Saturday, December 13, 2008

Viaggio a Berlino

Cari amici sono partita di nuovo, stavolta la mia meta è stata Berlino.
Un breve viaggio, i giorni a mia disposizione sono stati veramente pochi.
I Berlinesi sono persone veramente in gamba, che non si arrendono di fronte
all’avversità, il ricordo della guerra e delle sue conseguenze negative è
ancora molto forte, è dell’altro giorno la notizia che un uomo di quarantadue
anni ha staccato la testa alla statua di cera di Hitler, perché contro la
guerra e le atrocità commesse. I berlinesi hanno pagato con la distruzione
della propria città ed in termini di vita umane e di dilaniazione degli
affetti, ma hanno saputo reagire con serietà e determinazione. sottoponendosi a
grandi sforzi economici per la ricostruzione, hanno rifatto chiese, monumenti,
palazzi, castelli e conciliato mirabilmente l’architettura antica con quella
moderna.La città è piena di vita, di luci, di attività culturali, concerti di
vario genere, mostre , musei, festivales, parchi, laghi, canali,luoghi di
memorie storiche, non si finisce mai di stupirsi. Berlino è multienica e varie
religioni coesistono sullo stesso territorio, ma questo spirito di accoglienza
fattiva ( sono state creste scuole per l’integrazione degli immigrati e dati
aiuti alle famiglie), è stato annientato in un momento da un uomo, Hitler, il
cui ricordo brucia ancora. E tutto ciò si sente nell’aria.e dà ad essa un’aria
di mestizia, nonostante le belle giornate estive ed il canto degli uccelli nei
parchi.
Ancora per la verità nelle strade si incontrano dei giovani nuveaux nazisti,
ma sono per fortuna una sparuta minoranza. Le birrerie non sono così festose
come in Baviera, mentre i monumenti pubblici e le strade sono fastosi, non così
le abitazioni dei privati, piuttosto modeste villette di lavoratori onesti e
indefessi, il senso del pubblico e del collettivo prevale sul privato, la gente
veste con sobrietà e con un poco di cattivo gusto, anche l’arredamento delle
case ne risente. E la città nel suo complesso che deve far bella mostra di sé,
non il singolo, non c’è vana gloria a differenza della Italia, gli italiani
forse per il loro modo di fare in generale, però, non sembrano essere
particolarmente ben visti. E se prendessimo esempio dalla serietà della
Germania, forse avremmo qualche speranza di farcerla nonostante tutto. Ah
dimenticavo ho visto delle carrozzine in città con dei bambini, in Italia non
se ne vedono più, se non qualcuna. Stanno facendo una politica che tenga conto
dei giovani ai quali danno una speranza futura? I nostri figli sono
scoraggiati, pensano che, se vorranno crearsi un futuro, devono emigrare,
lasciare la loro bellissima terra per loro divenuta inospitale, Ed in Italia
fra qualche anno chi rimarrà? Solo vecchi ricchi non in grado di badare a loro
stessi, tutto ciò mi suscita un’enorme tristezza. Ma a tutto ciò si può porre
rimedio, girando la corda pazza e facendo agire quella savia.

Sunday, December 07, 2008

Andando verso Santiago di Campostela partendo da Catania: improvvisazione di un viaggio, accadimenti fortuiti, coincidenze…

A settembre di questo anno (2008) con Giuseppe decidiamo di partire per 12
giorni per uno stacco dal solito tran tran quotidiano. Siamo molto impegnati,
non abbiamo il tempo di programmare , tutto è lasciato al caso, acquistiamo
però una guida Touring relativa al Cammino di Santiago de Campostela (luogo
della stella), pensando di percorrere una parte del Cammino Francese, primo
itinerario culturale europeo e patrimonio dell’Umanità. La cosa mi diverte,un
pò meno a Giuseppe che si lamenta. Nella quotidianità siamo costretti a vivere
le nostre giornate secondo ritmi già stabiliti e di ciò continuamente ci
lamentiamo. All’ultimo minuto Giuseppe decide e prenota l’aereo per Torino da
Catania e da Bergamo per Santander e a da qui una macchina per il viaggio fino
a Leòn e ritorno.
· I Tappa. Torino.
Vi ho abitato per circa un anno nel 1977. Appena arrivata mi accorgo che il
ricordo delle vie, un tempo a me familiari, si è sbiadito. Dobbiamo rimanervi
solo un giorno, cerchiamo di alloggiare all’ostello della Gioventù nei pressi
di viale Tovez, dove è sito tra l’altro l’austero collegio Sacro Cuore,
frequentato un tempo anche dagli Agnelli.
Ma nell’accogliente ostello non c’è posto, occorreva prenotare ,magari via e-
mail, ci spostiamo, quindi, in un albergo centrale modesto, siamo dei
pellegrini del XXI sec., vogliamo vivere con modestia, si fa per dire, il
nostro è un viaggio culturale e spirituale, anche se non cristiano, vogliamo
mettere alla prova noi stessi, almeno questa è la mia idea.
Dopo aver passeggiato per le vie del centro, in mezzo alle bancarelle piene
di interessantissimi libri anche antichi e rari, ci avviamo al Museo Egizio, il
secondo dopo quello del Cairo. Qui è conservato tra l’altro il papiro
contenente il cosiddetto Libro dei morti, la cui traduzione esatta è “Libro
per uscire al giorno”, contenente una serie di formule magiche religiose che
venivano recitate dal sacerdote lettore per aiutare il defunto nel suo viaggio
nell’aldilà, viaggio che lo doveva condurre, per essere giudicato da Osiride,
dio dei morti e poi verso la luce; sono formule e racconti incentrati sul
viaggio notturno del Dio Sole (nelle sue diverse manifestazioni) e della sua
lotta con le forze del male (tra cui Apofi) che tentano, nottetempo, di
fermarlo per non farlo risorgere al mattino.
Apofi, secondo gli antichi egizi, era la divinità del buio e del Caos, spesso
rappresentato con le sembianze di un serpente cobra, poteva essere combattuto e
reso innocuo, per un certo tempo, ma non distrutto rappresentando, nel continuo
conflitto con Ra, lo scontro ancestrale tra bene e male. Era necessario
l'intervento del dio-serpente Mehen e di Iside per garantire il proseguimento
del viaggio del Sole nella Dua,. Secondo la mitologia Apofi, dopo essere stato
domato dalle forze del bene, veniva incatenato e trafitto coi coltelli, il
sangue che sgorgava dalle sue ferite, tingeva i cieli mattutini di rosso.
Mehen, nella mitologia egizia, è il benefico dio-serpente, guardiano della
sacra barca solare di Ra ,Dio Sole, e il cui nome significa "colui che è
arrotolato. Iside è spesso simboleggiata da una vacca,che racchiude tra le
corna il Sole. Nell'iconografia è rappresentata anche come un falco o come una
donna con ali di uccello e simboleggia il vento. In forma alata è anche dipinta
sui sarcofaghi nell’atto di prendere l’anima tra le ali per condurla a nuova
vita. Solitamente viene raffigurata con un’uadi. Lo scettro uas era un bastone
con una forcella all'estremità inferiore e nella parte superiore, leggermente
ricurva, la testa stilizzata di un animale. Frequenti anche le rappresentazioni
della dea mentre allatta il figlio Horo. Nel Duat, aldilà, oltretomba, Osiride
pesava i cuori dei morti su un piatto della bilancia, mentre sull’altro vi era
una piuma. Le anime, che pesavano di più a causa dei peccati, venivano date in
pasto ad Ammit, mentre quelle che erano abbastanza leggere venivano mandate da
Aaru
Il libro dei morti , oltre che su papiro, è conservato raffigurato sulle
pareti delle piramidi o sui sarcofaghi. Una curiosità si sono trovati altri
libri della liturgia funeraria nelle tombe come la Litania di Ra, il Libro
delle porte, il Libro delleà caverne, il libro del paradiso, il libro della
terra.
Usciti dal Museo, presso un caffè, sorseggiamo la famosa cioccolata calda.
La sera camminiamo lungo le rive del Po’ e a piazza Castello.
· II Tappa Bergamo e Paesi Baschi
L’indomani ci rechiamo a Bergamo per prendere l’aereo per Santander, una
tappa del Cammino nord, ridente cittadina sulla riva nord dell’Atlantico,
capitale della Comunità Autonoma della Cantabria, sul golfo di Biscaglie, dove
fra l’altro vi è l’università dell’Opus Dei. Arriviamo all’aeroporto di sera e
per fortuna riusciamo a prelevare la macchina prenotata via internet, i prezzi
sono molto convenienti. Camminando per le vie del centro finalmente riusciamo
a trovare l’albergo, dopo molteplici giri troviamo un posto in un posteggio ad
ore. Andiamo in un’enoteca vicino l’albergo, che già stava per chiudere e ci
serve per dovere di ospitalità un piatto di formaggi e del vino, tutti gli
altri locali nelle vicinanze sono già chiusi e poi una passeggiata fino una
delle due chiese principali, la "Iglesia de la Anunciacion" del XVII, detta la
Compaňia, L’indomani, dopo una panoramica delle strade centrali , ci rechiamo
nella residenza estiva dei reali sulla penisola della Maddalena e nella plaia
adiacente per un bagno ristoratore. Poi partiamo, facciamo la litoranea del
Golfo di Biscaglie, in spagnolo Vizcaya, la costa è di impareggiabile bellezza
spesso rocciosa, alta e frastagliata, altre volte con spiagge bianche o dorate,
riparo per le tartarughe, paradiso dei serfisti per le onde alte e tumultuose,
il mare atlantico è profondo ed abitato da cetacei e delfini, ma anche di pesci
di piccolo taglio, tipo le acciughe. Arriviamo a Donastia San Sebastian,
cittadina della costa elegante e raffinata, posteggiamo lungo la riva del
fiume Urumea, che lo attraversa, ci rechiamo presso un ufficio turistico e
troviamo un alloggio, per la verità molto scadente, ma, frequentato da
studenti peregrini, in pieno centro storico vicino alla piazza mercato e all’
elegante Calle Mayor, giriamo per le vie alla ricerca di una trattoria tipica e
successivamente della Cattedrale del Buon Pastor, della metà dell’ 800, e
dopo del teatro. L’indomani, prima di ripartire, facciamo una passeggiata lungo
el paseo, la salita del castello, fortezza sul monte Urqull, una foto alla
seconda Cattedrale, quella di San Sebastian ,una passeggiata fino alla
spiaggia, dove vi è l’antico lido stile bell’epòque, e partiamo alla volta di
Bilbao, capitale della provincia di Biscaglie, industriale e moderna e
successivamente verso il confine francese, attraversando i paesi baschi. I
Baschi, sia francesi, che spagnoli, si considerano un popolo a parte, hanno
una loro precisa identità , sono bilingui, parlano l’euskara lingua
indoeuropea, di origine in parte caucasica, in parte berbera, oltre alla lingua
spagnola in Spagna e francese in Francia. Andiamo a visitare la spiaggia di
Biarritz sul golfo di Guascogna, un tempo villaggio di pescatori di balene,
successivamente diventata ai tempi di Napoleone, una località balneare rinomata
per la presenza dell’aristocrazia internazionale. Essa non ci appare nel suo
splendore per il tempo bigio. Attraversiamo vari paesi, andando verso Pau, e
boschi e corsi d’acqua ed infine giungiamo a Lourdes
III Tappa Bassa Navarra Lourdes
Lourdes è una splendida cittadina turistica immersa nel verde, in essa si
trova il bello ed imponente Santuario Mariano e la grotta dell’apparizione,
pieno di fedeli provenienti da tutte le parti del mondo. Non sento, come già mi
è accaduto a Fatima, alcun particolare afflato mistico, né quella meravigliosa
sensazione di pieno benessere spirituale, da cui sono stata pervasa in Turchia,
nell’ultima residenza della Madonna. Giuseppe ha la stessa sensazione. Forse a
disturbarmi sarà stata la vista di tanta speculazione tutt’intorno, che nulla
ha di mistico e spirituale o forse la mia visita è stata frettolosa e
superficiale. Lourdes si trova nell’Occitania, regione Midi- Pirinei. Il
dialetto è il guascone, buona parte degli abitanti in passato erano catari,
dichiarati eretici. Essi professavano, tra l’altro, la povertà e l’
abolizione della proprietà privata. Per loro vi era una contrapposizione tra il
bene ed il male costituito da tutto ciò che è materiale, e dallo stesso Dio
Creatore di questo mondo. Il movimento è’ stato combattuto durante il periodo
dell’inquisizione tramite i domenicani.
· IV Tappa Inizio del Cammino Francese - Saint Jean Pied de Port ,
Roncesvalles
L’indomani partiamo e, attraverso strade interne, in mezzo ai boschi, ci
rechiamo al punto d’inizio del Cammino francese verso Santiago.
Saint Jean Pied de Port, (in lingua basca: Donibane-Garazi) è un piccolo
comune sui Perinei francesi nella regione dell’ Aquitania, Bassa Navarra,
affollato di peregrini in partenza. Giovani e non si recano al punto di
accoglienza del pellegrino per avere la credenziale o carta del pellegrino, che
contiene la attestazione di inizio del cammino ed in seguito i sellos (timbri)
delle varie tappe, le istruzioni, la mappa, il rifugio, chi vuole può
acquistare la conchiglia, che simboleggia l’ascolto e che è anche il simbolo
del cammino insieme al bastone. L’aria è di una piccola città fortificata
costruita alla confluenza di due fiumi, Nive d'Arnéguy et la Nive de Béhérobie.
Consumiamo uno spuntino in un bar e ci incamminiamo a piede per effettuare una
parte del cammino che porta a Ronsisvalles uscendo da La Porte du Marché,
attraversando il ponte d'Eyheraberry, denominato romano, ma in realtà costruito
nel XII sec., ci avviamo per una strada in salita e, dopo qualche ora,
giungiamo al primo rifugio, completamente pieno di pellegrini di varia
nazionalità, ci godiamo il magnifico panorama dall’alto del sito e l’aria
fresca, gustando un gelato. Non proseguiamo verso l’altro rifugio a nord, ma
ritorniamo indietro a prendere la macchina ed incamminarci verso
Roncesvalles.
La strada di montagna è bellissima, in mezzo a boschi e ruscelli. Ci fermiamo
in un albergo vecchio stile,di proprietà di un giovane che ci ospita con molta
cordialità, e ordiniamo per la sera la famosa paiella. Siamo sull’Ibaneta, dopo
pochi chilometri il passo omonimo. Decidiamo, quindi, di andare a visitare
Roncesvalles. Attraversiamo il passo dell’Ibaneta o di Roncesvalles, 1057 m.
Siamo già in Spagna, poco prima di arrivare al comune omonimo. Attraversiamo
diversi comuni in vetta. Qualche chilometro prima ci fermiamo, nel luogo ove è
stata innalzata la stele in memoria della battaglia e della morte di Rolando,
od Orlando che dir si voglia, con la raffigurazione della Durlindana e un paio
di mazze. Le gesta di Rolando sono stati resi famosi dalla Chançon di Roland.
Siamo ai tempi di Carlo Magno. Ormai quasi tutte le città spagnole sono cadute
sotto il suo dominio. Comandante supremo dell’ esercito è il famoso conte
Orlando, primo paladino di Francia. Ma il Re Marsilio, vedendo ormai prossima
la sua fine, finge di arrendersi a Carlo Magno e contemporaneamente di
accettare il Battesimo nella valle di Roncesvalles ad opera dello arcivescovo
Turpino. Ma tutto questo è uno stratagemma per allontanare i Francesi dalla
Spagna: infatti con l´aiuto del traditore Gano di Magonza, tende una tremenda
imboscata ai cristiani nella valle di Roncesvalles. La battaglia è spietata e
tutti i Paladini cadono nella trappola mortale senza scampo. Orlando fa strage
della gente del Re Marsilio, ed alla fine, rimasto solo, suona a lungo il suo
famoso olifante, perde sangue dalla bocca e muore assistito da San Michele
Arcangelo che porta la sua anima al cospetto del Creatore. E tutto questo è
solo leggenda. In realtà la battaglia intrapresa è stata combattuta con i
baschi, e non con i saraceni per il trionfo della cristianità. E proprio sulla
tomba di Rolando viene indicato a Carlo Magno il cammino di Santiago come
quello che porta alla stella, alla luce, alla salvezza e al perdono dei
peccati. Giungiamo, quindi, a Roncesvalles, anche chiamata Orreaga , che nella
sua collegiata di Santa Maria è un fulgido esempio del gotico francese sui
Pirenei costruita tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo. Sull'altare
maggiore del tempio spicca l'immagine di Santa María di Roncesvalles del XIV
secolo, una bellissima scultura lignea gotica rivestita in argento, con
decorazioni dorate. Il chiostro è stato, ricostruito in stile cistercense dopo
il crollo di quello gotico a causa della neve nel 1600. Su di esso si affaccia
la cappella di San Agustín, antica sala capitolare gotica.. Al centro si può
contemplare il sepolcro del re Sancio VII, il Forte, i cui rilievi narrano la
vittoria del re contro gli arabi a Navas de Tolosa (1212), da cui portò con sé
le mazze e le catene strappate al nemico Miramamolín, quest’ultime raffigurate
nello stemma della Navarra.
Il monastero-ospedale fu eretto come ricovero dei pellegrini per volere del
vescovo di Pamplona e del re Alfonso il Battagliero in quanto in quest’altura
pianeggiante il clima è più dolce rispetto al passo di Ibaneta, dove prima era
stato eretto il precedente. rifugio
Il più antico edificio di Orreaga/Roncesvalles è la cappella del Santo
Spirito o Silos di Carlo Magno del XII secolo, eretta nel luogo in cui secondo
la leggenda Rolando infisse la sua spada, dopo la sconfitta subita nella
battaglia di Roncesvalles. Accanto alla cappella si erge la chiesa di Santiago,
detta anche dei pellegrini, in stile gotico primitivo. All'interno è conservata
la campana dell'antico eremo di San Salvador, ad Ibañeta che serviva a guidare
i pellegrini in caso di nebbia.
Una curiosità, a difesa della fede vi erano i crociati ricchi e quelli
poveri. Questi ultimi venivano accolti nei loro rifugi, tra l’altro, dagli
agostiniani che si occupavano dei pellegrini, donne e uomini, testimoni di
fede, che, o andavano in semplice pellegrinaggio o tavolta, anche armati alla
rinfusa , al seguito dei crociati ricchi, i cavalieri dell’ordine della
compagnia di Gesù e di San Giovanni.
In un edificio vi sono il Museo e la Biblioteca e l’Archivio, quest’ultimi
hanno un ricco patrimonio documentale con più di 15.000 volumi. Nel museo, situato a
piano terra, si trovano, tra l’altro, la Scacchiera di Carlo Magno, un
evangeliario d'argento del XII secolo e lo smeraldo di Miramamolín, re
musulmano, di cui si impadronì, il re Sancio VII il Forte in battaglia
L'insieme architettonico di Orreaga-Roncisvalle è completato dalla casa
Itzandegia. Costruita in stile gotico, fu adibita ad ospedale e poi ad
abitazione, quindi, dopo una laboriosa ristrutturazione, è stata trasformata in
ostello di pellegrini. Tra la cappella di Santiago e il centro Itzandegia, è
stato eretto il monumento alla battaglia di Roncesvalles con rilievi che
rappresentano quello scontro.
Alle 18.00 nella suggestiva Real Collegiata, dopo aver assistito alla messa
cantata in latino e spagnolo con suggestivi canti gregoriani, officiata dal
Priore con altri due monaci, riceviamo la benedizione dei peregrini insieme con
gli altri di varie nazionalità e l’ augurio di un buon cammino. La benedizione
è data nelle varie lingue dei presenti. Quindi, soddisfatti, ritorniamo in
albergo per la cena.
· V tappa DA Roncesvalles a Pamploma
L’indomani partiamo alla volta di Pamploma, si discende da Roncesvalles
attraversando boschi e paesini che si sviluppano lungo la via. Decidiamo di
fare un tratto del cammino a piedi prima di entrare a Pamploma, partendo da
Zubiri , piccolo borgo, attraversato dal fiume Arga, il cui nome in lingua
basca significa paese del ponte, sede un tempo di un antico monastero donato al
convento de Garçia di Najera. Sulla guida è consigliato un itinerario fluviale
di circa 5 chilometri che parte dal ponte. Doveva essere una salutare
passeggiata lungo la riva destra del fiume, ma al suo posto una discarica e
una grande industria fumante, dove si tratta la magnesite, deturpano ed
inquinano l’ambiente, per cui bisogna seguire i percorsi obbligati. Dopo tanta
bellezza incontaminata mag giormente si percepisce l’effetto della distruzione
dell’ambiente dovuto alle industrie pesanti. . L’itinerario porta prima al
borgo di Urdaniz e poi a Larrasoaina. Il nostro percorso finisce con l’
attraversamento di un ponte che ci riporta sull’altra riva e alla strada che
percorriamo tornando indietro per riprendere la macchina. Da Larrasoaina, se si
continua il cammino, si arriva all'emblematico ponte gotico della Magdalena,
luogo di accesso dei pellegrini in città. Noi riprendendo la macchina andiamo
a Pamplona, detta anche Iruna in Basco, capitale della Navarra. E’ ora una
città moderna, con viali, parchi e giardini, attraversata dal fiume Arga. Essa
conserva intatti il suo centro stoico medievale e le sue tradizioni. La Plaza
de Toros è posta al di fuori delle mura della città, ma la corrida non si
pratica più , è vietata in Spagna. In estate si celebra la festa di San
Firminio che dura circa una settimana, classico esempio di festa popolare
pagana cruenta in occasione di una festività religiosa. I giovani corrono con i
tori per le strade strette del centro storico di Pamploma, , la corsa si
conclude a plaza de Toros. Nel centro storico in plaza de Castello vi sono gli
Archivi di Navarra, che conservano importanti documenti medievali , Il palazzo
di Diputación Foral de Navarra , le cappelle de Santa Maria la Real, San Fermín
y San Francisco Javier. In questa piazza fino alla prima metà dell’ottocento si
teneva la corrida. Vicino vi sono la Chiesa di S. Ignazio di Loyola, fondatore
dell’ordine dei gesuiti, dove si trova il Monumento alla giurisdizione di
Navarra, eretto nel 1903, che rappresenta un’ allegoria alla giustizia, alla
storia, all'autonomia, alla pace e al lavoro, la piazza del mercato, la
cattedrale gotica, la chiesa-fortezza di San Nicolás e quella di San Saturnino,
il Museo della Navarra.ed altri monumenti e chiese. La città vanta due Università,quella di Navarra, la più antica di proprietà dell’Opus Dei e
quella Pubblica di Navarra Nelle stradine del centro tanti ristorantini , dove
si possono gustare piatti tipici e vini. La città vecchia era costituita da tre
villaggi San Cenina, Navarrería e San Nicola, sempre in conflitto fra di loro
ed in seguito unificati e pacificati nel settembre del 1423, da Carlos III, re
di Navarra, con il privilegio “l'Unione”. Partiamo da Pamploma alla volta di
Burgos a 170 km di distanza.
· VI Tappa Burgos Leòn Km 187
Imbocchiamo l’autopista Irun -Madrid. Dopo aver percorso un centinaio di km,
ed aver attraversato la Rioja con vigneti, uliveti, e campi di cereali nelle
sue colline, ormai fattosi le otto di sera, pensiamo di fermarci a Najera,
capitale storica della Rioja, dove, tra l’altro, vi è il Monastero de Santa
Maria la Real, del XI sec., tempio mariano, convento benedettino e pantheon
reale, espropriato dal XIX sec., ospita dei francescani. Esso era
originariamente di stile Romanico, modificato a partire dall XV sec., con l’
introduzione di elementi gotici e rinascimentali. Tempio fortezza ha una torre
prismatica eretta nel XVII sec., dei contrafforti arrotondati, un chiostro
detto de Caballeros, una chiesa gotica, costruita sulla precedente romanica. La
chiesa contiene al suo interno sull’altare maggiore una pala barocca con l’
immagine romanica di santa Maria la Real col Bambino e nell’abside il mausoleo
dei duchi di Nayera e sotto il coro il Pantheon Real che custodisce una
trentina di tombe dei sovrani di Navarra, tra cui il sepolcro di Bianca di
Navarra, che contiene le spoglie attribuite a Bianca ritrovate ammassate
assieme ad altre della famiglia reale. Prima di divenire Regina di Navarra e
trasferirsi in Spagna ella fu prima sposa del Re di Sicilia Martino I e, come
reggente emanò le consuetudini del 1405, insieme di norme di diritto tendenti
a regolamentare la vita pubblica e privata, tra cui il divieto di acquisto di
terreni per ebrei ed enti ecclesiastici, già enormemente ricchi, il patentino
per le meretrici che dovevano esercitare fuori dal centro città, il diritto
delle donne di disporre dei propri beni tramite testamento. Lo storico Prof.
Vincenzo Fallica ha scritto un libro su questa regina, basato sulle ricerche d’
archivio ,contenente la trascrizione di dette consuetudini. Il prezioso
documento è conservato presso l’Archivio di Stato di Catania. Comunque,
continuando il nostro racconto, non avendo trovato in questa città dove
dormire, continuiamo il nostro viaggio e giungiamo ,ormai tardi, a Santo
Domingo de la Calzada, dove troviamo alloggio presso la Hospedaria Santa
Teresita, gestito da monache circestensi. Incontriamo tanti pellegrini diretti
a Burgos. L’indomani un breve giro per il centro e via in viaggio verso Burgos,
dove arriviamo verso le undici. Burgos è un comune di 166.187 abitanti, situato
nella Comunità Autonoma di Castiglia e Lèon. Dopo il venir meno della dittatura
di Franco con la nuova Costituzione Spagnola nel 1978, venendo incontro alle
esigenze dei vari popoli che abitano nella nazione spagnola, la Spagna (stato
democratico con forma monarchica) è stata suddivisa in 17 comunità autonome e
due città autonome Ceuta e Mellila, dotate di propri Statuti e rette dal
principio dell’ eguaglianza fra di loro e con l’assoluto divieto di federarsi
per vantare dei privilegi rispetto alle altre. . Alle Comunità Autonome
spettano, oltre alle funzioni esecutive, anche quelle legislative nelle
materie demandate. Esse sono dotate di propri governi, parlamenti autonomi,
ed organi di giustizia . I conflitti di competenza fra le Autonomie ed il
Governo centrale sono diramati dalla Corte Costituzionale dello Stato Spagnolo.
Per quanto riguarda le materie come Sanità, Assicurazioni Sociali, contratti
e concessioni amministrative, ordinamento del credito, della banca e
assicurazioni, la competenza dello Stato non è esclusiva, ma concorrente.
Burgos è una moderna città con viali , giardini, piazze, attraversata dal fiume
Arlazòn . Il centro storico è circondato da mura. La città medievale di
carattere difensivo militare è stata fondata dal conte Diego Rodriguez detto
Porcelos nel 884, su incarico del re delle Asturie, Alfonso II, sottomessa
direttamente all'autorità dei Re di Leòn fino al 930, anno dell’indipendenza
della Castiglia, di cui divenne capitale. Si accede alla città vecchia,
attraversato un ponte dall’antica porta del 1500, detta Arco di Santa Maria,
costruita in onore del Re Carlo V, dove sono raffigurati al centro statue di
guerrieri, il Cid e Carlo V. Restiamo abbagliati dalla bellezza della
imponente Cattedrale, fulgido esempio di gotico casigliano. La sua
costruzione, su una preesistente chiesa romanica, iniziata nel 1221 per volere
di Ferdinando III di Castiglia e di Maurizio di Burgos , vescovo durò circa 300
anni . E’ dedicata alla Maria Vergine. Nella cattedrale nel 1919 è stato
sepolto il Cid, Rodrigo Díaz, Conte di Bivar, eroe della Riconquista, che
conquistò Valencia e ne divenne signore (Cid in arabo) nel 1063, nominato
Campeador (vincitore in duello), per aver battuto in duello Jimeno Garcés,
l'alfiere del re d’Aragona, Ramiro I, che aveva posto l'assedio alla città di
Graus, dell’emiro di Saragozza. Dopo aver visitato la cattedrale decidiamo di
girare per le vie del centro e giungiamo, tra l’altro, nella piazza, dove è
posta la statua del Cid., a cui è dedicato un poema epico del 1140, considerato
il primo documento letterario spagnolo,” El cantar de mio Cid”. Quindi
ripartiamo, attraversando le mesetas, altopiani piatti sui 900 m. sul livello
del mare di natura calcarea, alla volta di Leòn, dove giungiamo nel tardo
pomeriggio. Decidiamo di fare una rapida visita alla cattedrale e alle strade
circostante e ripartire. La Cattedrale di Leòn anche essa di stile gotico,
iniziata nel 1205 e terminata dopo due secoli, nonostante la sua maestosità,
non sembra a noi profani, che possa essere paragonata per bellezza ed eleganza
a quella di Burgos. Anche qui dopo un brevissimo giro per il centro, al fine di
rispettare i nostri tempi di marcia, ripartiamo attraversando per chilometri
altre mesetas, stavolta argillos, e ed incontrando ovunque pellegrini in
marcia. A Ponferrada pensiamo di pernottare nell’altura, ove si trova il
castello, prima dei templari e poi di un conte, ma la strada per inerpicarsi è
stretta e buia, andiamo verso il calar della sera, la zona si fa tetra ed
inospitale, lasciamo questo sito chiamato così per i suoi giacimenti di oro e
di ferro. Il posto, in vero, è ricco di storia, abitato per prima da liguri e
celtici, ma andiamo a dormire a Villafranca del Bierzo, cittadina costruita in
una vallata, dove confluiscono due fiumi. Siamo ancora nella regione
castigliana, in essa si trova un antico hospital de peregrino. La città è
piena di palazzi signorili lungo la via principale, Calle de Agua,
particolarmente imponente è il barocco palazzo de Torquemada.
VII Tappa Santiago de Campostela
L’indomani riprendiamo il nostro viaggio verso la Galizia, attraversando
boschi e valli incantati, pieni di scroscianti corsi d’acqua. Purtroppo
vogliamo raggiungere Santiago, ma il tempo stringe e non ci permette di
soffermarci, né di fare escursioni e così risaliamo per la valle del Barjas e
ridiscendiamo ripidamente fino al Passo di Pedrafita Do Cerbero ( Monti
Cantabrici), porta di accesso alla Galizia. Scegliamo di non passare da Lugo,
ma da Orense, città termale, capoluogo dell’unica provincia della Galizia non
affacciata sul mare, bagnata dal fiume Migno, che deve il suo nome all’
estrazione dell’oro di un tempo lungo la valle del fiume. La città d’Orense fa
parte del Camino Sanabrès, che parte da Siviglia . La Galizia è una regione
collinosa verdeggiante, piena di querce, pini, eucalipti, il paesaggio delle
campagne è più dolce. Puntiamo, quindi, verso Santiago dove arriviamo in
mattinata, posteggiamo la macchina in periferia, saliamo verso la chiesa
barocca di San Francesco e poi verso l’arco che porta alla Placa do Obradoiro,
una musica d’ organo coinvolgente ci guida all’ingresso principale della
Cattedrale sulla piazza , piena di pellegrini, che, estasiati, ammirano la
magnifica facciata barroca, con colonne, statue, pinnacoli, balconate ed un
grande portale, preceduta da una scalinata seicentesca a doppia rampa tra due
torri. Di fronte sta Palazzo de Rajoy, neo classicheggiante, prima concistorio,
carcere, seminario,ora sede del municipio e della Presidenza della Giunta
Regionale, a sinistra collegio S. Geronimo, a destra la facciata e il
magnifico portale in stile Platesco dell’Hospital de los Royes Catolicos
fondato nel 400 per i pellegrini. Entriamo nell’interno della cattedrale,
edificata su una piccola chiesa costruita da re Alfonso II in seguito al
ritrovamento del corpo di San Giacomo, ingrandita da Alfonso III e distrutta,
tranne il sepolcro del Santo, dai musulmani nel X sec., ricostruita nel 1075
e rimaneggiata fino al 700. La facciata sud , con il suo doppio portale con
sculture raffiguranti scene del Vecchio e Nuovo Testamento è l’unica originale
della cattedrale romanica, la sua porta è detta de las platerias ( così
chiamata per i venditori di argento nella piazza antistante) . Il chiostro
accanto alla porta ha una magnifica facciata rinascimentale, dallo stesso lato,
accanto, la torre a gradoni dell’orologio. Dietro l’abside vi è la Porta
Santa o Dei Pellegrini, che si apre solo l’Anno Santo giacobeo ( che ricorre
ogni 25 luglio, festa di San Giacomo, che sia di domenica) per i pellegrini che
vogliono ottenere il giubileo, in essa è raffigurato tra l’altro san Giacomo
con i pellegrini del passato e con i devoti. Nell’interno della cattedrale,
oltre la tomba del Santo, sull’altare maggiore su una struttura barocca la
statua del Santo, impreziosita da paramenti e oreficeria. Nella cripta le
reliquie del Santo e di due suoi discepoli. Alla fine del cammino i
pellegrini, dopo aver accarezzato nel portico della gloria la statua del Santo
al centro del portale e girato attorno alla statua del Santo dos Croques (
forse lo stesso scultore della statua-colonna), dando dei colpetti con la testa
per raccogliere un po’ della sua saggezza, da ultimo salgono sull’altare
maggiore ad abbracciare il Santo, dopo aver ricordato gli altri che li hanno
aiutati lungo la via, e si recano nella cripta per una preghiera. Solo in
occasione di particolare feste si fa oscillare l’incensiere di 80 Kl attaccato
alla cupola della crociera per schiacciare il male odore dei tanti peregrini
che fino alla fine del settecento erano ospitati all’interno della cattedrale.
Presso l’arcivescovado i pellegrini che hanno percorso almeno gli ultimi
ottanta chilometri a piedi, documentati da timbri nella credenziale, possono
ottenere la Campostela ,cioè il certificato che testimonia l’avvenuto
pellegrinaggio, a noi che siamo andati in macchina ci hanno attestato l’
avvenuta visita della cattedrale. Dopo un breve giro per le vie della città,
riprendiamo la via del ritorno ,rinunciando a giungere all’estrema punta dell’
atlantico Capo di Finsterre, la punta più ad ovest del continente, Secondo
alcuni studiosi il cammino di Santiago ricalca un antico cammino celtico per il
quale questo capo rappresentava il punto di partenza delle anime verso l’aldilà
secondo altri è Santiago il punto d’arrivo al luogo della stella e quindi della
luce.Un antica leggenda narra che la tomba dell’apostolo è stata ritrovata ,
perché una stella si è fermata su di essa.
VIII tappa Costa Nord dell’Atlantico
Prendiamo la via del ritorno e ci indirizziamo verso la costa nord,
attraversiamo la verde Corugna ed arriviamo al mare, ad Ortiguera, e poi a
Viviero dove ci fermiamo per la notte. Sono dei luoghi di incomparabile
bellezza , scogliere frastagliate e verdeggianti, golfi e porti naturali In
questa parte della Spagna l’economia è ferma, il turismo non è sviluppato, è
poco abitata anche se la Galizia è ricca di colline verdeggianti , di fiumi e
boschi, di monti e di mari pescosi L’indomani proseguiamo il nostro viaggio
veloce lungo la costa verso, Gijòn e puntando poi. superato Lianes verso i
monti, Il Picos d’Europa , ma ci fermiamo alla base dello stesso in un
piccolo albergo lungo la strada, facciamo una passeggiata lungo la riva di un
fiume, navigabile e la sera una cena rustica in una trattoria ,insieme ad
agricoltori e camionisti. Essa è tenuta da donne capaci e un po’ civettuole,
che cucinano piatti genuini, a base di legumi , verdure e carni. Io ordino
legumi con le cotiche, il sapore per me è troppo forte, sono ormai abituata ad
una cucina più delicata, rispecchia bene, invece, il carattere forte della
gente locale. L’indomani una passeggiata lungo il monte, vediamo delle
abitazioni a palafitte. Poi ridiscendiamo ed andiamo a Santillana del Mar, in
una spiaggia dove la sabbia ha lo stesso colore del deserto libico, il mare è
rientrato per la bassa marea, scogli in mezzo all’acqua dividono la spiaggia,
mai visto niente di simile, alcune foto, un piccolo giro nella vicina
Santander, un bagno accanto all’isola della Maddalena e, poi, all’aeroporto,
consegniamo la macchina e voliamo a Bergamo, dove pernottiamo. L’indomani ci
rechiamo a Milano, un giro al centro città, poi alla Darsena e lungo i navigli.
La giornata è bella, ci sediamo per un veloce spuntino e poi al treno per
Torino. I treni italiani sono da terzo mondo, specie quelli dei pendolari , il
treno si guasta e si ferma , poi, come per miracolo, riparte e si ferma a porta
Susa , per poco non perdiamo l’aereo, ma alla fine ce la facciamo, prendiamo l’
aereo ed il nostro viaggio è terminato. Ringrazio Giuseppe, mio compagno di
viaggio e di quest’ultima parte della mia vita, che soprattutto ha reso
possibile questo cammino, guidando tutto il tempo ed organizzando le varie
tappe con amore e dolcezza.

Wednesday, May 28, 2008

Problema immigrati? No problema Italia

Il nostro paese è pieno di problemi:
rifiuti,energia , delinquenza anche minorile, disoccupazione, anlfabetismo o semialfabetismo,mancanza di produzione, eccessiva tassazione, povertà , corruzione, cattiva amministrazione,violenza, mal funzionamento dei servizi pubblici o mancanza degli tessi., inquinamento, invivibilità delle città e chi più ne ha, più ne metta.
E sapete di chi è la colpa di tutto questo? Degli immigrati .
Si perché in Italia è questo il problema dei problemi .
Ma fatemi il piacere, state zitti!
Adoperiamoci, invece, seriamente, facciamo un analisi seria e costruttiva, troviamo le possibili soluzioni , programmiamo gli interventi ed attuiamoli il più presto possibile.
Non nascondiamoci dietro i falsi problemi.
I reati commessi dagli immigrati sono quelli che commettono spesso anche gli Italiani e per i quali sono già previste le pene: in caso di reati commessi da parte di alcuni immigrati, applichiamo le pene ed estradiamoli .
Ma non possiamo incolpare tutti gli immigrati di delitti non commessi. In Italia vige il principio, almeno fino ad oggi, della responsabilità personale in campo penale.
Prevediamo, insieme agli altri paesi europei e a quelli stessi da cui provengono i flussi d’immigrazione, delle norme che li regolino e nello stesso tempo anche degli interventi reali che servano nei vari stati poveri,o ridotti tali,ad aumentare la produzione, la alfabetizzazione, a migliorare la sanità, lo sfruttamento delle proprie risorse da parte dei popoli stessi, forniamo le professionalità mancanti e di cui noi disponiamo per fare ed istruire la popolazione locale.
Facciamo degli scambi, si perché anche questi paesi hanno dei prodotti o dei beni naturali a noi mancanti.
Per quanto riguarda tutti i nostri problemi, ricordiamoci che il problema di un abitante nel nostro paese si ripercuote negativamente su tutti gli altri.

Tuesday, February 26, 2008

Per non dimenticare e per agire: considerazione da…… un viaggio a Praga.

Cari amici vi voglio raccontare del mio ultimo viaggio mordi e fuggi di soli 5 giorni a Praga, città bellissima immersa in un meraviglioso verde.

Parto da Catania, con l’aereo sorvolo l’Etna e il Vesuvio, le isole croate, le alpi con le loro cime maestose e poi, dopo un po’, finalmente a Praga.

Il mio albergo in centro si trova a Praga 1, relativamente vicino a Place Venceslao.

Era, un tempo, un mercato di cavalli ed ora è un lungo e largo viale pieno di negozi, librerie a più piani, bar e banche, interrotto, nella parte alta, dal Museo Nazionale di Praga e dalla piazza antistante; in quest’ultima sono poste la statua equestre del protettore della Boemia, San Venceslao, ed una targa, che ricorda uno dei due studenti che nel 1969 si sono dati a fuoco per protesta contro l’invasione sovietica con i carri armati.

Non lontano, lungo il viale, l’altra targa.

E così la bellissima piazza ed il lungo viale sono stati teatro di sanguinose proteste da parte di un popolo, coraggioso, generoso, capace di lottare per l'ndipendenza.

La sera del mio arrivo, in verità, il cielo era bigio e l’aria pungente, tanto da dissuaderci dal fare una passeggiata, dopo aver cenato in un locale vicino l’albergo. L’indomani, spuntando il sole, Praga, nonostante i gravi fatti in essa avvenuti, appare con tutto il suo splendore.

Decidiamo di farci accompagnare per il centro, partendo da piazza Venceslao, da una guida, una simpatica donna laureata in lingue e specializzata in Italiano, che ama l’Italia e di cui conosce, purtroppo, solo Roma per questioni finanziarie.

Ella ci dice che ,pur tuttavia, a Praga il reddito medio pro capite è di gran lungo più alto rispetto al resto del paese.

Ci dirigiamo verso il quartiere ebraico, il ghetto. Attaccato ad una sinagoga vi è il cimitero con le tombe sovrapposte per questione di spazio.

Nelle steli di pietra attraverso simboli e brevi iscrizioni, sono date informazioni relative alla vita e allo stato del defunto.

Più grandi sono le steli, maggiore era l’importanza in vita del defunto.

Gli ebrei di Praga,costretti a vivere segregati rispetto agli altri abitanti, pur tuttavia al loro interno erano molto classisti e chiusi.

La classe più importante era quella dei rabbini. In una sinagoga è descritta la vita del ghetto e le usanze in occasione dei funerali.

Vicino al cimitero il museo dei deportati nei campi di concentramento in cui si trovano il lunghissimo elenco dei 77297 deportati praghesi, lettere e disegni di bambini, testimoni dei loro stati d’animo e della loro percezione degli orrori: disegni di guardie con cani rabbiosi, case dai fumaioli fumanti, separazioni violente dai genitori, e descrizioni dell’aldilà dove, finalmente, la famiglia si riunisce. Una donna, con fatica, in uno dei campi, si era procurata carta e penne e con questi semplici strumenti aveva fatto scrivere e disegnare ai bambini rinchiusi al fine di distrarli. Nelle sale del museo una sopravvissuta raccontala sua storia, quei fatti si erano fissati nella mente in maniera indelebile ed hanno angosciato la sua esistenza. La creazione del ghetto era stata voluta dai cattolici, che a Praga hanno fatto sentire tutto il loro peso, con le espropriazioni di terreni in favori dei conventi,la persecuzioni degli eretici ( gli ussiti)e le esecuzioni esemplari dei lori capi in piazza. Gli ussiti ,otre che eretici , erano dei rivoluzionari che si ribellavano allo strapotere della chiesa, chiedendo l’applicazione di norme più democratiche, andando incontro alle esigenze del popolo.

Nel 1420 furono stilati i Quattro articoli di Praga, una sorta di manifesto del credo hussita:

1. Libertà per i preti e per i laici di predicare le Sacre Scritture in lingua locale.

2. Comunione eucaristica sotto ambedue le forme, il calice contenente il vino e il pane, data sia agli adulti che ai bambini, (in particolare il calice divenne il simbolo degli ussiti).

3. Espropriazione dei beni ecclesiastici, povertà del clero e rinuncia ai beni materiali.

4. Pene severe per i peccati mortali commessi da membri del clero.

Per tutta risposta i gesuiti ed altri ordini religiosi si impossessarono di tanti terreni, togliendoli ai legittimi proprietari. I conventi di Praga, come pure le chiese, ostentano ricchezza, basta pensare alla casa di Loreto e alla Santa Casa: al suo interno, tra l’altro un altare d’argento di ben cinquecento chili, degli ostensori con diamanti e pietre preziose.

Ma bisogna riconoscere che la Chiesa cattolica, durante il nazismo, ha salvato tante vite. In Europa degli ecclesiastici hanno rischiato la loro vita per gli ebrei ed alcuni l’hanno persa.

Oggi molti individui, sono impegnati nel sociale e spendono la loro vita per il bene di quella parte di umanità che soffre la fame e la sete,di contro tanti altri sono indifferenti, disorientati ed impauriti da fatti violenti, la mente è continuamente bombardata da onde elettromagnetiche e da tanto altro ancora.

L’umanità si sta danneggiando.

Dovremmo tutti, potenti e non, riflettere e chiederci dove stiamo andando e conducendo i nostri figli.

La scienza , la ricerca, la conoscenza in genere, in sé e per sé, possono essere solo positive, sono strumenti,che, però, devono essere usati per il bene dell’umanità e,quindi, di tutti.

Tutti siamo corresponsabili, in quanto dobbiamo svolgere la nostra parte, anche se essa è difficile per noi esseri imperfetti: i potenti con le loro norme e con l’impiego dei loro mezzi, i comuni mortali con la possibilità di opporsi o meno e di esprimere il proprio dissenso o il proprio plauso.

Il pensiero di ognuno può portare a riflessioni e considerazioni nuove, dovute alle varie esperienze. E poi anche la non azione è azione.

Thursday, June 07, 2007

Per non dimenticare Grete Weil, scrittrice tedesca d’origine ebraica che non si sentiva ebrea

Per non dimenticare e nella speranza che tutto questo non sia successo invano.
Grete Weil, scrittrice tedesca d’origine ebraica che non si sentiva ebrea:
Il prezzo della sposa

Grete Weil è una scrittrice tedesca, d'origine ebraica, del secolo scorso appartenente all’alta borghesia. I suoi nonni erano ebrei, greci di origine.
Ha vissuto un’infanzia felice in Baviera e, poi, il dramma inaspettato della persecuzione e della deportazione, insieme al marito, ad Auschwtiz, durante il periodo nazista.
Gli ebrei sono diffidenti e pessimisti, ma non potevano mai immaginare il proprio sterminio.
Si è salvata ed è rimasta viva, ma segnata per sempre.
Quei ricordi si ripresenteranno alla mente come un terribile incubo per tutta la vita.
Si sente tedesca, non ebrea, come la sua cultura, non professa la religione ebraica per convinzione, recita da piccola solo delle preghiere in una lingua sconosciuta meccanicamente ed anche se a scuola partecipava all’ora di religione ebraica, sogna di Egmont e di Don Carlos.
Dell’ebraismo non sapeva pressoché niente.
Chi vive attraverso gli occhi, come lei, non sa che farsene di una religione che rifiuta l’immagine.
Riportata bruscamente a queste sue lontane origini deve ricercarle, conoscerle: lo fa partendo dalla storia di Davide di cui aveva potuto ammirare due quadri, da giovinetta e da cui era rimasta affascinata.
Da questo spunto fa delle sue considerazioni personali sugli antichi eroi e sulle personalità dei re ebraici.
Li vede come dei prepotenti, dei sanguinari, degli sregolati che nessuna considerazione hanno della vita altrui e, in particolare, delle donne.
Esprime il suo pensiero attraverso Micol, figlia di Saul, una ribelle che non condivide affatto l’idea di uno Jahvè che possa volere guerre, uccisioni, sventure per altri esseri umani, come hanno fatto Saul e David,impostori, che hanno giustificato i loro misfatti col divino volere.
Pertanto è lontana da queste sue radici e vicina, invece, a Davide solo come musicista, poeta e cantore.
Non condivide l’idea di un Dio terribile che giustifica i più atroci delitti per la conquista della terra promessa, lo sterminio d' interi popoli, donne e bambini trucidati troppo vivo è il ricordo di Auschwtiz.
Chi ha vissuto nei campi di concentramento non può giustificare tali atrocità.
Grete narra di una madre a cui i suoi aguzzini nel campo hanno fasciato i seni per non permetterle di allattare la figlia e verificare la capacità di sopravvivenza della neonats.
Non può condividere la mancanza di rispetto e di considerazione della donna, come persona dei tempi biblici..
Una donna, presso quell' antica società, acquista valore solo con la maternità, nulla vale se sterile. E’ considerata merce di scambio, lo sposo deve pagare un prezzo. E’ ammessa la poligamia. Un re può avere diverse mogli e concubine.
Il re Saul dà Micol in sposa a Davide e come terribile ricompensa chiede ed ottiene cento prepuzi di nemici filistei uccisi.
Micol lo sposa, ma non riesce a dimenticare il terribile prezzo pagato, i duecento prepuzi, e a darsi allo sposo la prima notte di nozze.
Gli promette che un giorno riuscirà a dargli un figlio, che sarà cantore e principe portatore di pace; ma il suo desiderio non è condiviso dal marito che spera di avere un figlio cantore e guerriero come lui.
Sono passati tremila anni ed il dramma si ripete, ancora persecuzioni d’uomini per mano di altri, Grete deve scappare dalla Germania assieme al marito perché perseguitata dai nazisti, il tempo è passato invano, nulla ha insegnato la storia,
Lei ha imparato, ora sa di essere ebrea, soltanto ebrea, una da eliminare, l’unica preoccupazione è sopravvivere.
Ma al momento della liberazione da parte degli americani il suo desiderio è di tornare nell’amata Germania; lo fa non senza ostacoli, vuole rivedere un giovane amico tedesco, che, forse, è scampato alla guerra, pur essendo una giovane recluta.
Non odia i tedeschi, si sente nonostante tutto tedesca, è stata anche disprezzata per questo, dagli ebrei americani che non hanno condiviso il suo rientro in Germania, e da altri sol che hanno sentito il suo idioma e che, perciò, senza sapere chi fosse, l’hanno bollata come un’assassina.
Ella non sente di avere nulla in comune con gli ebrei orientali e con quelli occidentali se non la sofferenza, la paura della persecuzione.
Purtroppo, conclude, nulla ha insegnato il muro del pianto, neanche agli ebrei che ancora oggi sono guerrieri, gente in lotta.

Sunday, May 13, 2007

Firdaus storia di una donna egiziana di Nawal al Sa’dawi

Firdaus è un libro scritto da una donna egiziana, che se pur nata in un villaggio lungo le rive del Nilo, si è laureata in medicina e psichiatria negli anni cinquanta, spinta dal padre. E’ sposata con un uomo che la sostiene e la incoraggia nella sua attività di scrittrice, impegnata nel sociale e nella difesa dei diritti della donna.
L’Egitto è un paese dalle enormi contraddizioni, dove naturalmente diversa è la condizione della donna dei villaggi, rispetto a quella della grande metropoli ,il Cairo, come pure dell’alta borghesia rispetto ai ceti meno abbienti.
Lo sfruttamento della donna e la sopraffazione dell’uomo sulla donna è maggiore negli ambienti poveri e degradati, dove l’ignoranza e il fanatismo religioso, nel senso deteriore del termine, fanno da padroni.
Purtroppo è impressionante la miseria e il degrado di gran parte della popolazione che vive anche in grosse città , come Luxor, che nulla ha degli antichi fasti.
Non mi sarei mai aspettato di vedere animali attaccati alle carrozze dei turisti, denutriti e scheletrici, strade del centro non asfaltate, mercati dove si vende droga insieme ad altra mercanzia , nonostante le pene severe, poliziotti corrotti, case mal messe, fogne a cielo aperto.
Le leggi sulla carta esistono, ma restano lettera morta e così anche quelle sulla parità dei sessi, sancita nella costituzione egiziana ,ma non applicata nel diritto di famiglia, non è concesso alla moglie il divorzio, è ammessa la poligamia. Ma in Egitto esiste dal 1928 il diritto dell’ istruzione fino all’università anche per la donna, grazie ad un movimento femminista esistente già in quell’epoca e dal 1958 il diritto di voto, ma gran parte delle donne egiziane sono analfabete e buona parte non votano, non esiste tutela per le donne lavoratrici ed è ancora praticata l’infibulazione .La nostra scrittrice per aver parlato di tale pratica nel libro “La donna ed il sesso” è stata licenziata dal Ministero della Sanità.
L’autrice, per avere denunziato il reale stato della donna egiziana, è stata perseguitata dalle autorità, addirittura è finita in carcere e costretta un periodo all’esilio.
Le sue opere sono state censurate, ha rischiato di vedersi imposto il divorzio dal proprio marito.
Ma proprio quando era in carcere ha conosciuto Firdaus, prima dell’esecuzione capitale per aver levato il coltello al suo magnaccio, che la voleva uccidere, e ferito mortalmente, colpendolo sul collo ed in altre parti del corpo, quindi per legittima difesa, ma evidentemente la legge non è uguale per tutti.
Ella raccoglie la sua testimonianza sui soprusi subiti per mano degli uomini con cui ella è venuta in contatto: il padre riserva a lei, alla madre e ai suoi figli solo gli avanzi di cibo;
lo zio, approfitta sessualmente della nipote pur permettendole di studiare al Cairo e vorrebbe darla in sposa ad un vecchio in cambio di un lauto compenso;
un giovane cameriere diviene suo sposo, ma la maltratta e la rinchiude per evitare che ella possa andare a lavorare;
il giovane collega di cui si innamora l’inganna sposandosi con un’altra donna più ricca;
gli uomini, con cui si prostituisce non la considerano degna di rispetto perché prostituta e la considerano tanto più preziosa quanto più caro è il prezzo che devono pagare per averla fisicamente;
Ma Fridaus considera che è migliore la condizione di una prostituta di alto bordo, quale essa è stata che quelle di una donna sfruttata nella famiglia o di una donna lavoratrice sottopagata e perciò non considerata, ma tutto ciò fino a quando un protettore non prende tutti i suoi guadagni e non la schiavizza.
Ella ha ucciso per legittima difesa e perché preferisce essere giustiziata per affermare la sua dignità di donna che, come tale, non può e non deve accettare soprusi da parte degli altri uomini coalizzati fra di loro.
Ed è con estrema dignità che l’Associazione delle Madri Egiziane nel giugno del 2005 proclamano una giornata di lutto nazionale ed invitano le altre donne a vestirsi di nero per protestare e chiedere le dimissioni del Ministro dell’Interno per i maltrattamenti e gli abusi sessuali

Di Fatema Mernissi L’harem e l’occidente

L’autrice di questo libro è nata in Marocco, a Fez, nel 1940, docente di sociologia presso l’Università di Rabat., nipote di una donna, a suo dire, illetterata, ma intelligente ed autodeterminata, che viveva in un harem.
Con questo libro la scrittrice fa un’ analisi del modo di vedere l’harem da parte degli uomini occidentali e una descrizione di come esso effettivamente è.
Gli occidentali hanno un’idea del tutto erronea, lo immaginano diverso da come è: un luogo di piacere dove le donne sono dedite al sesso e a disposizione dell’uomo detentore.
L’harem è, in realtà,una tradizionale abitazione familiare dalle porte sbarrate,che le donne non sono autorizzate ad aprire.
Rappresenta un luogo di costrizione, abitato da donne intelligenti, apprezzate dall’uomo musulmano per le doti intellettuali, più che per quelle fisiche, determinate a far valere la propria personalità. Esse, talvolta, lottano fra di loro e talaltra si coalizzano, sono delle vere sovversive, che talora non esitano ad uccidere il proprio uomo, quando perdono il potere (molti sultani sono morti per mano di una donna).
Sono curiose, colte e raffinate, attente, desiderano focalizzarsi sugli stranieri che incontrano per comprenderli ,poiché la loro comprensione accresce quella di sè stesse e la loro forza.
L’opportunità di viaggiare, dice Jasmina, la nonna dell’autrice, è un sacro privilegio: la maggiore occasione per lasciarsi dietro la propria debolezza.
La scrittrice ha avuto l’opportunità di farlo.
E’ normale ,dice la nonna, provare panico al momento di attraversare oceani e fiumi.
Quando una donna si decide ad usare le ali, si assume grandi rischi, ella dovrebbe vivere come una nomade, sempre all’erta e pronta a migrare quando è amata, perché l’amore può fagocitarla e divenire la sua prigione.
Le donne dell’harem amano il loro uomo ,ma nutrono rancore verso di lui, perché li rinchiude.
Il tradimento è visto come un atto di sfida e come un superamento del limite della prigione.
La donna è un universo disconosciuto da parte dell’uomo nella sua profondità ed essa ne è fiera e consapevole,a volte è la padrone del gioco, confonde califfi ed imperatori
L’uomo, nel momento stesso che la rinchiude, ne riconosce il suo valore, ha paura di perdere la sua supremazia.
Gli harem sono luoghi densamente popolati ,dove non esiste privacy e tutti controllano tutti, per le donne non vi è gratificazione sessuale, neanche per le sposate, costrette a dividere l’uomo con le altre
Per gli uomini occidentali, Kant, dice l’autrice, il cervello di una donna normale è programmato per un sentire delicato, non deve, perciò, speculare. Il femminile è il bello, il maschile è il sublime, inteso come capacità di elevarsi sopra gli animali.
Diversa è la concezione degli uomini arabi che amano nell’intimità instaurare un dialogo,confrontarsi con le loro donne.
Nell’epoca moderna le donne musulmane hanno guadagnato l’accesso al mare,hanno polverizzato le frontiere dell’harem e hanno ottenuto il diritto allo spazio pubblico.
Velate o no, dice Fatema, siamo per le strade a milioni.
Con l’istruzione pubblica le musulmane hanno riacquistato le ali, gli uomini hanno perso la loro battaglia e gli estremi casi di violenza nelle strade algerine o afgane, contro le donne non velate sono il segno della fine del dispotismo maschile.
Sono una forza imponente civile che lotta per la democrazia e per la parità.
Fatema riscatta la donna musulmana, ma a scapito di quella occidentale che considera, ancora schiava dell’uomo, dimenticando le mille battaglie e le mille conquiste ottenute anche nell’ambito del diritto di famiglia, ancora , per la verità, poco paritario nel mondo musulmano.
Certo le donne sia occidentali, che orientali devono conquistarsi ancora molti spazi soprattutto nella politica, ma è con l’unione, con la cooperazione, con la saggezza e con l’amore che si devono vincere le battaglie per il bene comune dell’umanità tutta.
La donna occidentale , a differenza di quella musulmana, conclude Fatema Mernissi, è schiava dei canoni di bellezza stabiliti dagli uomini, dalla industria della moda,che è in mano maschile, e, se esce fuori da tali canoni,diventa invisibile. Una donna matura e brutta non conta nella società,deve essere bella e giovane, anche se senza cervello non importa.
L’arma dell’uomo contro le donne è il tempo, l’uomo occidentale vela le donne mature,avvolgendole nel chador della bruttezza.
La scrittrice conclude ringraziando Allah per averle risparmiato la tirannia dell’harem dell’attuale taglia 42.

Sunday, May 06, 2007

All’On. Sindaco di Catania Prof.re Umberto Scapagnini Proposta di gemellaggio Catania Lisbona.

Onorevole Sindaco
sono una catanese.
Le scrivo per proporle un gemellaggio fra queste due città d’Europa, Catania e Lisbona, al fine di favorire gli scambi culturali fra di loro.
L’idea mi è sorta dopo che ho effettuato una breve visita a Lisbona nel mese di marzo.
Vi ho trovato un caldo estivo ed il sole quasi abbagliante, proprio come a Catania.
Strade larghe, alberate, a diverse corsie mi portano dall’aeroporto al mio hotel nella parte moderna della città, zona Pombal, piena di negozi, alberghi e parchi.
Il tempo di una rinfrescatina e via a piedi verso il centro storico.
Pensavo di avere qualche difficoltà con la lingua portoghese ed invece le insegne dei negozi , le scritte dei cartelloni e persino i giornali sono per me comprensibilissimi: mi aiuta il mio dialetto, il siciliano.
Lisbona non è una città antica , pochi sono i resti medievali, un grande terremoto l’ ha distrutto nel 1755 ed è stata ricostruita da un marchese illuminato Pombal.
Egli ha curato il piano regolatore con grandi strade parallele fra di loro, quelle laterali dell’oro, dell’argento e dei tessuti, e una centrale che porta alla Piazza del Commercio, dove un tempo sorgeva il Palazzo Reale, che si affacciava lungo la foce del fiume Tago, tanto larga da sembrare mare.
Ha quindi delle analogie con Catania che è stata distrutta da un grande terremoto e dalla lava nel 1693 e ricostruita da un duca illuminato, il Duca di Camastra, che ha ridisegnato la città .
Anche in essa una grande via centrale, via Etnea, che dalla montagna per eccellenza, l’Etna, porta al cuore della città, piazza Duomo, che è anche piazza del Municipio.
I due edifici si affacciavano un tempo sul mare, ma ora ne sono separati mediante i cosiddetti Archi della Marina.
A Lisbona l’antico Duomo si trova nei pressi della Piazza del Commercio, ove era posto un tempo il Palazzo Reale, nella Baixia.
Esse sono due città forti, che, distrutte dalle forze prorompenti della natura, hanno avuto la forza di rinascere, pur essendovi sempre il pericolo imminente di una loro distruzione.
In ambedue la Chiesa cattolica con l’imponenza delle sue costruzioni mostra il suo potere, monasteri e chiese fortificate, che hanno del sacro e del profano.
A Lisbona :
da un lato vi è misticità e pace nei chiostri e nelle belle chiese gotiche, con le loro volte che si slanciano verso il cielo e illuminate dai raggi di sole, filtranti dall’alto;
l’eleganza, la leggerezza e la raffinatezza delle colonne merlettate “stile manuelito” sono testimoni di bellezza e armonia;
dall’altro i racconti della fastosa vita delle colonie, narrati nelle ceramiche ,”azuleios” ,che ornano i muri degli scaloni o dei cortili, testimoniano il lusso, le ricchezze e l’attaccamento alle cose terrene dei membri della chiesa cattolica, pronti a difendere il loro stato con le armi.
Pure a Catania il Duomo è fortificato, come anchel’antico Monastero dei Benedettini, ora sede dell’Università e della Biblioteca Ursino Recupero, dove si conservano preziosi manoscritti.
Quest’è uno dei più grandi di Europa con la sua enorme chiesa, dove l’immenso organo,da poco restaurato ,opera di Del Piano, riempiva di note divine il suo interno.
I colti ed eleganti monaci si portavano dalle loro residenze i cuochi e la loro cucina era ricca, raffinata ed elaborata, essi, poveretti, morivano di gotta per l’eccessivo consumo di carne; le clarisse nelle loro splendide dorate chiese barocche, dietro le grate,intonavano e intonano, ancora oggi canti celestiali.
Infine ambedue le città risentono della cultura araba poiché entrambe sono state anche sotto il dominio arabo, di cui in Lisbona vi è traccia nello stile architettonico portoghese ,“il manuelito”
( che fonde elementi gotici, barocchi ed arabi).
Catania ,all’epoca degli arabi “Qataniah”, anche chiamata “Balad al fil”, cioè città dell’elefante, purtroppo conserva poco dello stile architettonico arabo; un tempo, inoltre, era piena di mulini ad acqua , cosiddette norie, come Lisbona, essendo ambedue ricche di corsi d’acqua, da noi divenuti sotterranei essendo stati sepolti dalla lava.
Il termine noria deriva dall’arabo na-ara.
Tanti altri potrebbero essere i motivi di un gemellaggio culturale ,ma non voglio dilungarmi e vi ringrazio fin d’ora , poiché sono sicura che accoglierete questa mia richiesta che sicuramente sarà condivisa da molti cittadini di entrambe le città

Thursday, April 12, 2007

Turchia II Parte

Viaggio in Turchia II Parte


Lasciata la bella Cappadocia ci rechiamo a Smirne, sull’Egeo una ridente cittadina,il cui nome greco antico era Izmir, in italiano Mirra, pare che nella zona fosse presente l’albero di Mirra. Nelle campagne di questa grande nazione si incontrano grandi campi di fiori spontanei, i papaveri viola, più grandi dei nostri e meno belli: sono quelli da cui si estrae l’ oppio, il cui uso in Turchia è stato vietato negli anni 70.
Quel che ricordo di Smirne sono gli anziani con la barba, che fumano il narghilè, da soli o in gruppo attorno ad un tavolo, seduti nei bar lungo i marciapiedi delle strade del porto, ed uno strombettare improvviso e il vocio festante, provenienti da una fila di macchine scoperte che marciano l’una dietro l’altra con in testa un’auto dove sta in piedi un bambino, vestito di bianco, dall’apparente età di dieci anni, che saluta felice i passanti.
Seguiamo il corteo che si ferma al parcheggio di un ristorante, dove le persone,vestite a festa, entrano, li seguiamo. Il bambino viene portato in una stanza dove vi è un letto grande, viene fatto coricare, gli invitati gli porgono dei doni, egli li riceve felice, poi giunge un medico che lo anestetizza per procedere alla circoncisione e gli astanti vanno a festeggiare al ristorante.
A pochi chilometri da Smirne vi è Efeso,la cui antica città era prima sul mare, visitiamo i resti e camminando per le strade, visitando,l’antico teatro , vedendo la facciata della biblioteca e dell’archivio,il ginnasio, le due porte della città mi sembra di vivere in quel tempo e di sentire le voci degli antichi abitanti . Efeso fu in origine greca, ma la maggior parte dei resti esistenti risalgono all’epoca romana, fu la città di San Paolo e di San Giovanni, che ebbe affidata la Madonna, che sembra essere morta nelle vicinanze dell’antico sito, il luogo è custodito da un monaco al tempo milanese, un uomo alto con una bella barba.Il mio scetticismo mi porta a non credere, ma un senso di pace e di benessere mi pervade, mai ero stata così bene, ma tutto ciò è indescrivibile.

Tuesday, March 06, 2007

Turchia I Parte

Ricordi
Nel secolo scorso, negli anni novanta, mi sono recata in Turchia, proprio quando il governo italiano sconsigliava tale viaggio, per via di un attentato terroristico.
Con me vi erano altri 12 viaggiatori per niente intimoriti e decisi, invece, a visitare questo affascinante paese. Per quanto mi riguarda devo dire che ero felice di fare quel viaggio, curiosa come sono, e sicura che nulla di spiacevole sarebbe accaduto.
Atterrati ad Istanbul siamo stati accolti da due sorridenti uomini, uno più anziano ,l’altro più giovane, che non corrispondevano per niente con la mia idea degli uomini turchi, infatti avevano la carnagione e i capelli chiari.
Erano due ex capitani mercenari, che, fra l’altro, avevano partecipato alla guerra del Vietnam, amici per la pelle, visto che in diverse occasioni l’uno aveva salvato l’altro. Il più giovane, ora insegnante di storia dell’arte, d’improvviso sembrava assentarsi del tutto, erano le conseguenze dello shock subito in Vietnam. Quello più anziano, circa sessant’anni, parlava ben 15 lingue.
Essi ci hanno accompagnato nell’elegante albergo a noi destinato, con vasche d’acqua immerse nel verde dei giardini tipici del medio oriente e con eleganti negozi. Qui mi sentivo al sicuro ed avevo l’idea di poter girare tranquillamente, ma il capitano anziano mi ha richiamato, dicendomi di non allontanarmi dal gruppo.
Istanbul era ed è una grande metropoli in parte antica, in parte moderna, con quartieri ricchi ed evoluti e con altri poveri, con monumenti da mille e una notte che portano a sognare ed immaginare il suo ricco passato.
Lungo le rive del Bosforo vi sono le più fastose ville, che all’esterno non sono così appariscenti.
Il Bosforo divide l’occidente dall’oriente, la faglia, che separa i due continenti, attraversa la città. Instabul è detentrice di una grande cultura, derivante dall’incontro di popoli diversi, che in passato ed anche nel presente la hanno arricchito e continuano a farlo con le loro conoscenze.
A volte si sente parlare della Turchia e dei turchi , come di una nazione e di un popolo che, ancora, fa paura ( mamma li turchi!!). Si dimentica che in essa vi è stata l’antica Troia, la civiltà greca, il grande impero di Bisanzio, poi quello romano di oriente ed in seguito quello ottomano.
Essa è, quindi, una culla della civiltà.
Quanto sfarzo vi è soprattutto nei monumenti antichi, ( un soffitto pieno di diamanti, moschee gigantesche con i marmi più preziosi, cucine immense, smeraldi, rubini, diamanti nel palazzo del sultano). Tutto ciò suscita in me il pensiero della vanità umana, quante bocche si potrebbero sfamare con i diamanti incastonati nel soffitto!
Una città vivace, le donne erano sorridenti ed anche se portavano il fazzoletto in testa, non mi sembravano tanto sottomesse, ho visto una donna dare un ceffone al marito che si è voltato a guardare una delle due insegnanti del gruppo.Esse hanno avuto il diritto di voto negli anni 30 del secolo scorso, prima di quelle italiane,ma il delitto d’onore, è punito sempre con le attenuanti , come quello sulla violenza alle donne. Inoltre il posto in macchina, quello accanto al guidatore era sacro e non poteva essere contaminato da una donna italiana vestita scollata, perciò, considerata di facili costumi.
Una ragazza del gruppo, scherzando col giovane capitano, per ripararsi da un gettito d’acqua, ha pensato di entrare nella macchina di uno sconosciuto e di sedersi nel sedile davanti, il capitano si è messo le mani ai capelli e le ha intimato di uscire immediatamente, perché, se fosse sopravvenuto il proprietario, avrebbe preteso il pagamento del sedile nuovo in quanto la moglie non poteva più sedersi nel sedile così contaminato. Comunque grande differenza vi era tra la condizione delle cittadine e quella delle campagnole. Comunque lasciata l’affascinante Costantinopoli abbiamo visitato un antico caravanserraglio, ed immagino gli antichi viaggiatori con i loro bei cavali dal pelo lucente e le carovane che vi trovavano riparo. Quindi siamo andati verso la nuova capitale, Ankara ,la città della lana d’angora nell’Anatolia, che abbiamo attraversato velocemente. Da uno sguardo così veloce non mi ha particolarmente colpita, sicuramente non ha il fascino di Costantinopoli. Ci dirigiamo verso la Cappadocia, una regione montagnosa unica al mondo, adesso essa è molto più piccola di quella del periodo greco. Qui il paesaggio è di una bellezza incomparabile , l’aria è fresca per l’altitudine. Vi sono antichi villaggi sotterranei a diversi piani, dove gli abitanti piccoli di statura, si rifugiavano in caso di incursioni nemiche, le volte degli ambienti sono basse e la aerazione è simile a quella dei formicai. Lungo le strade vi erano mercati di prodotti locali, tappeti, stuoie, tessuti a mano. Ho comprato un bel tappeto di lana dai bei colori vivaci con predominanza di tonalità rosse , con cui ho ricoperto una cassapanca. Si incontravano anche cammelli e bambini dagli occhi scuri e furbi che chiedevano monete o caramelle, a quell’epoca sicuramente vi era in questa parte della Turchia molto analfabetismo e povertà. Giungiamo nella vasta area archeologica di Pummacale piena di antiche rovine, quindi alle cascate con le sue bianche vasche e poi nella valle dei camini delle fate ,un luogo unico al mondo, sul terreno tante rocce tufacee scavate ed abitati da anacoreti e da indigeni ora datesi al commercio turistico. Le rocce tufacee sono per lo più a forma di cono e sono facilmente scavabili, ai piani superiori si accedeva con scale di legno esterne, l’interno è molto confortevole. Queste formazioni sono l’effetto dell’eruzione di materiale tufaceo di un antico vulcano. Mai visto nulla di simile.

Tuesday, January 16, 2007

Viaggio a Koalalumpu e a Bali dopo l’undici settembre

Subito dopo l’undici settembre mi sono recata a Kuala Lumpu e a Bali.
La prima è la capitale della Malesia, una città metropolitana ultramoderna con grattacieli, piena di centri commerciali e due torri, ora le più alte del mondo.
Il suo aeroporto è stupendo, mai visto in Europa uno così, con eleganti negozi ed affollatissimo di uomini di affari in transito.
La gente ,per le strade, corre sempre indaffarata, non vi è nessuna differenza con la vita delle nostre grandi città.
Le donne studiano, lavorano, occupano anche posti di responsabilità, vestono all’europea, alcune portano in testa eleganti foulars di seta.
Ma le bambine vanno a scuola con una divisa simile a quella delle monache, retaggio della cultura islamica.
In Malesia, infatti, la maggioranza della popolazione è musulmana.
Nei confronti di noi europei sembrano nutrire dell’astio, ci considerano dei prepotenti, anche se trattati con educazione, ci sentiamo mal tollerati.
Ma che ne è della terra di Sandokan?
Sembra che nulla sia rimasto.
Al posto delle belle foreste tropicali con i suoi rumori e con i canti degli uccelli, vi sono tanto cemento e tane industrie soprattutto di stagno.
Nelle immediate vicinanza della capitale vi è una rara piantagione di caucciù ormai soppiantato dalla gomma.
Un amico mi dice che la foresta è ormai solo nelle isole del Borneo, dove egli si reca più volte l’anno per diversi mesi al fine di studiarne la flora e la fauna, ma io non ho la possibilità di recarmi in questi luoghi.
Il cielo è bigio a causa dei fumi delle industrie.
Ci dirigiamo verso il fantastico Stretto di Malacca descritto in tanti romanzi e che tanto mi ha fatto sognare. Che delusione !
Il suo mare è quasi marrone, a causa degli scarichi. La città ha, però, un fascino particolare con i suoi edifici coloniali portoghesi, olandesi, il rosso quartiere cinese brulicante di negozi e templi buddisti, ed i tanti risciò che girano per le vie.
Si respira un’aria particolare, quella di un’antica città con un grande porto commerciale dove sono approdati tanti popoli che hanno lasciato l’impronta della propria cultura.
I suoi abitanti hanno una inusuale larghezza di veduta data dalla convivenza di tante etnie e grande tolleranza nei confronti degli stranieri, che non considerano tali ,perché essi stessi si sentono cittadini del mondo.
Mi ricordo di una figura particolare,un cinese alto e slanciato, vestito con gli abiti suoi tradizionali e con un ombrellino colorato, che camminava con disinvoltura per le strade del centro..
Lasciata la Malesia, volo verso Bali, piccola isola vulcanica dell’arcipelago di Sonda in Indonesia, separata dall’isola di Giava da uno stretto.
E’ verdeggiante, terrazzata, in parte pianeggiante, in parte collinare e montuosa, numerose le risaie
Il suo clima è monsonico, caldo, umido.
Vive soprattutto di agricoltura e turismo.
Appena atterrata ho l’impressione di essere ben accolta da questa terra ridente.
Sono arrivata in un’altra realtà .
Non più persone indifferenti, presi dal loro affannoso correre della vita quotidiana o gente piena di astio.
La civiltà industriale è ben lontana.
I volti sono tranquilli,non è raro vedere lungo le strade uomini appollaiati come gli uccelli che si godono la natura. Non più vestiti firmati, ma persone umili ed anche poco istruiti, siamo in una isola i cui abitanti, nonostante il business del turismo, vivono come un tempo e conservano gli antichi valori, le tradizioni e la cultura loro propria; non sono stati ancora, si fa per dire, civilizzati. .
Grossi ed eleganti complessi alberghieri sono sparsi nelle adiacenze delle bellissime spiagge.
Centinaia di candele nei ristoranti illuminano la sera chilometri di spiaggia
L’albergo, dove ho alloggiato, un 5 stelle, è posto sulla spiaggia, è dotato di una bella piscina, circondata da un giardino fiorito con alberi secolari , su cui saltellano donnole incuranti della presenza degli uomini.
I topi circolano indisturbati nei corridoi, nei cornicioni delle sale di aspetto del centro benessere, ma non nelle sale da pranzo e nelle camere: sono ben educati.
I Balinesi sono per lo più induisti e rispettano la natura e gli animali.
Sono piccoli di statura e dotati di un innato senso artistico.
Nell’isola è possibile assistere a spettacoli teatrali con attori in maschera, che rappresentano l’eterna lotta del bene e del male, come pure a danze di donne con costumi tradizionali.
Camminando vedi centinaia di sculture in legno, opera di artisti locali.
Ma il batik, venduto in tante botteghe, non è per lo più opera degli artigiani del luogo, ma importato dall’isola di Giava.
Se in una bancarella chiedi il prezzo della merce esposta e lo contratti, devi comprarla se non vuoi offendere il venditore.
Le donne sono esperte nella composizione di cesti di fiori e frutta, che, in occasione delle feste sacre, offrono nel tempio alle divinità .
I balinesi sono superstiziosi, fanno offerte per ingraziarsi le divinità del bene e del male, le prime,credono, dimoranti in montagna, le seconde in fondo al mare.
Le offerte migliori sono riservate a quelle del bene, ma quelle del male non vanno dimenticate per non attirarne le ire.
Almeno una volta nella loro vita si recano in pellegrinaggio alla montagna, come pure portano le offerte al mare con il sacerdote officiante agli dei degli inferi.
Vi sono centinaia di templi sull’isola, costruiti con pietra vulcanica.
Ve ne è uno circondato dalle acque del mare: in questo luogo i tramonti sono indimenticabili.
Venerano anche gli antenati.
In ogni casa vi è un altare ed un cortile centrale, su cui danno tutte le camere.
In quest’ultimo si svolge la maggior parte della vita domestica.
Peter, la guida, riferisce che sua moglie, per pigrizia, non sempre fà le dovute offerte , attirando sulla famiglia innumerevoli guai, ma egli pensa di riparare a ciò costruendo nella loro casa un altare più bello.
Le abitazioni sono molto modeste anche quelle dei notabili.
E’ gente pacifica che abiura la guerra e la violenza in genere. E’ ospitale e pronta sempre ad aiutare il prossimo con generosità
E’ una società ancora patriarcale.
Le donne, come gli uomini, possono tenere scoperto il busto, ma devono aver ben coperto la metà inferiore del corpo in quanto ritenuta impura.
Prima di entrare in un tempio devono purificarsi facendo le abluzioni nelle apposite vasche.
La nostra guida parla delle scimmie come se fossero delle persone e dice che il benessere, e il guadagno facile portano sia gli uomini che le scimmie alla disonestà.
Le scimmie, che abitano nei pressi del tempio,si sono abituate a chiedere il cibo ai turisti, hanno perso l’abitudine di procacciarlo nella foresta.
In caso di diniego lo rubano o, per dispetto, sottraggono ai malcapitati borse o macchine fotografiche.
Lasciata l’isola per far rientro a casa ,conservo nel mio cuore il ricordo della semplicità, della bontà, gentilezza, saggezza e generosità di questo popolo per tanti versi più civile del nostro, il cui cuore, talvolta, sembra essere diventato di pietra.

Monday, November 20, 2006

Friday, November 17, 2006

A proposito di Comunità di Zingari

Ogni mattina verso le 8.00 un gruppo di Zingari formato da donne , pochi uomini in verità , e bambine attraversano di tutta fretta piazza Università per recarsi alle loro postazioni di lavoro lungo le strade o davanti i supermercati o le chiese.Si, per queste comunità chiedere l’elemosina è un lavoro che svolgono con puntualità, con orari ben precisi e qualunque siano le condizioni atmosferiche. Le donne, alcune sono ben paffute e con denti d’oro, altre, invece mingherline e con segni di bruciature o di altre cicatrici sulle braccia,alcune sembrano incinte, altre recano dei bambini piccoli, tutti rossi e ben paffuti.Ai semafori delle vie di maggior traffico intere famiglie, uomini, donne, bambini chiedono l’elemosina o lavano i vetri. Si sono spartiti il territorio con gli altri immigrati. Ogni tanto si incontrano degli uomini o dei ragazzi che suonano la fisarmonica.A volte, invece dei bambini soli, che sembrano senza famiglie, stanno ai semafori o per le strade, ma da lontano una persona adulta li sorveglia.Questo è il loro modo di vivere, sono analfabeti, i bambini non vanno a scuola. Vivono in condizioni precarie nelle periferie della città o de paesi limitrofi. Ho incontrato un solo ragazzo che tutto orgoglioso mi ha riferito di studiare, è un ragazzino particolarmente sveglio.Un ragazza, con la sorella più grande, ormai da anni, chiede qualche soldo o che le venga comprata la spesa per sé e per i suoi familiari davanti un supermercato del centro. Il quartiere le ha adottate, da quando un giorno, senza neanche un cappotto, con vestiti estivi, tutte intirizzite per il gran freddo, abbracciate per riscaldarsi, chiedevano l’elemosina.La ragazza era, allora, una bambina, non ha studiato, come dice vergognandosi, ed ora che è cresciuta, vedo, qualche volta, che la avvicinano uomini avanzati nell’età.Anni fa mi è capitato una cosa incresciosa. Una zingara, ogni mattina chiedeva l’elemosina assieme ad un bambino, di quattro anni circa, seduta davanti un palazzo del centro ed io avevo preso l’abitudine di comprare un dolcetto o un arancino al bambino, un giorno, però, la donna è venuta da sola e da allora il bambino non si è più visto.Ho chiesto notizie alla donna , ma ella dapprima mi ha detto di non comprendere l’italiano e poi che il bambino stava male, molto male.Tempo dopo ho parlato con un mio amico dirigente la sezione immigrati, il quale mi ha consigliato di non fare l’elemosina ai bambini per non contribuire ad incrementarne lo sfruttamento, se non addirittura, in alcuni casi, il traffico.In questi giorni si discute del provvedimento della questura di Cosenza che ha sottratto alle famiglie Rom i bambini per affidarli alle case famiglie ed ha arrestato i genitori per sfruttamento. Non penso che provvedimenti di questa portata possano essere presi a cuor leggero, si parla di separazione di bambini dai loro legittimi genitori e di sfruttamento di minori.E’ chiaro che tra la popolazione di zingari esistono delle buone famiglie e che non si può parlare sempre di sfruttamento, ma se le abitudini di vita della comunità restano queste, quale futuro hanno i giovani di queste comunità in questa società dove devono vivere?Se lo Stato non interviene saranno sempre degli emarginati o degli schiavi o ancora divenuti adulti schiavizzeranno a loro volta. L’intervento dello Stato naturalmente può essere diverso a secondo dei casi, ma è necessario al fine di creare le condizioni migliori per un inserimento nella società , pur rispettando, ove possibile,le loro tradizioni.
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Monday, November 13, 2006

Un film denuncia: La sconosciuta

La sconosciuta

Narra la vicenda di una giovane ucraina immigrata in Italia che diviene vittima del racket della prostituzione e del traffico dei bambini appena nati, subendo incredibili violenze che la segnano per tutta la vita e che le si presentano continuamente davanti agli occhi con dei flashback terribili da rivivere.La donna, fra l’altro, è costretta ad accoppiarsi con degli sconosciuti e a partorire ben dodici figli che le verranno sottratti appena nati, per essere venduti dal racket al padre del bambino.Ella non è presa in considerazione come persona, ma solo come oggetto capace di soddisfare l’avidità di guadagno dell’ animalesco sfruttatore e i desideri più svariati sessuali dello stesso leonino e dei clienti. Solo un giovane si accorge di lei come persona ed i due si innamorano, ma viene ucciso e fatto scomparire. Ella riesce a fuggire e va a lavorare al nord con un fine ben preciso, non rivelato se non quasi alla fine del film, cercare la sua ultima figlia di cui credeva di aver saputo il cognome. Ma il racket non perdona , lo sfruttatore la trova, la massacra e si vendica facendola finire in galera accusata della morte della madre adottiva della bambina, uccisa dallo sfruttatore che ne aveva manomesso l’auto. La donna riesce a dimostrare la sua innocenza, raccontando le sue vicende alla polizia,ma rimane in galera per avere ucciso la tata della bambina per prendere il suo posto e stare accanto alla sua presunta figlia. Dopo molti anni ,uscita dal carcere si siede scoraggiata, ma ecco presentarsi la presunta figlia ormai divenuta grande.
Il film, per rendere la cruda realtà, ha dei flashbacks di una violenza inaudita che turbano lo spettatore, ma la figura femminile e materna di lei è di una grande umanità .
E’ un coraggioso film denuncia di un fenomeno ricorrente lo sfruttamento delle giovani immigrate, sole, smarrite e bisognose di tutto da parte dei furbi e dei delinquenti organizzati in veri propri racket. Purtroppo le città ne sono piene ed anche le strade di campagne, ne sono vittime ragazze provenienti, dall’est europeo, dall’africa, dall’america del sud. Fatte venire in Italia al fine di trovare lavoro si trovano,invece, con il viaggio da pagare, un affitto ed interessi esosi e l’unico lavoro che si propone è la prostituzione. Ed il debito non finisce mai . Nei confronti delle africane e delle brasiliane vi sono anche le minacce di riti voodoo che portano alla morte o delle stesse o dei loro familiari. Le poverette rimangono terrorizzate. Delle organizzazioni riescono a salvare soltanto alcune di loro, facendole scomparire e trovandole un lavoro. Sì perché il problema è anche quello di inserirle nel mondo del lavoro con il loro passato. I membri di queste organizzazioni rischiano la vita. Il problema è risolvibile solo con provvedimenti statali, e non con l’indifferenza.

Wednesday, November 08, 2006

Viaggio in Sardegna- II Parte

Visita di Barumini e dintorni

Il nostro viaggio continua, andiamo nell’interno a Barumini, dove si trova il più importante sito nuragico della Sardegna.
Esso è costituito:
· da un grosso nuraghe con cinque torri a diversi piani, di cui una centrale e quattro esterne unite da mura a secco, costruite con pietre portate della giara di Gesturi;
· vicino ad esso i resti del villaggio più recente costruito utilizzando le pietre di quello più antico e di cui rimane ben poco.
Ci spostiamo alla giara dei Gesturi, altopiano basaltico di origine vulcanico, ricoperto da un basso bosco di querce da sughero, abitato da cavalli di piccola taglia, tipici di questa zona, e da pecore.
Camminando arriviamo in una vasta depressione che le piogge riempiono di acqua, formando un laghetto. Nelle pendici della giara si trovano le domus de Jana.
Ritornando a Barumini visitiamo:
· il palazzo Zappatas , al cui interno si trovano i resti di un piccolo nuraghe ed un museo dei cimeli e dei documenti della nobile famiglia di origine spagnola, non molto amata dagli abitanti;
· il convento dei cappuccini, che ospita un museo di strumenti musicali tipici sardi, tamburi con pelle di capra, strumenti fatti con vesciche gonfiate (di maiali o di pecore) e di corde,flauti di canne a diverse note, che suonano mediante una difficilissima tecnica respiratoria, campanacci dei mammuttones, fisarmoniche ed organi a mantice.
Lasciamo Barumini e ci dirigiamo verso Oristano, passando per paesi interni,in diversi di essi le facciate delle case sono affrescate con murales raffiguranti scene di vita di pastori o di contadini o processioni religiose.
In questi luoghi si percepisce la fierezza dell’antico popolo, che non vuole rinunciare alla propria identità.
La Sardegna , a differenza della Sicilia ,è poco popolosa, si cammina in questa parte dell’isola per le strade senza incontrare anima viva, nonostante l’afflusso turistico, molte spiagge come pure lunghi tratti di costa sono spopolati.

Alghero

Passando per Oristano ci dirigiamo verso la bella Alghero, ridente cittadina sul mare , i cui abitanti parlano un catalano arcaico.
Le strade del centro storico hanno ancora toponomi nell'antica lingua.
Decidiamo di recarci per mare alla grotta carsica di Nettuno, le cui concrezioni sono simili a quelle viste in precedenza nella Is Zuddas.
Ad essa si può accedere anche per via terra scendendo per una scala di 700 gradini, intagliata su un costone roccioso a picco sul mare da poveri carcerati sicuramente col sacrificio di molte vite.
Il centro storico di Alghero, con le chiese, coacervo di stili diversi,i negozi ed i locali caratteristici, e la passeggiata lungo la fortezza a mare, piena di bar e ristoranti, pullulano di vita.
Il tramonto ha colori indimenticabili.
La sera si va a cenare in un elegante e raffinato locale gestito da un giovane e da suoi amici.
Vengono proposti piatti tipici sardi, tra i quali il porchetto
Esso è un maialetto di circa 10 Kg cucinato intero al forno a 300 gradi e servito con verdure e patate arrosto.
Ma anche in Sicilia, nei boschi dei Nebrodi, nelle trattorie all’aperto, è possibile gustare il maialetto, ma cucinato alla griglia sulla brace. .
L’indomani, dopo un tuffo in una tranquilla baia, partiamo per il nord costeggiando il mare.


Stintino e dintorni

Arriviamo così a Stintino.
Il paesaggio è mozzafiato, dall’alto possiamo ammirare un mare cristallino dai colori cangianti, blu, azzurro, verde, rosa ed una spiaggia bianca, di fronte l’Asinara, chiamata così per i suoi asini albini, l’isola Piana ed in fondo si intravede la Corsica.
A Stintino vi è il museo della tonnara, ma non possiamo visitarlo .
Proseguiamo per Castel Sardo, un paese arroccato su un promontorio. All’interno del castello si trova il museo etnografico,con arnesi di vita quotidiana dei contadini e dei pescatori.
Vi sono ceste di vaie forme, misure e materiali (giunco, finocchietto, foglie di palma nana, canne) dai disegni colorati geometrici o raffiguranti animali.
Esse venivano usate per la biancheria, per la ricotta, per la frutta e così via. Le nasse esposte sono diverse per grandezza, per resistenza dei materiali, molto robuste quelle per la pesca delle aragoste.
E’ esposta una imbarcazione di canne intrecciate ricurva solo da un lato, usata in provincia di Oristano.
Usciti dal castello giriamo per le viuzze strette, incontriamo una vecchietta che, seduta davanti la porta di casa, lavora ad un cestino e ci dice che la vita è dura, che con la sua arte si guadagna poco ed i giovani fuggono in cerca di altro lavoro.
In una piazzetta, con una bellissima veduta sul mare, vi è una chiesa di impianto trecentesco, con elementi gotici e barocchi.
Dopo, entrati in un bazar, compriamo il mirtillo, il vino del luogo e delle bamboline di porcellana con costumi sardi.
Proseguiamo per Santa Teresa di Gallura, vi è un forte vento , facciamo uno spuntino veloce in un locale.

Palau e l’Arcipelago della Maddalena

Ci dirigiamo a Palau, dove ci fermiamo in un campeggio in una pineta in riva al mare, accanto al faro.
Vi sono delle bellissime rocce granitiche.
La sera ceniamo al ristorante del campeggio, gestito da un cultore della cucina sarda, che ha curato la fotografia dei piatti tipici per una pubblicazione del corriere della sera.
Ci fa gustare:
· il polipo cucinato alla vecchia maniera dalle mogli per i marinai che si assentavano per parecchi giorni,in modo da potersi conservare, e cioè sbollentato e saltato in padella con una salsa di olio, aglio,peperoncino,prezzemolo, pomodori secchi, salati e lavati, ed aceto;
· la pasta con salsa piccante, finocchietto selvatico, mandorle e frutti di mare; una grigliata di pesce appena pescato;
· dolci tipici con noci, pistacchi e mandorle e vino cotto.
In Sardegna vi sono agrumeti,solo nel sud-est dell’isola,oliveti,mandorleti, castagneti,vigneti
L’indomani, alzati di buon mattino, ci imbarchiamo per effettuare un giro per le isole dell’Arcipelago della Maddalena.
Esse sono disabitate, tranne la Maddalena ed una in cui vi è una base Nato.
La Maddalena, unita a Caprera da un ponte, è la più grande, è dotata di porto ed ha una bella passeggiata a mare.
L’isola con la base Nato ,dicono, è tutta scavata al suo interno, ma da qui a poco la base sarà smantellata.
Andiamo nelle isole di Spargi e di Budelli,dove le acque di alcune baie, per i particolari fondali e a secondo dell’inclinazione dei raggi solari, assumono colorazioni che vanno dal rosa al verde smeraldo, all’ azzurro.
Ritornati a riva partiamo per la Costa Smeralda, ma intanto il tempo è diventato nuvoloso e decidiamo di proseguire fino a Porto Corallo dove pernottiamo.
Viste le cattive condizioni metereologiche, che non permettono di apprezzare le bellezze della costa, imbocchiamo la strada di montagna che va verso Cagliari.
Le rocce si stagliano taglienti.
Si gode un paesaggio vario e selvaggio: gole, torrenti, alberi di corbezzoli di colore rosso (chiamati in siciliano imbriacule in quanto ingerite in grande quantità fanno ubriacare),querce da sughero.
Siamo in Barbagia, attraversiamo Utsei con i suoi murales in bianco e nero, ci rechiamo ai Monti Sette fratelli, chiamati così per il numero delle punte, quindi, andiamo a Cagliari ,dove verso sera ci imbarchiamo per Palermo. Il nostro giro è finito.

Friday, October 27, 2006

Viaggio in Sardegna 2006 - Prima parte

Viaggio in nave

Per mia abitudine non parto in estate per le vacanze abitando in un’isola meravigliosa, la Sicilia, piena di spiagge rocciose e sabbiose con un’ acqua in alcuni punti inquinata ,in altri,o per la corrispondenza con sorgenti di acque dolci o per la distanza da centri abitati, pulitissima e con colori che variano dal blu intenso all’azzurro, al turchese e al verde smeraldo.
Così soltanto ai primi del mese di settembre incomincio a pensare alle mie vacanze.
Per la verità sono un po’ indecisa sulla destinazione,di solito la mia scelta va su posti che mi permettano uno stacco totale rispetto alla mia vita ordinaria.
Ma questa volta , allettata anche dal ribasso dei prezzi, visti gli attuali stipendi dei funzionari statali, che permettono a malapena di campare, decido di recarmi in Sardegna insieme ad un amico.
Indi , nonostante il mare agitato, ci imbarchiamo per Cagliari da Palermo insieme con sportivi, camionisti ed una coppia di sposi, lui con abito scuro, cravatta fucsia, contegno serio, dignitoso, lei, con l’occhio col difetto di venere. abito nero, elegante, lungo, degli strass luccicanti sul sedere,che formano un triangolo. Prima della partenza questi ultimi dal ponte al terzo piano lanciano dei fiori sul pontile ai parenti . Il lancio del mazzo è un’antica usanza caduta in disuso a causa dei feriti agli occhi per l’arrivo di steli dall’alto.

Cagliari, Nora e dintorni

L’indomani, giunti a Cagliari con notevole ritardo,ci rechiamo al museo archeologico e alla pinacoteca.
Quest'ultima contiene poche opere, ma di notevole pregio, per lo più retables di pittori catalani o sardi .
Il museo ,invece, il più importante della Sardegna, racchiude reperti, provenienti dai vari scavi archeologici e ricostruisce l’antica storia dell’isola.
Le origini del popolo sardo sono sconosciute.
Comunque pare che l'antico popolo dei sardhana abbia origine dalla mescolanza di navigatori provenienti dall'oriente con indigeni
Esso si è stanziato per lo più nell’ entroterra per motivi di difesa ( per la maggior parte pastori, agricoltori e non pescatori,cultori della dea madre e dell'acqua). Questa civiltà è tribale.
Si sono trovati dei villaggi in prossimità di costruzioni particolari,detti nuraghi,di cui vi sono i resti ( circa 8000 in tutta l'isola ed i più antichi risalgono anche al XVII sec . A. C.).
Questi ultimi avevano dapprima una funzione solamente dimostrativa della potenza della famiglia dominante e successivamente quella di fortezza difensiva.
La civiltà nuragica ,soprattutto nella parte interna dell'isola, è sopravvissuta sia alla colonizzazione fenicia,che a quelle punica e romana.
Alcuni vedono nel nuraghe una somiglianza col palazzo del periodo miceneo.
Ma in realtà con la Sardegna i greci hanno avuto solo scambi commerciali, importavano i minerali di cui è ricca l’isola: ferro,piombo, argento.
Sono stati trovati lingotti di piombo.
L'’isola è steta colonizzata,invece, dai fenici ,dai cartaginesi e dai romani.
Nel museo si conservano reperti fenici, punici e romani.
Dell’età del bronzo di notevole pregio sono i bronzetti, statuine trovate nelle tombe ,come pure i monili di corallo, di argento.
Si sono rinvenuti nelle tombe dei vasi usati sia per conservare i morti, che le derrate alimentari.
Nell’isola sono presenti:
le domus de jana, pare dell’epoca punica, tombe a pozzo quasi inaccessibili;
le tombe dei giganti , tombe collettive del periodo nuragico; megalitiche, a forma incrociata, le cui braccia inferiori erano curvate;
i menhir, lastre di pietra conficcate nel terreno.
I corpi venivano inumati.
Finita la visita al museo, facciamo un breve giro per il centro storico:
· il duomo, costruito nel XII sec. e successivamente rimaneggiato ,presenta elementi del periodo romanico e, nella parte interna, di quello barocco;
· i resti dell’anfiteatro romano, del quartiere della giudecca e del Bastione di Remì, da dove si gode un vasto panorama.
Purtroppo la giornata nuvolosa non permette di apprezzare a pieno le bellezze delle antiche saline, oggi dismesse, ma in esse si scorgono centinaia di eleganti fenicotteri rosa.
Verso sera giungiamo a Pula, dopo aver seguito inutilmente le indicazioni delle tombe dei giganti ed esserci per questo addentrati nelle campagne.
Era inutile cercale, perché quelle indicazioni erano state messe a casaccio nella zona per motivi turistici e di queste tombe, in realtà, in quella zona, non vi è neanche l’ombra o , se qualche resto esiste, è costituito solo da un mucchio di pietre non segnalato in loco.
L’indomani visitiamo il sito archeologico di Nora, posto sul mare in una bellissima posizione, i cui resti sono per lo più romani, del periodo imperiale, ma anche fenici e punici. La città è in parte sommersa.
Comunque sono visibili, tra l’altro, la cloaca, il teatro e le terme,le strade e la zona commerciale tutte di epoca romana.
La città pare risalga al periodo nuragico.
Del periodo fenicio si sono ritrovate delle steli ed attualmente l’università sta utilizzando degli studenti per scavare e mettere alla luce la zona sacra, ubicata nel terreno sottostante la torre spagnola.
Al tempo dei fenici la città era un importante centro commerciale con tre porti, non più visibili.

Grotte Is Zuddas

Completata la visita del sito si parte verso l’interno, alla volta delle grotte carsiche di Is Zuddas. In esse è possibile ammirare delle bellissime sale con colonne, alcune gigantesche, di stalattiti e di stalagmiti dalle forme più varie, e piccoli laghi, dove vivono dei gamberetti ciechi e trasparenti, di origine antichissima.
In Qualche volta vi sono delle concrezioni sottili,che non cadono verticali come le stalattiti, ma che vanno nelle direzioni più varie e formano un reticolato che ricopre parte della volta.
Esse hanno un unico canale entro cui scorre la goccia, a differenza delle stalattiti, in cui le gocce scorrono in tanti canali.
Le grotte , a differenza di quel che si immagina, pullulano di vita.

Isole di S. Antioco e di San Pietro

Dalle grotte si va all’ Isola di S. Antioco ,l’antica Sulci.
Essa è collegata alla terra tramite un istmo, costeggiato da un lato da uno stagno, dall’altro lato dal porto.
Facciamo un breve giro a piedi delle vie principali del piccolo centro con i suoi negozi di artigianato locale e botteghe di tessitrici .
Giungiamo alla chiesa di di S. Antioco ( martire romano, scampato alla morte rifugiandosi in una grotta dell’isola), successivamente al Forte su Pisu del periodo sabaudo, alla necropoli punica e su una collina scorgiamo il cimitero di epoca fenicia dei bambini nati morti e di quelli in tenera età, prima dell’iniziazione, il cosiddetto tophet.
Le ceneri dei bambini cremati venivano conservati in vasi. Quindi proseguiamo verso il porto.Non andiamo alla vicina isola di S. Pietro, abitata sia nel passato che ancora oggi da genovesi.