assieme al marito perché perseguitata dai nazisti, il tempo è passato invano, nulla ha insegnato la storia,
Lei ha imparato, ora sa di essere ebrea, soltanto ebrea, una da eliminare, l’unica preoccupazione è sopravvivere.
Ma al momento della liberazione da parte degli americani il suo desiderio è di tornare nell’amata Germania; lo fa non senza ostacoli, vuole rivedere un giovane amico tedesco, che, forse, è scampato alla guerra, pur essendo una giovane recluta.
Non odia i tedeschi, si sente nonostante tutto tedesca, è stata anche disprezzata per questo, dagli ebrei americani che non hanno condiviso il suo rientro in Germania, e da altri sol che hanno sentito il suo idioma e che, perciò, senza sapere chi fosse, l’hanno bollata come un’assassina.
Ella non sente di avere nulla in comune con gli ebrei orientali e con quelli occidentali se non la sofferenza, la paura della persecuzione.
Purtroppo, conclude, nulla ha insegnato il muro del pianto, neanche agli ebrei che ancora oggi sono guerrieri, gente in lotta.
Sunday, May 13, 2007
Firdaus storia di una donna egiziana di Nawal al Sa’dawi
Firdaus è un libro scritto da una donna egiziana, che se pur nata in un villaggio lungo le rive del Nilo, si è laureata in medicina e psichiatria negli anni cinquanta, spinta dal padre. E’ sposata con un uomo che la sostiene e la incoraggia nella sua attività di scrittrice, impegnata nel sociale e nella difesa dei diritti della donna.
L’Egitto è un paese dalle enormi contraddizioni, dove naturalmente diversa è la condizione della donna dei villaggi, rispetto a quella della grande metropoli ,il Cairo, come pure dell’alta borghesia rispetto ai ceti meno abbienti.
Lo sfruttamento della donna e la sopraffazione dell’uomo sulla donna è maggiore negli ambienti poveri e degradati, dove l’ignoranza e il fanatismo religioso, nel senso deteriore del termine, fanno da padroni.
Purtroppo è impressionante la miseria e il degrado di gran parte della popolazione che vive anche in grosse città , come Luxor, che nulla ha degli antichi fasti.
Non mi sarei mai aspettato di vedere animali attaccati alle carrozze dei turisti, denutriti e scheletrici, strade del centro non asfaltate, mercati dove si vende droga insieme ad altra mercanzia , nonostante le pene severe, poliziotti corrotti, case mal messe, fogne a cielo aperto.
Le leggi sulla carta esistono, ma restano lettera morta e così anche quelle sulla parità dei sessi, sancita nella costituzione egiziana ,ma non applicata nel diritto di famiglia, non è concesso alla moglie il divorzio, è ammessa la poligamia. Ma in Egitto esiste dal 1928 il diritto dell’ istruzione fino all’università anche per la donna, grazie ad un movimento femminista esistente già in quell’epoca e dal 1958 il diritto di voto, ma gran parte delle donne egiziane sono analfabete e buona parte non votano, non esiste tutela per le donne lavoratrici ed è ancora praticata l’infibulazione .La nostra scrittrice per aver parlato di tale pratica nel libro “La donna ed il sesso” è stata licenziata dal Ministero della Sanità.
L’autrice, per avere denunziato il reale stato della donna egiziana, è stata perseguitata dalle autorità, addirittura è finita in carcere e costretta un periodo all’esilio.
Le sue opere sono state censurate, ha rischiato di vedersi imposto il divorzio dal proprio marito.
Ma proprio quando era in carcere ha conosciuto Firdaus, prima dell’esecuzione capitale per aver levato il coltello al suo magnaccio, che la voleva uccidere, e ferito mortalmente, colpendolo sul collo ed in altre parti del corpo, quindi per legittima difesa, ma evidentemente la legge non è uguale per tutti.
Ella raccoglie la sua testimonianza sui soprusi subiti per mano degli uomini con cui ella è venuta in contatto: il padre riserva a lei, alla madre e ai suoi figli solo gli avanzi di cibo;
lo zio, approfitta sessualmente della nipote pur permettendole di studiare al Cairo e vorrebbe darla in sposa ad un vecchio in cambio di un lauto compenso;
un giovane cameriere diviene suo sposo, ma la maltratta e la rinchiude per evitare che ella possa andare a lavorare;
il giovane collega di cui si innamora l’inganna sposandosi con un’altra donna più ricca;
gli uomini, con cui si prostituisce non la considerano degna di rispetto perché prostituta e la considerano tanto più preziosa quanto più caro è il prezzo che devono pagare per averla fisicamente;
Ma Fridaus considera che è migliore la condizione di una prostituta di alto bordo, quale essa è stata che quelle di una donna sfruttata nella famiglia o di una donna lavoratrice sottopagata e perciò non considerata, ma tutto ciò fino a quando un protettore non prende tutti i suoi guadagni e non la schiavizza.
Ella ha ucciso per legittima difesa e perché preferisce essere giustiziata per affermare la sua dignità di donna che, come tale, non può e non deve accettare soprusi da parte degli altri uomini coalizzati fra di loro.
Ed è con estrema dignità che l’Associazione delle Madri Egiziane nel giugno del 2005 proclamano una giornata di lutto nazionale ed invitano le altre donne a vestirsi di nero per protestare e chiedere le dimissioni del Ministro dell’Interno per i maltrattamenti e gli abusi sessuali
L’Egitto è un paese dalle enormi contraddizioni, dove naturalmente diversa è la condizione della donna dei villaggi, rispetto a quella della grande metropoli ,il Cairo, come pure dell’alta borghesia rispetto ai ceti meno abbienti.
Lo sfruttamento della donna e la sopraffazione dell’uomo sulla donna è maggiore negli ambienti poveri e degradati, dove l’ignoranza e il fanatismo religioso, nel senso deteriore del termine, fanno da padroni.
Purtroppo è impressionante la miseria e il degrado di gran parte della popolazione che vive anche in grosse città , come Luxor, che nulla ha degli antichi fasti.
Non mi sarei mai aspettato di vedere animali attaccati alle carrozze dei turisti, denutriti e scheletrici, strade del centro non asfaltate, mercati dove si vende droga insieme ad altra mercanzia , nonostante le pene severe, poliziotti corrotti, case mal messe, fogne a cielo aperto.
Le leggi sulla carta esistono, ma restano lettera morta e così anche quelle sulla parità dei sessi, sancita nella costituzione egiziana ,ma non applicata nel diritto di famiglia, non è concesso alla moglie il divorzio, è ammessa la poligamia. Ma in Egitto esiste dal 1928 il diritto dell’ istruzione fino all’università anche per la donna, grazie ad un movimento femminista esistente già in quell’epoca e dal 1958 il diritto di voto, ma gran parte delle donne egiziane sono analfabete e buona parte non votano, non esiste tutela per le donne lavoratrici ed è ancora praticata l’infibulazione .La nostra scrittrice per aver parlato di tale pratica nel libro “La donna ed il sesso” è stata licenziata dal Ministero della Sanità.
L’autrice, per avere denunziato il reale stato della donna egiziana, è stata perseguitata dalle autorità, addirittura è finita in carcere e costretta un periodo all’esilio.
Le sue opere sono state censurate, ha rischiato di vedersi imposto il divorzio dal proprio marito.
Ma proprio quando era in carcere ha conosciuto Firdaus, prima dell’esecuzione capitale per aver levato il coltello al suo magnaccio, che la voleva uccidere, e ferito mortalmente, colpendolo sul collo ed in altre parti del corpo, quindi per legittima difesa, ma evidentemente la legge non è uguale per tutti.
Ella raccoglie la sua testimonianza sui soprusi subiti per mano degli uomini con cui ella è venuta in contatto: il padre riserva a lei, alla madre e ai suoi figli solo gli avanzi di cibo;
lo zio, approfitta sessualmente della nipote pur permettendole di studiare al Cairo e vorrebbe darla in sposa ad un vecchio in cambio di un lauto compenso;
un giovane cameriere diviene suo sposo, ma la maltratta e la rinchiude per evitare che ella possa andare a lavorare;
il giovane collega di cui si innamora l’inganna sposandosi con un’altra donna più ricca;
gli uomini, con cui si prostituisce non la considerano degna di rispetto perché prostituta e la considerano tanto più preziosa quanto più caro è il prezzo che devono pagare per averla fisicamente;
Ma Fridaus considera che è migliore la condizione di una prostituta di alto bordo, quale essa è stata che quelle di una donna sfruttata nella famiglia o di una donna lavoratrice sottopagata e perciò non considerata, ma tutto ciò fino a quando un protettore non prende tutti i suoi guadagni e non la schiavizza.
Ella ha ucciso per legittima difesa e perché preferisce essere giustiziata per affermare la sua dignità di donna che, come tale, non può e non deve accettare soprusi da parte degli altri uomini coalizzati fra di loro.
Ed è con estrema dignità che l’Associazione delle Madri Egiziane nel giugno del 2005 proclamano una giornata di lutto nazionale ed invitano le altre donne a vestirsi di nero per protestare e chiedere le dimissioni del Ministro dell’Interno per i maltrattamenti e gli abusi sessuali
Di Fatema Mernissi L’harem e l’occidente
L’autrice di questo libro è nata in Marocco, a Fez, nel 1940, docente di sociologia presso l’Università di Rabat., nipote di una donna, a suo dire, illetterata, ma intelligente ed autodeterminata, che viveva in un harem.
Con questo libro la scrittrice fa un’ analisi del modo di vedere l’harem da parte degli uomini occidentali e una descrizione di come esso effettivamente è.
Gli occidentali hanno un’idea del tutto erronea, lo immaginano diverso da come è: un luogo di piacere dove le donne sono dedite al sesso e a disposizione dell’uomo detentore.
L’harem è, in realtà,una tradizionale abitazione familiare dalle porte sbarrate,che le donne non sono autorizzate ad aprire.
Rappresenta un luogo di costrizione, abitato da donne intelligenti, apprezzate dall’uomo musulmano per le doti intellettuali, più che per quelle fisiche, determinate a far valere la propria personalità. Esse, talvolta, lottano fra di loro e talaltra si coalizzano, sono delle vere sovversive, che talora non esitano ad uccidere il proprio uomo, quando perdono il potere (molti sultani sono morti per mano di una donna).
Sono curiose, colte e raffinate, attente, desiderano focalizzarsi sugli stranieri che incontrano per comprenderli ,poiché la loro comprensione accresce quella di sè stesse e la loro forza.
L’opportunità di viaggiare, dice Jasmina, la nonna dell’autrice, è un sacro privilegio: la maggiore occasione per lasciarsi dietro la propria debolezza.
La scrittrice ha avuto l’opportunità di farlo.
E’ normale ,dice la nonna, provare panico al momento di attraversare oceani e fiumi.
Quando una donna si decide ad usare le ali, si assume grandi rischi, ella dovrebbe vivere come una nomade, sempre all’erta e pronta a migrare quando è amata, perché l’amore può fagocitarla e divenire la sua prigione.
Le donne dell’harem amano il loro uomo ,ma nutrono rancore verso di lui, perché li rinchiude.
Il tradimento è visto come un atto di sfida e come un superamento del limite della prigione.
La donna è un universo disconosciuto da parte dell’uomo nella sua profondità ed essa ne è fiera e consapevole,a volte è la padrone del gioco, confonde califfi ed imperatori
L’uomo, nel momento stesso che la rinchiude, ne riconosce il suo valore, ha paura di perdere la sua supremazia.
Gli harem sono luoghi densamente popolati ,dove non esiste privacy e tutti controllano tutti, per le donne non vi è gratificazione sessuale, neanche per le sposate, costrette a dividere l’uomo con le altre
Per gli uomini occidentali, Kant, dice l’autrice, il cervello di una donna normale è programmato per un sentire delicato, non deve, perciò, speculare. Il femminile è il bello, il maschile è il sublime, inteso come capacità di elevarsi sopra gli animali.
Diversa è la concezione degli uomini arabi che amano nell’intimità instaurare un dialogo,confrontarsi con le loro donne.
Nell’epoca moderna le donne musulmane hanno guadagnato l’accesso al mare,hanno polverizzato le frontiere dell’harem e hanno ottenuto il diritto allo spazio pubblico.
Velate o no, dice Fatema, siamo per le strade a milioni.
Con l’istruzione pubblica le musulmane hanno riacquistato le ali, gli uomini hanno perso la loro battaglia e gli estremi casi di violenza nelle strade algerine o afgane, contro le donne non velate sono il segno della fine del dispotismo maschile.
Sono una forza imponente civile che lotta per la democrazia e per la parità.
Fatema riscatta la donna musulmana, ma a scapito di quella occidentale che considera, ancora schiava dell’uomo, dimenticando le mille battaglie e le mille conquiste ottenute anche nell’ambito del diritto di famiglia, ancora , per la verità, poco paritario nel mondo musulmano.
Certo le donne sia occidentali, che orientali devono conquistarsi ancora molti spazi soprattutto nella politica, ma è con l’unione, con la cooperazione, con la saggezza e con l’amore che si devono vincere le battaglie per il bene comune dell’umanità tutta.
La donna occidentale , a differenza di quella musulmana, conclude Fatema Mernissi, è schiava dei canoni di bellezza stabiliti dagli uomini, dalla industria della moda,che è in mano maschile, e, se esce fuori da tali canoni,diventa invisibile. Una donna matura e brutta non conta nella società,deve essere bella e giovane, anche se senza cervello non importa.
L’arma dell’uomo contro le donne è il tempo, l’uomo occidentale vela le donne mature,avvolgendole nel chador della bruttezza.
La scrittrice conclude ringraziando Allah per averle risparmiato la tirannia dell’harem dell’attuale taglia 42.
Con questo libro la scrittrice fa un’ analisi del modo di vedere l’harem da parte degli uomini occidentali e una descrizione di come esso effettivamente è.
Gli occidentali hanno un’idea del tutto erronea, lo immaginano diverso da come è: un luogo di piacere dove le donne sono dedite al sesso e a disposizione dell’uomo detentore.
L’harem è, in realtà,una tradizionale abitazione familiare dalle porte sbarrate,che le donne non sono autorizzate ad aprire.
Rappresenta un luogo di costrizione, abitato da donne intelligenti, apprezzate dall’uomo musulmano per le doti intellettuali, più che per quelle fisiche, determinate a far valere la propria personalità. Esse, talvolta, lottano fra di loro e talaltra si coalizzano, sono delle vere sovversive, che talora non esitano ad uccidere il proprio uomo, quando perdono il potere (molti sultani sono morti per mano di una donna).
Sono curiose, colte e raffinate, attente, desiderano focalizzarsi sugli stranieri che incontrano per comprenderli ,poiché la loro comprensione accresce quella di sè stesse e la loro forza.
L’opportunità di viaggiare, dice Jasmina, la nonna dell’autrice, è un sacro privilegio: la maggiore occasione per lasciarsi dietro la propria debolezza.
La scrittrice ha avuto l’opportunità di farlo.
E’ normale ,dice la nonna, provare panico al momento di attraversare oceani e fiumi.
Quando una donna si decide ad usare le ali, si assume grandi rischi, ella dovrebbe vivere come una nomade, sempre all’erta e pronta a migrare quando è amata, perché l’amore può fagocitarla e divenire la sua prigione.
Le donne dell’harem amano il loro uomo ,ma nutrono rancore verso di lui, perché li rinchiude.
Il tradimento è visto come un atto di sfida e come un superamento del limite della prigione.
La donna è un universo disconosciuto da parte dell’uomo nella sua profondità ed essa ne è fiera e consapevole,a volte è la padrone del gioco, confonde califfi ed imperatori
L’uomo, nel momento stesso che la rinchiude, ne riconosce il suo valore, ha paura di perdere la sua supremazia.
Gli harem sono luoghi densamente popolati ,dove non esiste privacy e tutti controllano tutti, per le donne non vi è gratificazione sessuale, neanche per le sposate, costrette a dividere l’uomo con le altre
Per gli uomini occidentali, Kant, dice l’autrice, il cervello di una donna normale è programmato per un sentire delicato, non deve, perciò, speculare. Il femminile è il bello, il maschile è il sublime, inteso come capacità di elevarsi sopra gli animali.
Diversa è la concezione degli uomini arabi che amano nell’intimità instaurare un dialogo,confrontarsi con le loro donne.
Nell’epoca moderna le donne musulmane hanno guadagnato l’accesso al mare,hanno polverizzato le frontiere dell’harem e hanno ottenuto il diritto allo spazio pubblico.
Velate o no, dice Fatema, siamo per le strade a milioni.
Con l’istruzione pubblica le musulmane hanno riacquistato le ali, gli uomini hanno perso la loro battaglia e gli estremi casi di violenza nelle strade algerine o afgane, contro le donne non velate sono il segno della fine del dispotismo maschile.
Sono una forza imponente civile che lotta per la democrazia e per la parità.
Fatema riscatta la donna musulmana, ma a scapito di quella occidentale che considera, ancora schiava dell’uomo, dimenticando le mille battaglie e le mille conquiste ottenute anche nell’ambito del diritto di famiglia, ancora , per la verità, poco paritario nel mondo musulmano.
Certo le donne sia occidentali, che orientali devono conquistarsi ancora molti spazi soprattutto nella politica, ma è con l’unione, con la cooperazione, con la saggezza e con l’amore che si devono vincere le battaglie per il bene comune dell’umanità tutta.
La donna occidentale , a differenza di quella musulmana, conclude Fatema Mernissi, è schiava dei canoni di bellezza stabiliti dagli uomini, dalla industria della moda,che è in mano maschile, e, se esce fuori da tali canoni,diventa invisibile. Una donna matura e brutta non conta nella società,deve essere bella e giovane, anche se senza cervello non importa.
L’arma dell’uomo contro le donne è il tempo, l’uomo occidentale vela le donne mature,avvolgendole nel chador della bruttezza.
La scrittrice conclude ringraziando Allah per averle risparmiato la tirannia dell’harem dell’attuale taglia 42.
Sunday, May 06, 2007
All’On. Sindaco di Catania Prof.re Umberto Scapagnini Proposta di gemellaggio Catania Lisbona.
Onorevole Sindaco
sono una catanese.
Le scrivo per proporle un gemellaggio fra queste due città d’Europa, Catania e Lisbona, al fine di favorire gli scambi culturali fra di loro.
L’idea mi è sorta dopo che ho effettuato una breve visita a Lisbona nel mese di marzo.
Vi ho trovato un caldo estivo ed il sole quasi abbagliante, proprio come a Catania.
Strade larghe, alberate, a diverse corsie mi portano dall’aeroporto al mio hotel nella parte moderna della città, zona Pombal, piena di negozi, alberghi e parchi.
Il tempo di una rinfrescatina e via a piedi verso il centro storico.
Pensavo di avere qualche difficoltà con la lingua portoghese ed invece le insegne dei negozi , le scritte dei cartelloni e persino i giornali sono per me comprensibilissimi: mi aiuta il mio dialetto, il siciliano.
Lisbona non è una città antica , pochi sono i resti medievali, un grande terremoto l’ ha distrutto nel 1755 ed è stata ricostruita da un marchese illuminato Pombal.
Egli ha curato il piano regolatore con grandi strade parallele fra di loro, quelle laterali dell’oro, dell’argento e dei tessuti, e una centrale che porta alla Piazza del Commercio, dove un tempo sorgeva il Palazzo Reale, che si affacciava lungo la foce del fiume Tago, tanto larga da sembrare mare.
Ha quindi delle analogie con Catania che è stata distrutta da un grande terremoto e dalla lava nel 1693 e ricostruita da un duca illuminato, il Duca di Camastra, che ha ridisegnato la città .
Anche in essa una grande via centrale, via Etnea, che dalla montagna per eccellenza, l’Etna, porta al cuore della città, piazza Duomo, che è anche piazza del Municipio.
I due edifici si affacciavano un tempo sul mare, ma ora ne sono separati mediante i cosiddetti Archi della Marina.
A Lisbona l’antico Duomo si trova nei pressi della Piazza del Commercio, ove era posto un tempo il Palazzo Reale, nella Baixia.
Esse sono due città forti, che, distrutte dalle forze prorompenti della natura, hanno avuto la forza di rinascere, pur essendovi sempre il pericolo imminente di una loro distruzione.
In ambedue la Chiesa cattolica con l’imponenza delle sue costruzioni mostra il suo potere, monasteri e chiese fortificate, che hanno del sacro e del profano.
A Lisbona :
da un lato vi è misticità e pace nei chiostri e nelle belle chiese gotiche, con le loro volte che si slanciano verso il cielo e illuminate dai raggi di sole, filtranti dall’alto;
l’eleganza, la leggerezza e la raffinatezza delle colonne merlettate “stile manuelito” sono testimoni di bellezza e armonia;
dall’altro i racconti della fastosa vita delle colonie, narrati nelle ceramiche ,”azuleios” ,che ornano i muri degli scaloni o dei cortili, testimoniano il lusso, le ricchezze e l’attaccamento alle cose terrene dei membri della chiesa cattolica, pronti a difendere il loro stato con le armi.
Pure a Catania il Duomo è fortificato, come anchel’antico Monastero dei Benedettini, ora sede dell’Università e della Biblioteca Ursino Recupero, dove si conservano preziosi manoscritti.
Quest’è uno dei più grandi di Europa con la sua enorme chiesa, dove l’immenso organo,da poco restaurato ,opera di Del Piano, riempiva di note divine il suo interno.
I colti ed eleganti monaci si portavano dalle loro residenze i cuochi e la loro cucina era ricca, raffinata ed elaborata, essi, poveretti, morivano di gotta per l’eccessivo consumo di carne; le clarisse nelle loro splendide dorate chiese barocche, dietro le grate,intonavano e intonano, ancora oggi canti celestiali.
Infine ambedue le città risentono della cultura araba poiché entrambe sono state anche sotto il dominio arabo, di cui in Lisbona vi è traccia nello stile architettonico portoghese ,“il manuelito”
( che fonde elementi gotici, barocchi ed arabi).
Catania ,all’epoca degli arabi “Qataniah”, anche chiamata “Balad al fil”, cioè città dell’elefante, purtroppo conserva poco dello stile architettonico arabo; un tempo, inoltre, era piena di mulini ad acqua , cosiddette norie, come Lisbona, essendo ambedue ricche di corsi d’acqua, da noi divenuti sotterranei essendo stati sepolti dalla lava.
Il termine noria deriva dall’arabo na-ara.
Tanti altri potrebbero essere i motivi di un gemellaggio culturale ,ma non voglio dilungarmi e vi ringrazio fin d’ora , poiché sono sicura che accoglierete questa mia richiesta che sicuramente sarà condivisa da molti cittadini di entrambe le città
sono una catanese.
Le scrivo per proporle un gemellaggio fra queste due città d’Europa, Catania e Lisbona, al fine di favorire gli scambi culturali fra di loro.
L’idea mi è sorta dopo che ho effettuato una breve visita a Lisbona nel mese di marzo.
Vi ho trovato un caldo estivo ed il sole quasi abbagliante, proprio come a Catania.
Strade larghe, alberate, a diverse corsie mi portano dall’aeroporto al mio hotel nella parte moderna della città, zona Pombal, piena di negozi, alberghi e parchi.
Il tempo di una rinfrescatina e via a piedi verso il centro storico.
Pensavo di avere qualche difficoltà con la lingua portoghese ed invece le insegne dei negozi , le scritte dei cartelloni e persino i giornali sono per me comprensibilissimi: mi aiuta il mio dialetto, il siciliano.
Lisbona non è una città antica , pochi sono i resti medievali, un grande terremoto l’ ha distrutto nel 1755 ed è stata ricostruita da un marchese illuminato Pombal.
Egli ha curato il piano regolatore con grandi strade parallele fra di loro, quelle laterali dell’oro, dell’argento e dei tessuti, e una centrale che porta alla Piazza del Commercio, dove un tempo sorgeva il Palazzo Reale, che si affacciava lungo la foce del fiume Tago, tanto larga da sembrare mare.
Ha quindi delle analogie con Catania che è stata distrutta da un grande terremoto e dalla lava nel 1693 e ricostruita da un duca illuminato, il Duca di Camastra, che ha ridisegnato la città .
Anche in essa una grande via centrale, via Etnea, che dalla montagna per eccellenza, l’Etna, porta al cuore della città, piazza Duomo, che è anche piazza del Municipio.
I due edifici si affacciavano un tempo sul mare, ma ora ne sono separati mediante i cosiddetti Archi della Marina.
A Lisbona l’antico Duomo si trova nei pressi della Piazza del Commercio, ove era posto un tempo il Palazzo Reale, nella Baixia.
Esse sono due città forti, che, distrutte dalle forze prorompenti della natura, hanno avuto la forza di rinascere, pur essendovi sempre il pericolo imminente di una loro distruzione.
In ambedue la Chiesa cattolica con l’imponenza delle sue costruzioni mostra il suo potere, monasteri e chiese fortificate, che hanno del sacro e del profano.
A Lisbona :
da un lato vi è misticità e pace nei chiostri e nelle belle chiese gotiche, con le loro volte che si slanciano verso il cielo e illuminate dai raggi di sole, filtranti dall’alto;
l’eleganza, la leggerezza e la raffinatezza delle colonne merlettate “stile manuelito” sono testimoni di bellezza e armonia;
dall’altro i racconti della fastosa vita delle colonie, narrati nelle ceramiche ,”azuleios” ,che ornano i muri degli scaloni o dei cortili, testimoniano il lusso, le ricchezze e l’attaccamento alle cose terrene dei membri della chiesa cattolica, pronti a difendere il loro stato con le armi.
Pure a Catania il Duomo è fortificato, come anchel’antico Monastero dei Benedettini, ora sede dell’Università e della Biblioteca Ursino Recupero, dove si conservano preziosi manoscritti.
Quest’è uno dei più grandi di Europa con la sua enorme chiesa, dove l’immenso organo,da poco restaurato ,opera di Del Piano, riempiva di note divine il suo interno.
I colti ed eleganti monaci si portavano dalle loro residenze i cuochi e la loro cucina era ricca, raffinata ed elaborata, essi, poveretti, morivano di gotta per l’eccessivo consumo di carne; le clarisse nelle loro splendide dorate chiese barocche, dietro le grate,intonavano e intonano, ancora oggi canti celestiali.
Infine ambedue le città risentono della cultura araba poiché entrambe sono state anche sotto il dominio arabo, di cui in Lisbona vi è traccia nello stile architettonico portoghese ,“il manuelito”
( che fonde elementi gotici, barocchi ed arabi).
Catania ,all’epoca degli arabi “Qataniah”, anche chiamata “Balad al fil”, cioè città dell’elefante, purtroppo conserva poco dello stile architettonico arabo; un tempo, inoltre, era piena di mulini ad acqua , cosiddette norie, come Lisbona, essendo ambedue ricche di corsi d’acqua, da noi divenuti sotterranei essendo stati sepolti dalla lava.
Il termine noria deriva dall’arabo na-ara.
Tanti altri potrebbero essere i motivi di un gemellaggio culturale ,ma non voglio dilungarmi e vi ringrazio fin d’ora , poiché sono sicura che accoglierete questa mia richiesta che sicuramente sarà condivisa da molti cittadini di entrambe le città
Thursday, April 12, 2007
Turchia II Parte
Viaggio in Turchia II Parte
Lasciata la bella Cappadocia ci rechiamo a Smirne, sull’Egeo una ridente cittadina,il cui nome greco antico era Izmir, in italiano Mirra, pare che nella zona fosse presente l’albero di Mirra. Nelle campagne di questa grande nazione si incontrano grandi campi di fiori spontanei, i papaveri viola, più grandi dei nostri e meno belli: sono quelli da cui si estrae l’ oppio, il cui uso in Turchia è stato vietato negli anni 70.
Quel che ricordo di Smirne sono gli anziani con la barba, che fumano il narghilè, da soli o in gruppo attorno ad un tavolo, seduti nei bar lungo i marciapiedi delle strade del porto, ed uno strombettare improvviso e il vocio festante, provenienti da una fila di macchine scoperte che marciano l’una dietro l’altra con in testa un’auto dove sta in piedi un bambino, vestito di bianco, dall’apparente età di dieci anni, che saluta felice i passanti.
Seguiamo il corteo che si ferma al parcheggio di un ristorante, dove le persone,vestite a festa, entrano, li seguiamo. Il bambino viene portato in una stanza dove vi è un letto grande, viene fatto coricare, gli invitati gli porgono dei doni, egli li riceve felice, poi giunge un medico che lo anestetizza per procedere alla circoncisione e gli astanti vanno a festeggiare al ristorante.
A pochi chilometri da Smirne vi è Efeso,la cui antica città era prima sul mare, visitiamo i resti e camminando per le strade, visitando,l’antico teatro , vedendo la facciata della biblioteca e dell’archivio,il ginnasio, le due porte della città mi sembra di vivere in quel tempo e di sentire le voci degli antichi abitanti . Efeso fu in origine greca, ma la maggior parte dei resti esistenti risalgono all’epoca romana, fu la città di San Paolo e di San Giovanni, che ebbe affidata la Madonna, che sembra essere morta nelle vicinanze dell’antico sito, il luogo è custodito da un monaco al tempo milanese, un uomo alto con una bella barba.Il mio scetticismo mi porta a non credere, ma un senso di pace e di benessere mi pervade, mai ero stata così bene, ma tutto ciò è indescrivibile.
Lasciata la bella Cappadocia ci rechiamo a Smirne, sull’Egeo una ridente cittadina,il cui nome greco antico era Izmir, in italiano Mirra, pare che nella zona fosse presente l’albero di Mirra. Nelle campagne di questa grande nazione si incontrano grandi campi di fiori spontanei, i papaveri viola, più grandi dei nostri e meno belli: sono quelli da cui si estrae l’ oppio, il cui uso in Turchia è stato vietato negli anni 70.
Quel che ricordo di Smirne sono gli anziani con la barba, che fumano il narghilè, da soli o in gruppo attorno ad un tavolo, seduti nei bar lungo i marciapiedi delle strade del porto, ed uno strombettare improvviso e il vocio festante, provenienti da una fila di macchine scoperte che marciano l’una dietro l’altra con in testa un’auto dove sta in piedi un bambino, vestito di bianco, dall’apparente età di dieci anni, che saluta felice i passanti.
Seguiamo il corteo che si ferma al parcheggio di un ristorante, dove le persone,vestite a festa, entrano, li seguiamo. Il bambino viene portato in una stanza dove vi è un letto grande, viene fatto coricare, gli invitati gli porgono dei doni, egli li riceve felice, poi giunge un medico che lo anestetizza per procedere alla circoncisione e gli astanti vanno a festeggiare al ristorante.
A pochi chilometri da Smirne vi è Efeso,la cui antica città era prima sul mare, visitiamo i resti e camminando per le strade, visitando,l’antico teatro , vedendo la facciata della biblioteca e dell’archivio,il ginnasio, le due porte della città mi sembra di vivere in quel tempo e di sentire le voci degli antichi abitanti . Efeso fu in origine greca, ma la maggior parte dei resti esistenti risalgono all’epoca romana, fu la città di San Paolo e di San Giovanni, che ebbe affidata la Madonna, che sembra essere morta nelle vicinanze dell’antico sito, il luogo è custodito da un monaco al tempo milanese, un uomo alto con una bella barba.Il mio scetticismo mi porta a non credere, ma un senso di pace e di benessere mi pervade, mai ero stata così bene, ma tutto ciò è indescrivibile.
Subscribe to:
Posts (Atom)